Isabella Castriota, la poetessa protagonista della cultura settecentesca leccese

by Carmine de Leo

Vari letterati animarono il mondo culturale Salentino verso il Settecento, fra essi emerge la figura di una coppia di poeti: Isabella Castriotta e Pietro Belli.

Isabella, più del suo coniuge, passò alla storia della letteratura pugliese come una delle più fini poetesse del XVIII secolo.

Purtroppo sono pochi i sonetti di Isabella Castriota a noi pervenuti, che furono pubblicati in alcune raccolte antologiche in quanto gran parte delle sue opere letterarie sono andate perdute; ma resta vivido il ricordo della sua bravura attraverso le note di vari autori locali che ne ricordano le singolari vicende della sua vita tra matrimoni imposti ed indesiderati ed anni relegata in convento.

La biografia di Isabella Castriota può essere paragonata ad un vero e proprio romando d’appendice, condito da diversi episodi particolari che la videro protagonista orfana della madre sin dalla sua nascita, avvenuta a Lecce il 1° settembre del 1704.

Isabella era figlia di Alessandro Castriota, nobile di Copertino, cui era rimasto solo il titolo senza feudi e rendite adeguate e per queste ragioni si trasferì a Lecce per impalmare la ricca nobildonna salentina Irene Pieve Sauli, destinata a perire dopo aver partorito la futura poetessa Isabella.

Isabella restò quindi orfana ed erede universale del ricco patrimonio lasciatole della madre.

Il padre non aspettò molto per contrarre un secondo patrimonio con tale Giuseppa De Torres, che cercò sin dai primi anni della sua unione col Castriota di sbarazzarsi della figliastra Isabella per impossessarsi del sostanzioso patrimonio ereditato dalla piccola orfana.

Fu così che la fanciulla, a soli 11 anni, fu rinchiusa a Gallipoli nel convento di Santa Chiara per intercessione di un suo zio materno, che qualche tempo dopo, nel 1720, ad insaputa di Isabella, procurò alla piccola orfana il matrimonio con un ricco, ma molto vecchio, feudatario di Tuglie, il barone Filippo Guarini.

L’unione tra i due era già fallita in partenza in quanto la sposa aveva solo 16 anni e il barone ben 60, ben 44 ani di differenza separavano quindi i due sposi.

Non sappiamo se le nozze furono poi effettivamente consumate, ma è certo che la sfortunata Isabella, dopo soli tre anni dal matrimonio si ritirò col consenso del vecchio marito, a Lecce, nel convento di Sant’Anna.

Ancora una volta un convento nella vita di Isabella, che comunque, stanca di essere reclusa, lasciò finalmente e definitivamente la vita monastica nel 1732, poco più che trentenne.

In seguito, rimasta vedova, iniziò a frequentare sempre più spesso i salotti letterari leccesi, ove si cimentava in serate in rima con altri poeti e ben preso fu anche chiamata a far parte della prestigiosa Accademia letteraria chiamata “degli Spioni”.

Frequentando questo sodalizio culturale e scoprendo sempre di più la sua vena poetica, Isabella conobbe il secondo compagno della sua vita, il poeta Pietro Belli, con cui convogliò a nozze nel 1741.

Anche questa unione non fu però delle migliori, il Belli, anch’egli più grande d’età di Isabella, seppur fecondo poeta e filosofo, non fu capace di gestire con accortezza il patrimonio della moglie e rischiò anche di essere arrestato per i grossi debiti da lui contrati.

Amore e problemi finanziari furono quindi i protagonisti dell’unione tra la poetessa Isabella Castriota e Pietro Belli; comporre versi per Isabella rappresentò anche un’ottima medicina per dimenticare le difficoltà della sua esistenza!

La poesia fu certamente per la giovane Isabella una valvola di sfogo alla sua vita movimentata e poco fortunata, nel corso della quale sfidò convenzioni e ottusità degli ambienti aristocratici leccesi, che consideravano il comportamento di Isabella molto scandaloso.

Si era nel Settecento ed i tempi non erano ancora maturi per apprezzare l’indipendenza culturale di Isabella che insieme ad altre poche donne sfidò le convenzioni dell’epoca nei salotti letterari leccesi.

Ella, orfana la cui femminilità era stata sacrificata agli interessi patrimoniali della sua famiglia, combatté con la cultura e i versi il suo un amaro destino finché non passò a miglior vita nel 1749, nella dimora del suo secondo marito, il palazzo gentilizio della famiglia Belli in Lecce, città che ricorda oggi con l’intestazione di una sua strada la figura di Isabella Castriota.

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