Giovanni Borromeo, il primario che inventò la sindrome di K: la malattia inventata per sfuggire ai nazisti

by Michela Conoscitore

Pochi conoscono questa storia. Per la verità, nessuno ne è stato a conoscenza per circa sessant’anni. Poi, come capita spesso in queste occasioni, a distanza di tempo si sente il dovere di raccontare, perché se la forza in passato è mancata a causa del troppo dolore, nel presente quel dolore ha fatto spazio ad una riconoscenza matura, quieta che predispone al ricordo.

Tutto accade a Roma, nel 1943: in Italia è da poco caduto il fascismo, il Paese è nelle mani dei tedeschi che l’hanno invaso da nord, arrivando fino a Roma. Con Mussolini si era già verificata una stretta sugli ebrei, ma lo sgretolarsi del suo governo ha lasciato campo libero all’invasione nazista, Hitler ha la necessità di riportare al suo posto l’alleato. Una delle pagine più tristi per la comunità ebraica della Capitale è sicuramente quella scritta il 16 ottobre del 1943, giorno in cui furono deportati dal ghetto ebraico circa 1200 ebrei. Smistati in vari campi di concentramento, tra cui Auschwitz, faranno ritorno a Roma soltanto in quindici.

Tuttavia, alcuni di loro riuscirono a salvarsi grazie alla Sindrome K. Cos’era? In tempi pandemici, vorremmo non leggere ancora di virus e altri patogeni, ma al contrario di quello che sta affliggendo la contemporaneità, il virus della sindrome K era ‘benevolo’. Perché? Semplice, era un’invenzione. Si rivelò decisamente provvidenziale, poiché grazie ad esso si riuscirono a salvare centinaia di ebrei romani e polacchi, fornendo loro in seguito anche documenti falsi per farli fuggire. L’artefice di questo geniale seppur estremamente pericoloso escamotage fu il primario dell’ospedale Fatebenefratelli dell’isola Tiberina, il dottor Giovanni Borromeo.

Convinto antifascista, il luminare prima di approdare al Fatebenefratelli rifiutò due posizioni in altri ospedali della città perché avrebbe dovuto iscriversi forzatamente al Partito Fascista. All’ospedale sul Tevere, invece, Borromeo trovò il suo ambiente di lavoro ideale, in accordo con i frati che lo gestivano, potendo addirittura assumere molti specialisti e medici esclusi da nomine perché ebrei o antifascisti. Tra questi, il suo allievo e medico ebreo Vittorio Emanuele Sacerdoti.

Nei giorni dei rastrellamenti nella Capitale, moltissimi ebrei si rivolsero a Sacerdoti per ricevere soccorso: il dottore ne parlò al primario Borromeo, e d’accordo con Adriano Ossicini (futuro ministro della Sanità, nel 1990 ndr.) inventarono la sindrome K. La K stava per Albert Kesserling e Herbert Kappler, il primo comandante della spedizione nazista in Italia, il secondo capo della Gestapo a Roma, responsabile delle deportazioni nel ghetto e del massacro alle Fosse Ardeatine. Il morbo provocava dapprima convulsioni, poi demenza e in seguito una paralisi progressiva che successivamente condannava il paziente alla morte per asfissia. Estremamente contagiosi, i fantomatici pazienti che iniziarono presto ad affollare parte dell’ospedale Fatebenefratelli in quei giorni, non poterono nemmeno essere visti dalle truppe naziste che presto arrivarono per un controllo. A fermarli, davanti alle porte del reparto lo stesso Borromeo che col suo tedesco fluente sconsigliò ai soldati di entrare, avrebbero rischiato un sicuro contagio.

Fino all’arrivo degli Alleati, il morbo inventato colpì gli ebrei della Capitale, e il Fatebenefratelli ebbe sempre dei reparti appositamente predisposti per accogliere questi ‘malati’. Molti di loro riuscirono a scappare, grazie ai documenti falsi che Borromeo, Ossicini e Sacerdoti fornirono loro, e inoltre negli scantinati dell’ospedale fu installata una stazione radio clandestina, in collegamento costante con gli Alleati a Brindisi. Qualcuno, però, con una soffiata svelò la cosa e un gruppo di nazisti si ripresentò in ospedale per un’ispezione. La radio fu prontamente gettata nel Tevere.

Quarant’anni dopo la sua morte, nel 2004, lo Yad Vashem, l’Ente Nazionale per la Memoria della Shoah d’Israele ha dichiarato il dottor Giovanni Borromeo Giusto tra le Nazioni.

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