E ‘Per grazia ricevuta’ inaugurò il Cinema San Michele di Manfredonia

by Maria Teresa Valente

Salvatore: “Da quanto tempo avete chiuso?”

Spaccafico: “A maggio fanno sei anni. Non veniva più nessuno. Lei lo sa meglio di me. La crisi, la televisione, le cassette… Oramai il cinematografo è solo un sogno”.

Nelle parole amare e malinconiche del proprietario del ‘Nuovo Cinema Paradiso’, tratte dall’omonimo e bellissimo film di Giuseppe Tornatore, è condensata la storia di gran parte dei cinema italiani, nati per quella voglia di evasione esplosa a cavallo tra le due guerre mondiali, quando ci fu il boom delle sale cinematografiche, per poi, pian piano, scomparire tra gli anni ’70 e ‘80. Fortunatamente, però, c’è chi non ha mai smesso di sognare, nemmeno quando diventava sempre più complicato staccare biglietti e le ruspe iniziavano a buttar giù gli schermi per far posto a palazzi e supermercati, ed è Nicola Capurso, storico gestore del Cine-Teatro San Michele di Manfredonia.

In riva al Golfo, mi svela, c’erano ben dieci cinema. Oggi ne rimane soltanto uno, nato come teatro parrocchiale. Ma andiamo con ordine in questa storia che, rimanendo a tema, pare essere la trama di un film.

Era un giorno di Natale dei primi anni ’60, quando a casa Capurso arrivò don Michele Ciccone, il parroco della neonata San Michele (prima chiesa del quartiere Monticchio), a portare l’ultimo saluto al capezzale del padre morente. Appena valicato l’uscio, don Michele rimase colpito dal bellissimo presepe che tra quelle mura quasi stonava con l’aria di dolore che si respirava. “Chi lo ha fatto?”, chiese con curiosità. “Io”. “Bravo. Come ti chiami”. “Nicola”. E fu quello l’inizio di un lungo sodalizio.

Don Michele chiamò Nicola a fare il presepe in parrocchia per i cinque, sei anni successivi. Per Nicola, quel parroco vulcanico con mille idee per la testa era ormai diventato come il padre che aveva perso così presto. Don Michele, dal canto suo, si era molto affezionato a quel ragazzo capace e pieno di voglia di fare e un giorno decise di affidargli le sale parrocchiali sottostanti la chiesa, fino ad allora utilizzate dai ragazzi a mo’ di oratorio. Vennero fatti dei lavori e nel 1968 l’oratorio divenne un teatro. Subito dopo fu costituita una compagnia: ‘La filodrammatica San Michele’. Non fu un’avventura semplice e, dopo pochi anni, la compagnia si sciolse. Bisognava pensare ad altro.

Nicola si consultò con don Michele, si recò a Roma e fu così che ‘Per grazia ricevuta’ il 15 settembre del 1973 inaugurò i nuovi locali del San Michele. Non fraintendete, però. Non c’entra nulla l’intercessione divina: a Roma Nicola Capurso si era recato per chiedere le autorizzazioni ministeriali e ‘Per grazia ricevuta’ fu il primo film, con protagonista il grande Nino Manfredi, proiettato presso quello che da quel giorno divenne ufficialmente il Cine-Teatro San Michele.

La sera dell’inaugurazione, alla presenza di autorità civili e religiose, l’allora Arcivescovo Monsignor Valentino Vailati annunziò ai presenti che quello appena nato non sarebbe stato un cinema parrocchiale, ma “industriale”. La gente, però, era diffidente. Preferiva recarsi nelle altre sale della città, boicottando il San Michele la cui direzione, è vero, era di Nicola Capurso, ma che era ancora di proprietà della chiesa, come per tanti altri cinema dell’epoca in tutta Italia. Anche nel film ‘Nuovo Cinema Paradiso’, il proprietario, prima dell’incendio che lo distrusse, era proprio il parroco del paese, don Adelfio, che prima di ogni proiezione al pubblico visionava col fidato Alfredo la pellicola per censurarla. Ed era esattamente quello che accadeva a Manfredonia. Non per bigottismo, ma semplicemente perché all’epoca era così, la religione cattolica era molto sentita e anche un bacio un po’ più passionale poteva essere considerato ‘pornografico’. Così, però, non poteva funzionare.

