Il Regio Liceo Lanza, dalle origini fino ai presidi-duce del Fascismo in un libro

by Lucia Lopriore

Il Regio Liceo Lanza. Dalle Scuole Pie agli anni del Regime. Questo il titolo del libro di Teresa Maria Rauzino, nota ricercatrice e presidente del Centro Studi “Giuseppe Martella” di Peschici, edito per i tipi delle Edizioni Parnaso di Foggia (ill., pp. 400, prezzo € 20,00).

Questo lavoro inaugura la prestigiosa collana editoriale intitolata “Anni di Scuola” della neonata casa editrice di Luigi Pietro Marangelli che tiene a “battesimo”, con questa pubblicazione, l’Autrice. 

È questo infatti, il primo lavoro monografico di Teresa Maria Rauzino, che finora è stata impegnata a lungo nel recupero della storia e delle tradizioni della sua cittadina d’origine e del Gargano. Non nuova alle iniziative editoriali (ha curato alcuni volumi de “I luoghi della memoria” del Centro Studi Martella) è stata, recentemente, protagonista di una “battaglia” che l’ha vista e la vede impegnata, con la sua associazione e la professoressa Liana Bertoldi Lenoci, nel recupero dell’antica abbazia benedettina di Kàlena.

Il volume, frutto di una difficile ricerca durata tre anni e mezzo, racconta la storia del mitico Liceo “Vincenzo Lanza” di Foggia dalle origini fino agli anni immediatamente successivi al regime fascista. Un lavoro unico nel suo genere, che rappresenta una pietra miliare non solo per lo storico Istituto e per la città, ma anche per la storia dell’ordine classico.       

La Rauzino, ex allieva dell’Istituto, ha voluto rendere omaggio alla sua scuola, ricostruendo uno spaccato di vita, di storia, di costumi, di usi e di consuetudini della città di Foggia. Lo studio, meticoloso e capillare per la metodologia storiografica seguita, traccia, attraverso un lungo excursus storico, derivante dalla consultazione delle carte degli archivi pubblici e privati, una nuova strada per acquisire conoscenze sulla storia della scuola.

Varie le tematiche proposte dall’autrice in questo lavoro: in primis affronta il tema della importanza degli archivi scolastici come fonte di ricerca, dove paragona l’esperienza della ricerca storica ad una «entusiasmante avventura che può portare alla scoperta di piccoli tesori o, come più spesso è probabile, al deludente nulla». Nel capitolo relativo, parla degli archivi scolastici e dell’importanza di preservarli dalla distruzione e dall’incuria.

Per il “Liceo Lanza” è successo proprio questo: il trasferimento delle sedi, gli eventi bellici, l’incuria da parte di chi, insensibile al problema del recupero cartaceo, non si è preoccupato nel tempo della conservazione dei documenti, preziosa fonte per tutti gli storici, utile alla ricostruzione degli eventi del passato. Per l’Istituto di Foggia, l’avventura della dispersione documentaria cominciò con lo storico incendio della sede del Palazzo di Città, nel 1898, quando il popolo foggiano insorse contro gli amministratori a causa delle tasse troppo alte. Allora il Liceo “Lanza”, che nel 1868 aveva rimpiazzato le Scuole Pie nell’attiguo Palazzo San Gaetano, antica sede dei Padri Scolopi, si era appena spostato a Palazzo Lanza, attuale sede dell’Università. Nell’incendio del municipio furono bruciate tutte le carte dell’archivio comunale. Il danno fu di una tale entità che, ancora oggi, i ricercatori trovano difficoltà a colmare il vuoto storico lasciato dalla distruzione di quell’archivio.

I PRESIDIDUCE

La parte centrale del volume interessa tematiche varie che vanno dalle politiche scolastiche postunitarie, alla didattica nell’Ordine classico, al sorgere della scuola come Liceo, ai primi docenti, alla fondazione del convitto, fino a tracciare una curva ascendente che arriva agli anni del Ventennio fascista, in cui la scuola era funzionale alla cosiddetta “fabbrica del consenso”. Ed è proprio dalla lettura di queste pagine che emerge la personalità dei “presididuce” come vengono definiti, in quel periodo, i capi d’Istituto.

