Il Sentiero Natura: genesi di una strada incompiuta. Quando Enrico Mattei scoprì il Gargano

by redazione

Il 29 agosto 1959 Enrico Mattei scopre il Gargano. Secondo la vulgata del tempo il politico a capo della più grande azienda dello Stato, sorvolando a bassa quota proprio il nostro promontorio, restò affascinato da tanta bellezza ancora selvaggia e puntò il dito in direzione di Pugnochiuso. Da questo apparentemente insignificante episodio, vero o falso che sia, la nascita della storiella della mano di Dio.

Correva l’anno 1961 quando il vento dell’ENI arrivò a Vieste portato da una delle società più importanti del gruppo, la SNAM PROGETTI (1)

Quasi in contemporanea, nel 1960 iniziarono i lavori di costruzione della strada litoranea Mattinata – Vieste su iniziativa del Consorzio di Bonifica Montana del Gargano con sede in San Marco in Lamis, arteria progettata per servire i coloni di una vasta area montuosa: si comprende subito l’importanza dell’opera, nata come infrastruttura agricola, ma che apre nuovi scenari di sviluppo per l’economia locale in prospettiva di un turismo che già fa capolino all’orizzonte.

Il vero artefice di quell’opera di ingegneria stradale fu mio padre, il geometra mattinatese Michele Latino, direttore dei lavori per l’impresa “S.I.C.E.S. Società Italiana di Costruzioni Edili e Stradali di Pane Francesco & ingegner Bruno Astarita” di Piano di Sorrento (NA), azienda che simultaneamente in quegli stessi anni stava realizzando anche la strada panoramica Peschici – Manaccora.

In ogni caso i lavori, che presentarono subito notevoli difficoltà, iniziarono nelle fasi preliminari con le operazioni di segnatura dell’impervio tracciato in cui mio padre si avvalse di maestranze locali, esperte di quelle zone in cui si sarebbe snodata la strada.

Uno in particolare, tale Giovanni Diurno, alias de Ciùcche, operaio esperto di quel territorio in più di un’occasione mi raccontò aneddoti risalenti a quel periodo, soprattutto per quanto riguarda la pericolosità dei luoghi particolarmente scoscesi e accidentati, se non proprio franosi. Come quando per posizionare picchetti, paline e teodolite montato sul treppiede, proprio sulla sommità del voltone della Grotta Campana, lui e mio padre discesero fin sul ciglio della falesia, proprio come provetti alpinisti, trattenuti più a monte da altri operai che tendevano le funi.

In tante parti del percorso (a partire dal Puntone Tunno, a Montelci, fin sopra la Grotta Campana) io, tuo padre ed altri operai per effettuare i rilievi, ci legavamo in cordata per evitare di cadere nei dirupi sottostanti e precipitare in mare”.

I lavori continuano a ritmo serrato per circa quattro anni, aprendo varchi a suon di mine fatte brillare per sbancare la dura roccia e con l’ausilio di ruspe.

Tanti operai di Mattinata trovano momentanea occupazione in un periodo difficile che già spinge forze giovanili verso l’emigrazione in altre nazioni europee.

Si inaugurano, tra lo sventolio di tricolori italiani, numerosi piccoli viadotti in cemento armato a partire da quello di Tar di Lupo, della Valle dei Cacchi, della Valle dei Mergoli (l’odierna Baia delle Zagare), opere all’avanguardia in tempi in cui le gallerie erano ben lungi da venire

Questa strada, dopo l’acquisto dì Pugnochiuso da parte della SNAM Progetti presieduta dall’ingegner Enrico Mattei, permetterà lo sviluppo del turismo su quella parte del Gargano che era sino a quel momento irraggiungibile se non attraverso mulattiere.

Se da un lato poteva sembrare gratificante per un giovane professionista mattinatese essere a capo di un’opera importante da realizzare nel suo paese natale, una infrastruttura che per qualche anno avrebbe dato occupazione a parecchi operai del posto, molti dei quali rientrati dalla Germania, dalla Francia o dal Belgio dove erano emigrati al termine del Secondo Conflitto Mondiale, dall’altro risultò faticoso fronteggiare le richieste dei coloni locali che chiedevano agevolazioni negli espropri dei loro territori che avrebbero dovuto essere attraversati dalla strada da costruirsi: ogni sera erano in tanti ad attendere il ritorno di mio padre dal cantiere, per perorare le loro richieste, assiepati sul marciapiede prospiciente la casa di mio nonno dove, momentaneamente risiedeva il nostro nucleo familiare.

In particolare erano proprio i coloni della Baia di Vignanotica, rappresentati dalle famiglie Bisceglia (alias Sìneche), quelli più insistenti nel perorare le richieste tese ad impedire l’attraversamento dei propri fondi agricoli, nonostante mio padre si ostinasse nel ribadire di essere solo un mero esecutore di altrui ordini.

La strada che partiva dal lido di Mattinata, all’inizio della piana di Tor di Lupo, a qualche centinaio di metri dal primo viadotto da poco costruito, era chiusa al traffico da una barra metallica che l’addetto Pasquale Latino (u marasciàlle) apriva solo per gli automezzi del cantiere e per quelli autorizzati da mio padre.

Quasi quotidiane erano le discussioni con l’avvocato Piero Pellegrini, giovanissimo imprenditore, un pioniere del turismo che in quegli anni si avviava a realizzare il suo complesso alberghiero in contrada Mergoli (merli), poi Hotel Baia delle Zagare.

Comunque si procedeva, viadotto dopo viadotto: Puntòne Tùnno, Montelci, Mattinatella, Scappome, Valle dei Cacchi e in proposito un Docente della Facoltà di Ingegneria sezione Strade dell’Università di Napoli anni fa raccontava a suoi allievi mattinatesi delle amichevoli discussioni avute con un tecnico, tale geometra Latino, che si ostinava a mantenere il toponimo originario Valle dei Cacchi molto simile a una parolaccia.

Mio padre quella volta la vinse: Valle dei Cacchi era e Valle dei Cacchi restò, anche sulle mappe topografiche.

Antonio Latino

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