Il caffè con Pessoa. “A Brasileira”, una macchina del tempo

by Claudio Cisternino

In fin dei conti un caffè al bar è spesso un pretesto. La scusa per incontrare o ritrovare qualcuno o semplicemente risvegliare il cervello dal torpore o, comunque, il posto giusto per addensare in una tazzina le storie, gli sguardi e i racconti dei suoi avventori. Il posto nel nostro caso è Lisbona, e il bar è ”A Brasileira”, la brasiliana, il preferito di uno dei più illustri cittadini lisbonesi, Fernando Pessoa.

Il fascino indiscutibile di questa città nasce dai ricordi del suo passato coloniale, decadente e monumentale allo stesso tempo, proprio “A Brasileira” sembra davvero essere una macchina del tempo che riporta a secoli passati. Il giovane Adriano Telles ritornò in portogallo dal Brasile con una moglie, figlia di uno dei maggiori produttori di caffè carioca, oltre ai fondi e all’idea di sviluppare la sua catena di rivendite di beni alimentari. Dopo il primo negozio a Porto Telles nel1908 Telles decise di espandere il suo business anche nella capitale aprendo anche lì un negozio Brasileira.

L’ambizioso imprenditore era solito offrire ai suoi clienti la cosiddetta BICA: (Beba Isso Com Açúcar: Bevi Questo Con Zucchero) una tazza di caffè ristretto che anno dopo anno divenne il punto di forza del negozio tanto che alla fine Telles decise di puntare tutto sull’aroma fumante del suo espresso. Era il 1922 quando il negozio divenne ufficialmente caffetteria. Gli interni furono ricostruiti in puro stile Art déco, con imponenti soffitti a cassettoni di color oro, orologi incassati in legno massello alle pareti ed un ampio banco bar con alle spalle dipinti in stile sempre Art déco.

Entrando oggi all’interno della Brasileira troverete esattamente lo stesso arredamento. Un salto indietro nel tempo. Mentre proprio difronte all’ingresso del bar troverete Fernando Pessoa seduto ad un tavolino con una sedia vuota pronta per chiunque voglia incontrarlo al suo bar per sorseggiare una BICA e condividere pensieri e parole. Certo si tratta solo di una statua di bronzo, ma l’occasione di sedere accanto a Pessoa in uno degli scorci più pittoreschi della sua Lisbona rappresenta da oltre trent’anni una tappa fissa per tutti gli appassionati del poeta ma anche per quelli che non sanno nemmeno chi sia stato. Pessoa, un europeo cittadino del mondo. A partire dalla giovinezza in Sud Africa e dai primi passi mossi nell’apprendimento dell’altro, attraverso la lingua e la letteratura inglese Pessoa amava ascoltare le storie degli altri per riviverle dentro di sé. La concezione poetica di Pessoa si è infatti sempre basata su una serie di figure che vivevano parallelamente a lui, insieme a lui e in lui. Con questi uomini e con le loro storie il poeta sapeva costruire un dialogo, una coesistenza essenziale. Nella sua concezione poetica l’essenza dell’essere è da cercare al di fuori del proprio essere:“Vivere è essere un altro. Neppure sentire è possibile se si sente oggi come si è sentito ieri: sentire oggi come si è sentito ieri non è sentire… (Il libro dell’inquietudine).

Pessoa escogitò il mondo dei suoi eteronimi, persone e autori alternative a lui ma che partivano dalla sua anima. Álvaro de Campos, Ricardo Reis o Alberto Caeiro, solo alcuni dei circa cinquanta eteronimi usati dal poeta, non erano quindi pseudonimi ma personalità poetiche complesse e spesso distanti dall’autore. Anche quando Pessoa sceglie di usare il suo nome di battesimo lo usa come ortonimo, che uscendo dagli alter ego offre uno scorcio su una poetica incentrata su nostalgie patriottiche e passioni esoteriche, ma questa è un’altra storia. Tornando al nostro bar ci si potrebbe chiedere quindi chi siede vicino a noi congelato in quella statua e di conseguenza anche quale delle nostre personalità stia prendendo il caffè con Pessoa. Interessante anche la coincidenza linguistica. La parola stessa, pessoa, si traduce in italiano con persona, parola arrivata a noi dal latino dove significava maschera. Tutti sono Uno nessuno e centomila, direbbe Pirandello, e ogni maschera piuttosto che coprire un volto svela forse una parte segreta di ognuno di noi. La maschera, quindi, rivela una persona a sua volta portatrice di innumerevoli altre maschere? Usando l’immaginazione possiamo vedere la statua di Pessoa rispondere a questa domanda abbozzando un sorriso sornione e forse consiglierebbe al suo compagno di tavolino di calmare i pensieri e di godersi il caffè e l’aria di Lisbona.

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