«I Presidi dell’epoca – si legge nel libro – ci forniscono notizie sugli studenti e le loro famiglie, e soprattutto sulla classe docente, sottoposta ad un controllo che oggi ci sembra davvero poco rispettoso della libertà di insegnamento e della privacy […]. La documentazione di prima mano, ci ha permesso la ricostruzione di una tranche de vie, che illustra il “fare scuola” negli anni del Regime. La storia del Regio Liceo “Lanza” diventa storia emblematica di una scuola, più o meno allineata alle direttive di un governo dittatoriale. Diventa storia di un gruppo significativo della classe dirigente italiana, i Presidi, in un periodo cruciale della storia nazionale, in cui la scuola è un binario privilegiato per veicolare una “missione forte”: forgiare il “nuovo italiano di Mussolini”».

In questo contesto, si evince il tratto umano dei personaggi protagonisti della vita scolastica.

Uno fra tutti, può senz’altro essere rappresentato dal prof. Oronzo Marangelli, docente dissidente degli anni del Regime. Il professore, grazie alla segnalazione negativa e di un ispezione ministeriale sollecitata dai “presideduce” del Lanza e del Poerio, viene volutamente allontanato da Foggia e confinato a Benevento perché personaggio ritenuto “pericoloso” per la scuola. Chi la pensava in modo diverso dall’ideologia in quel tempo dominante non poteva quindi insegnare nel “Palazzo degli Studi”, allineato su strette posizioni governative. Esperto paleografo, autore di opere elogiate dal Kehr, Marangelli era stato già allontanato dalla Biblioteca Minuziano di San Severo a causa delle sue idee politiche: nei suoi articoli sul «Popolo nuovo» si era permesso di “ignorare” i meriti del fascismo e di Postiglione quando aveva parlato dell’importanza dell’Acquedotto Pugliese per “l’arsa Puglia”.

Certo il “caso” Marangelli doveva costituire “l’esempio” della sorte toccata ai dissidenti, affinché nessuno di essi potesse agire autonomamente manifestando le proprie idee, soprattutto a scuola, ma fu davvero soltanto questo il motivo dell’allontanamento di Marangelli dal Palazzo degli Studi foggiano? A nostro avviso, il motivo dell’emarginazione del professore poteva derivare dalla celata paura di essere “scavalcati” da una persona molto più colta, più intelligente, più sensibile e più lungimirante di coloro che, accecati dall’ottusità derivante dal ruolo del momento, applicavano alla lettera le paradossali ed inaccettabili idee imposte dal regime.

Confinato a Benevento, non riuscendo a sopportare tale situazione, Marangelli pur di ritornare a Foggia dalla sua famiglia, si era imposto di “rientrare nei ranghi”… ma tutto fu inutile. Dovette rifare il concorso nazionale (risultò primo) per tornare ad insegnare in Puglia. Dalla lettura di queste dense pagine di storia, il professor Marangelli emerge come la vittima sacrificale di un regime limitativo della libertà di pensiero.

Un altro aspetto che evidenzia le peculiarità del clima politico di quegli anni, è dato dai frequentatori della “Libreria Pilone” di Foggia, che riuniva gli intellettuali dissidenti della città. Costoro andavano contro il regime fascista, ed erano persone costrette a mascherare il loro pensiero politico in nome degli “ideali imposti dal Regime”. Si riunivano segretamente mettendo a rischio la libertà personale, come accadde per i professori Francesco Perna ed Antonio Vivoli che vennero tradotti a Bari dall’Ovra quando fu scoperta la loro appartenenza al Partito Liberal Socialista di Tommaso Fiore.

Dal libro della Rauzino emerge uno spaccato di vita e di consuetudini che oggi ci sembra lontano anni luce. Inconcepibile risulterebbe oggi, ai nostri occhi, il ruolo della donna nella società durante gli anni del regime: era relegata al ruolo di madre e moglie, di angelo del focolare, di massaia votata all’arduo compito di educare i figli per la “Patria”. Queste idee, durante gli anni del regime, vengono proiettate anche nella scuola. I presididuce, in quegli anni convinti sostenitori delle idee del regime, fecero di tutto per mettere in difficoltà le colleghe: nelle loro relazioni al Ministero dell’Istruzione pubblica e dell’Educazione Nazionale non mancano di sottolineare quale fosse il ruolo della donna: non nella scuola o negli uffici, ma a casa! A curare i figli. Tutto questo però si rivela un fallimento, la donna non abbandona il proprio ruolo di educatrice e di madre ma non lascia nemmeno che le idee misogine dei presidi prendano il sopravvento.

