Il Premio Lenin a Liquòri e quella “potenza matematica” che non bastò a tenere in piedi DDR e socialismo

by Antonella Soccio

1989-2019. Manca meno di un mese ai 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino del 9 novembre 1989, che decretò lo scioglimento della Germania Est e la riunificazione delle due Germanie, un anno dopo nel 1990.

In queste tre decadi tanti economisti hanno confrontato i livelli di sviluppo del Sud Italia de-industrializzato con quelli della Germania Est. Il meridionalista e autore di best seller Pino Aprile ne ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia.

I massicci investimenti negli anni Novanta la fecero diventare subito la locomotiva teutonica, ma oggi secondo gli studi dell’Institute for Economic Research di Monaco, la Germania Est presenta come il Mezzogiorno d’Italia un forte spopolamento e una bassissima natalità.

Noi di bonculture tenteremo in questo mese che ci separa dalla ricorrenza di riportare alla luce testimonianze e racconti di prima del crollo del muro, cercando un punto di vista inedito con gli occhi degli italiani e dei meridionali che, nella DDR del socialismo e della Stasi o nelle altre repubbliche socialiste, andavano in missione studio o in vacanza.

Non è facile ricordare cos’era la DDR, anche in Germania i materiali, le immagini sono stati per lo più rimossi. Pochi documentati, qualche film di successo come Le vite degli altri, qualche romanzo, molta saggistica.  

Persiste comunque una grande rimozione, ancor più evidente per chi nel 1989 era solo un bambino o non era mai nato.

L’ex senatore Orazio Montinaro

Cominciamo l’indagine con l’ex senatore della Repubblica del Pds Orazio Montinaro, che andò in visita in Germania Est nel settembre del 1990 quando il muro era già caduto da un anno.

“Il viaggio della delegazione del Senato era a Bonn, facemmo una visita di un giorno a Berlino Ovest, con una visita al museo archeologico di due ore ad Est. Nessun incontro, nessun rapporto, volutamente con l’Est, ma solo un incontro col sindaco di Berlino Ovest che fu abbottonatissimo, come per altro il nostro ambasciatore a Bonn. Nulla di più.  I partecipanti al viaggio a Bonn (allora capitale) e Berlino erano per il Pds Vesentini ( già direttore della Normale di Pisa e ministro ombra per il PdS), Longo ed io; per il PSI, la Senatrice Manieri, per il PSDI, Bono Parrino ( già ministro dei Beni Culturali); per la DC, Spitella( già rettore all’ università per stranieri di Perugia e Presidente commissione Università-Scuola-Cultura). Altri non ne ricordo, ma sicuramente c’erano altri delegati. Al Maxplank, il centro di ricerca d’eccellenza mondiale per la chimica, fisica e matematica tributarono a Vesentini un’ovazione e un rispetto eccezionale”, ricorda in esordio il professor Montinaro.

“L’ambasciatore un anno dopo del crollo del muro ci accolse come se non sapesse quasi niente di quello che stava accadendo, a noi interessavano la scuola e le Università dell’Ovest. A Bonn il nostro ambasciatore sorvolò molto sulle nostre domande- avevamo estremo interesse a sapere ciò che succedeva ad Est in Germania- sia il Sindaco di Berlino Ovest sia i vari ministri occidentali che incontrammo erano assolutamente silenti, abbottonatissimi. Questo non ci meravigliò, un po’ diverso fu il rapporto con il nostro ambasciatore, ci aspettavamo una interlocuzione più franca.”, rammenta.

E continua: “A quell’epoca Boffa ex senatore della Repubblica, che era stato giornalista inviato dell’Unità a Mosca, era colui da cui avevamo capacità di analisi. In quel momento si capi che l’Occidente si salvava perché Gorbaciov utilizzava i soldi per salvare la Russia anziché le repubbliche socialiste. La prima a cadere fu la Germania dell’Est, dove pure sembrava ci fosse il sistema più forte, poi caddero tutte le altre. Il senatore Boffa, già nei primi mesi del ’90 previde la fine dell’esperienza Gorbaciov, dure erano le sue parole sull’atteggiamento degli USA e dell’Occidente in genere. Ci predisse il tunnel drammatico che la Russia avrebbe imboccato”.

Andò mai in vacanza ad Est col partito come altri dirigenti?

“Feci una vacanza con l’Arci, un viaggio dall’Austria fino all’Ungheria. Rimasi piuttosto imbarazzato c’era molta miseria. L’Ungheria era più libera, in Romania c’erano questi alberghi in cui andavi. In Romania non sono mai andato ma alcuni compagni andavano normalmente in località di mare a prezzi competitivi. L’Ungheria, la Cecoslovacchia ( allora), la Germania dell’Est, la Russia mi apparvero mondi molto chiusi, ma con livelli culturali ( il teatro, la musica classica, i balletti) scientifici di assoluto valore. Il giudizio rivolto a me per queste considerazioni (ma qui in Italia) fu ” sei il più esterno degli interni ( al PCI ovviamente)e il più interno degli esterni”. Il giudizio non era molto benevolo, ovviamente. Non si veniva mai troppo accettati, devo dire che non ho mai amato i paesi dell’Est. Feci questo viaggio col battello sul Danubio, con i passaggi in Cecoslovacchia, fu suggestivo. Mi impressionò invece la potenza chimica e fisica dell’Urss. Andai due volte in Russia con l’Università, ero un giovane ricercatore borsista. Ricordo le vicende del grande professor Alfonso Maria Liquòri, che vinse per due volte il Premio Lenin per studi di fisica chimica e matematica. In quegli anni il Premio Lenin era equipollente al Premio Nobel, forse anche più prestigioso. Vinse il Lenin e per due volte ebbe la nomination per il Nobel.I suoi lavori teorici sul DNA erano assolutamente superiori ad ogni altri lavoro -scoperta di chimica. L’aver avuto il Lenin gli impedì d’avere il Nobel”.

Nell’Unione Sovietica il premio Lenin è stato assegnato nel periodo dal 1926 al 1935, e poi dal 1957 al 1991, una volta in due anni o ogni anno. Inizialmente il premio Lenin veniva assegnato per i meriti scientifici, a partire dal 1957 – per invenzioni, brevetti, costruzioni architettoniche e tecnologiche, opere letterarie e meriti artistici. A partire dal 1960 fu stato assegnato anche ai giornalisti e pubblicisti. Il premio era di 7.500 rubli, la busta paga di un operaio specializzato per 4 anni.

“Nel mondo scientifico i russi erano aperti, ironici- prosegue e conclude Montinaro- c’era una eleganza intellettuale straordinaria che faceva a pugni con la vita quotidiana. Il mondo scientifico aveva una potenza matematica spettacolare, loro capirono subito il potere della cultura e lo valorizzarono. Ma non bastò”.

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