La Napoli e la Puglia di Giuseppe Sanmartino

by Gabriella Longo

Conosciuto universalmente come l’autore del Cristo Velato -commissione del principe Raimondo di Sangro per la Cappella della Pietà di Napoli- in realtà, durante l’arco della sua carriera, il partenopeo Giuseppe Sanmartino destina anche alla Puglia una quantità innumerevole di pregevoli lavori. Un esempio: le bellissime statue realizzate fra il 1772 e il 1792 per il Cappellone di San Cataldo nella Cattedrale di Taranto.

Alla costruzione di quest’ultimo – cominciata nel 1151 e conclusasi nel 1759 – lavorarono molte e grandi maestranze, richiamate di volta in volta dagli arcivescovi in carica. Quando Giuseppe Sanmartino siglò un contratto col vescovo Mastrilli per le sei statue marmoree del Cappellone, era il 1772 e l’artista all’apice della fama: si tratta di due enormi statue da ubicarsi in nicchie parietali del vestibolo (quella di San Domenico e quella di San Francesco D’Assisi) seguite da altre quattro dalle dimensioni più ridotte (S. Filippo Neri, S. Francesco di Paola, Santa Irene e Santa Teresa).

Perfetta armonia di marmi policromi, sculture e pittura, il Cappellone rappresenta un meraviglioso esempio di stile barocco: in piena Controriforma l’opulenza dell’arte sacra deve produrre nel fedele un senso di vertigine e confusione, ma anche mostrarsi ad esso come il più fascinoso degli spettacoli. Dai pavimenti alle pareti, infatti, il Cappellone è completamente ricoperto di marmi lavorati con la tecnica della tarsia, la quale non solo garantisce che l’effetto policromo venga percepito come un unicum (e non come il risultato di un assemblaggio certosino di più marmi) ma che l’addobbo permanente venga sostituito a quello occasionale.

San Giuseppe nel Cappellone

È, infatti, proprio l’intarsio, elemento tipico della decorazione chiesistica napoletana, a raggiungere capillarmente le province del regno: la Napoli di Sanmartino era la borbonica capitale del meridione, città dal respiro europeo e dal vivace fermento culturale. E fu proprio in questo clima che si forma la personalità artistica del marmoraro Sanmartino il quale, dopo l’apprendistato nella bottega del Bottigliero, entrerà in contatto con la tipologia d’altare vaccariana portandola ad evoluzione: la novità nel fortunato modello sanmartiniano, è l’aggiunta di sculture di angeli a figura intera. Molti esempi di tale modello iconografico sono disseminati in tutto il territorio pugliese (ad esempio, l’altare maggiore di S. Chiara a Grottaglie, di S. Benedetto a Massafra, di S. Nicola a Castellaneta).

Visuale del Cappellone di San Cataldo

Ma di certo piuttosto notevole è stata la scoperta –da parte della storica dell’arte Mimma Pasculli Ferrara – della firma dello stesso Sanmartino nel retro dell’angelo capoaltare di destra nella cattedrale di Foggia, il quale viene a collocarsi fra le poche opere autografe dell’artista.

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