Nicola sapeva in cuor suo che nel trasformare quella sala in cinema ci aveva visto bene. “Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio”, diceva Federico Fellini, perché permette di sognare. E Nicola aveva deciso che la sua missione era quella: far sognare il pubblico. Per portare avanti quell’avventura aveva rinunciato all’insegnamento e aveva coinvolto sua moglie Mattia (Robustella), che nel cinema prese a lavorare come cassiera. Nel frattempo erano arrivati anche i figli. Che fare? Ci voleva qualcosa di dirompente, bisognava usare ingegno e magari un po’ di malizia. Ecco, appunto: Malizia. Fu proprio con la proiezione di questo film, che all’epoca in Italia fece molto scalpore e che aveva per protagonista una conturbante Laura Antonelli, che furono rotti gli schemi. La reazione della gente di Manfredonia non tardò ad arrivare: prese forma una vera e propria rivolta dei ‘buoni’ cattolici, che si recarono persino dal vescovo a protestare. In realtà, Malizia per essere proiettato aveva passato già la censura, poiché Nicola Capurso aveva sottoposto una ‘prima visione’ a don Michele e ad altri parroci, che di comune intesa approvarono l’audace iniziativa. Gli animi pian piano si placarono e finalmente i sipontini cominciarono a considerare il San Michele un ‘vero’ cinema.

Ma quando l’avventura era solo all’inizio, improvvisamente i cinema in Italia cominciarono a chiudere i battenti per mancanza di pubblico e la crisi arrivò anche a Manfredonia. Chiusero l’Arena Impero, il primo cinema in assoluto a Manfredonia, aperto nel 1937 dal farmacista Giuseppe Murgo e che, dopo aver cambiato gestione negli anni passando attraverso gli storici fratelli Casalino, oggi ha lasciato il posto ad una caffetteria; il Cine-Teatro Pesante e l’attigua Arena Giardino (quest’ultimo il cinema all’aperto più grande d’Europa con i suoi 4.200 posti a sedere) fecero spazio ad eleganti palazzi; il Cinema Eden, aperto dal Comune in locali adiacenti all’attuale caffetteria in piazzetta Mercato durante la seconda guerra mondiale, fu raso al suolo insieme allo splendido Hotel Daniele; il Cinema Fulgor, che oggi è un negozio; il Cinema Vittoria, che venne trasformato in un supermercato; l’Arena Venezia Giulia, poi ribattezzata San Lorenzo dal nome dei proprietari dell’omonima ditta di distribuzione di bibite che la presero in gestione, lasciò il posto ad una palazzina. Sparirono anche i cinema parrocchiali della chiesa Stella Maris e del Carmine (che proiettava nell’attuale auditorium Serricchio presso palazzo dei Celestini). Negli anni ’80 il cinema se non era definitivamente morto sembrava essere ormai in coma irreversibile.

“Quando don Michele Ciccone mi fece notare che le spese per noi dipendenti, ovvero me che dirigevo il cinema, mia moglie alla cassa, la maschera e lo straccia biglietti, superavano le entrate, sembrava non esserci altra scelta se non quella di chiudere. Io, però, non mi arresi”. E Nicola, in netta controtendenza, decise di investire su quella fabbrica dei sogni che ormai gli era entrata nel cuore: rilevò il cinema dalla chiesa e ne divenne proprietario. Quindi, si adoperò con proiezioni, rappresentazioni teatrali di compagnie locali e nazionali, feste, veglioni di carnevale, serate danzanti (smontando i sedili e liberando la sala), sfide di karaoke, cartoni animati, concorsi musicali, rassegne cinematografiche, selezioni per lo Zecchino d’Oro, e tante, tantissime manifestazioni. La felicità di raccontarmi ciò che si è rivelata una vera e propria vittoria contro la società e contro i tempi, si tinge di commozione quando ricorda i diversi compagni d’avventura che oggi non ci sono più, come Antonio Valente, ex sindaco di Manfredonia e direttore didattico con cui mise su la prima compagnia teatrale, e Matteo Palumbo, ex vicesindaco, che insegnava al Liceo Scientifico della città e fu il primo a capire l’importanza di portare la scuola al cinema, dando vita ad un connubio che si perpetua ancora oggi.