Non mancano nel volume della Rauzino momenti densi di pathos, che emergono dal ricordo dei protagonisti delle interviste, personaggi che oggi costituiscono le classi dirigenti e non solo, nomi come Renzo Arbore, Antonio Pellegrino, Gustavo de Meo, Gaetano Matrella, Mario Pellegrini, Emilio Benvenuto, Mario Sarcinelli, solo per citarne alcuni. Ciascuno, secondo la propria esperienza, si è raccontato ed ha raccontato il modo di vivere della scuola dagli anni Trenta agli anni Cinquanta. Oggi sono tutti valenti professionisti noti a livello nazionale ed internazionale… se solo si pensa ad Arbore e a Sarcinelli. Gli alunni del Liceo sono diventati gli uomini pensanti di oggi, questo dalla fondazione ad oggi è l’intento precipuo della “Scuola”: quello di “forgiare” le classi dirigenti del “domani”.

Questa idea di “ammaestrare” è stata sempre presente nelle classi dirigenti scolastiche fin dal periodo postunitario, nella seconda metà dell’Ottocento. Anche quando fu fondato il Regio Istituto Tecnico “Pietro Giannone” di Foggia, nel 1885, in una relazione relativa agli anni 1887-88, il Preside Narciso Mencarelli affermava che il compito dei docenti dell’Istituto era quello di «Ammaestrare la gioventù ai principi del vero». (n. d. r.)

La frequenza al “Liceo Lanza” non fu solo appannaggio di chi poteva permettersi di “studiare”. Con le imposizioni dei Presidi che si sono succeduti, non si è voluto distinguere, ma si è sempre cercato di “uniformare” tutti gli studenti. Basti consultare, nel volume, la lista del corredo di cui gli “Ospiti” del Convitto Lanza dovevano “dotarsi”. Negli anni a venire, tutti ebbero l’obbligo di vestire in modo uniforme, furono aboliti i pantaloni corti per i ragazzi, mentre le ragazze dovevano portare i grembiuli. Anche le insegnanti dovevano, secondo alcuni presidi, vestirsi in modo “decoroso” senza stimolare gli “appetiti” maschili.

Il volume è impreziosito dalla trascrizione di documenti rinvenuti nei vari archivi, da quello di Stato di Foggia, a quello del Museo Civico per la parte antica, a quello del Comune. Il periodo ottocentesco della scuola emerge attraverso l’analisi documentaria della carte rinvenute tra i manoscritti custoditi al Museo Civico della città. L’autrice trascrive alcune parti delle relazioni di padre Marcangelo; non mancano inoltre: gli Statuti del Convitto, la scuola che precede il “Liceo”, i relativi Bilanci con i Rendiconti degli introiti del Convitto, il quadro orario delle lezioni, i voti d’esame degli allievi del 1868, ecc. Notizie inedite che tratteggiano i primi anni della vita della scuola. Anche queste sono pagine importanti, pagine che descrivono per la prima volta la situazione storica del momento: i contrasti, le scelte derivanti da una politica che contrapponeva le Scuole Pie degli Scolopi a quelle pubbliche, la Destra storica alla Sinistra. E, se riflettiamo, tutto ciò non si discosta molto dalla situazione politica di oggi. 

Un profilo di Vincenzo Lanza, scienziato e patriota tratteggiato da Nazario Barone, studioso di storia militare risorgimentale, chiude questo bellissimo lavoro con una serie di cartoline d’epoca a lui dedicate, che testimoniano il radicale cambiamento dell’assetto urbano, avvenuto nel corso del Novecento anche a Foggia. Le planimetrie e le incisioni antiche delle varie sedi del Liceo ritraggono la Scuola nei vari passaggi epocali.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.