Il triste destino di Elena degli Angeli

by Eugenio D'Amico

Un cavaliere dal mantello verde di notte cavalca senza meta nei boschi che si arrampicano verso la massiccia mole del Castello di Lagopesole e quando la luce della luna piena illumina le vecchie pietre il raggio di luce di una lampada illumina con la sua luce giallastra il volto di una fanciulla bellissima vestita di bianco che si muove lentamente dietro le finestre, si affaccia piangendo ad una bifora e poi sparisce in un singhiozzo…

Così almeno raccontano quelli che credono alle sensazioni ed alle emozioni che le antiche pietre trasmettono per arcana magia, spiegando che si tratta delle ombre di Manfredi di Svevia e di Elena degli Angeli che si aggirano nei luoghi che li videro sposi nella vana speranza di poter rivivere la perduta felicità.

Si era nel febbraio del 1266 quando la battaglia che segnò la fine della dinastia sveva e la conquista angioina del meridione d’Italia, segnò anche la fine della la favola bella di Elena degli Angeli e di Manfredi di Svevia.

A Benevento Manfredi, il figlio prediletto che Federico II aveva avuto da Bianca Lancia, cadde in combattimento sotto i colpi di un usurpatore straniero, “rotta la persona in due punti mortali”, il petto e la fronte, ed il suo corpo fu frettolosamente sepolto sul luogo stesso dello scontro.

Dalla splendida domus di Lucera Elena, rimasta sola poiché i cortigiani “ a lu solitu loro, le voltaru le spalle”, per passare nel campo del vincitore, raggiunse Trani dove trovò rifugio per sé e per i suoi figli nel castello che aveva visto i festeggiamenti per il suo matrimonio.

Elena Comnena Degli Angeli, principessa d’Epiro, aveva sposato Manfredi all’inizio di una calda estate tranese del 1259 e la loro unione, anche se nata dalla necessità politica di nuove alleanze, si era trasformata ben presto in vero amore.

Elena aveva diciassette anni ed era bellissima. Non conosceva Manfredi, ma certo ne era già innamorata, conquistata dalla fama delle sue gesta. Figlia di Michele II Comneno, Despota dell’Epiro, portava in dote alla corona sveva Corfù e Durazzo.

Manfredi, il figlio prediletto di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia, il  “biondo, e  bello e di gentile aspetto” Re di Napoli e di Sicilia, a ventisette anni era allora all’apice della sua potenza, nonostante la scomunica papale.

Il primo incontro tra Manfredi ed Elena avvenne nel porto di Trani la mattina stessa del matrimonio. Le cronache raccontano che Manfredi, senza alcun riguardo al cerimoniale, appena vide Elena in trepidante attesa sulla passerella della galea che l’aveva condotta a Trani, le corse incontro e l’abbracciò.

Il matrimonio si celebrò nel pomeriggio e fu seguito da un’intera notte ed un intero giorno di festeggiamenti che proseguirono nel castello di Lagopesole.

Manfredi fu subito conquistato dalla bellezza e dalla dolcezza della sua sposa. L’avvenenza e la cortesia del biondo Manfredi rafforzarono in Elena il convincimento di aver incontrato l’uomo della sua vita.

La felicità però durò poco: soli sette anni durante i quali Elena pur vivendo nella sfarzosa domus federiciana di Lucera, spesso tornò con Manfredi a Lagopesole, nel castello della sua luna di miele, poi Carlo d’Angiò, invase il regno e l’esito infausto della battaglia  di Benevento la costrinse a fuggire a Trani da dove sperava di potersi imbarcare per l’Epiro e raggiungere la sua casa paterna; ma il destino decise altrimenti. Il maltempo impedì l’imbarco e nel frattempo gli uomini di Carlo d’Angiò, penetrati con l’inganno nel Castello di Trani, imprigionarono la famiglia reale. La generosità verso i vinti non apparteneva agli Angioini e, peraltro Carlo d’Angiò, usurpatore con la benedizione papale, sapeva che per conservare il trono di Napoli e di Palermo occorreva cancellare la casa degli Staufen ed annullarne finanche il ricordo.

Perciò il vescovo Pignatelli, promosso per tali meriti Arcivescovo di Messina, tornò sui luoghi della battaglia, profanò la sepoltura di Manfredi e ne disperse i resti fuori del Regno.

Perciò i figli maschi di Elena e Manfredi, nonostante fossero ancora dei bambini (Enrico, il più grande, aveva appena sei anni) furono separati dalla madre e condotti in catene nel Castello di Santa Maria del Monte. Nella ottagonale “corona di Puglia” testimone della grandezza degli Staufen e custode di pietra della “summa” conoscenza, trascorsero prigionieri lunghi anni per essere poi trasferiti nelle segrete di Castel dell’Ovo destinate a consumare i nemici degli Angioini ed a nasconderne i più torbidi segreti. Lì morirono prima Enzo e poi Enrico, mentre di Federico, evaso fortunosamente, presto si perse ogni traccia.

Elena, invece, da Trani fu condotta a Lagopesole al cospetto dell’Angioino che forse sperava di ottenere da lei, con lusinghe e minacce, i feudi portati in dote a Manfredi. Il comportamento della Regina spodestata di fronte a chi aveva distrutto la sua felicità dovette però esser tale da irritare ancor più Carlo d’Angiò che la mandò prigioniera nel castello di Nuceria Christianorum, oggi Nocera Inferiore, togliendole anche la figlia, segregata anch’essa a Castel dell’Ovo.

Elena, non fu mai più libera, né rivide mai più i suoi figli; visse ancora pochi anni con i suoi ricordi finchè, a soli ventinove anni, la morte tanto spesso invocata la ricongiunse con l’unico uomo della sua vita.

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