Qualche aneddoto da raccontare? “Ce ne sarebbero a centinaia. Mi viene in mente un altro film ‘scandalo’ che fu Jesus Christ Superstar. Anche in questo caso don Michele fu lungimirante nel darmi il via libera e, dopo un po’ di polemiche, gli animi dei perbenisti si placarono”. E ancora, Nicola mi racconta dell’inaspettato ed incredibile boom della proiezione di ‘Via col vento’, capolavoro degli anni ’30 che cinquant’anni dopo, negli anni ’80, venne restaurato e fu riproposto al cinema facendo per più giorni il tutto esaurito. “C’era così tanta gente in attesa fuori che mia moglie, per paura di essere presa d’assalto, per fare i biglietti dovette chiedere ospitalità alle suore che dimoravano nel palazzo accanto al cinema”. “Più gente del Titanic?”, chiedo stupita, e Nicola annuisce divertito nel vedere la mia faccia sorpresa.

E, a proposito di ‘Nuovo Cinema Paradiso’, Nicola mi racconta che per ironia del destino fu proprio questo magnifico film di Tornatore a decretare la fine della penultima sala cinematografica che ancora resisteva insieme al San Michele nella seconda metà degli anni ’80. Incredibile, ma vero: alla proiezione non si presentò nessuno. L’investimento non andato a buon fine fu la goccia che fece traboccare il vaso e quel cinema chiuse i battenti per sempre. In realtà, la gente non aveva ancora compreso la grandezza di questa pellicola, che venne poi anche candidata all’Oscar come miglior film straniero e vinse una miriade di premi.

E di quel film malinconico, Nicola mi ricorda molto il suo protagonista: Salvatore, ingegnoso ragazzo rimasto senza padre e per il quale il cinema diventò la sua seconda casa (ma forse anche la prima), la sua famiglia e il suo futuro.

“Quanti viaggi a Bari per scegliere le pellicole, quante soddisfazioni e quante delusioni in sala!”, mi confessa. E già, perché come dice il grande Roberto Benigni: “Il cinema è composto da due cose: uno schermo e delle sedie. Il segreto sta nel riempirle entrambe”, e non è semplice. Da pochissimi anni Nicola Capurso, pur essendo spesso presente al Cine-Teatro San Michele che nel frattempo si è rifatto il look per stare al passo con le nuove tecnologie, ha passato le redini al genero Matteo Delli Santi a cui spettano onori ed oneri nel proseguo di questa grandiosa avventura. Una magnifica storia che Nicola mi ha raccontato con i grandi occhi azzurri velati da lacrime di emozione, mentre il ritratto di don Michele Ciccone appeso alla parete sembrava guardarlo con orgoglio.

Alfredo: “A vita non è come l’hai vista al cinematografo, a vita è cchiu difficili”.

Sì, è vero, Alfredo del ‘Nuovo Cinema Paradiso’ aveva ragione: la vita non è come al cinema, è più difficile. Ma il cinema è un sogno e, come amava dire qualcuno, il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni. Proprio come ha voluto crederci Nicola, che tra le poltroncine di velluto immerse tra le possenti colonne, il profumo dei pop corn ed il crepitio della pellicola, ha fatto emozionare migliaia di bambini, ragazzi ed adulti in riva al Golfo. E la storia continua.

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