La Porta di Brandeburgo, il Muro e la DDR per Sabino Colangelo e la generazione che non aveva il mito dell’Urss

by Antonella Soccio

1974, sotto la Porta di Brandeburgo, simbolo della Repubblica Democratica Tedesca, la DDR, un generale sovietico spiegò alla delegazione studio del Pci, il più influente e forte partito comunista occidentale, che i ragazzi tedeschi fuggivano da Est ad Ovest, oltrepassando il muro, perché dall’altro lato c’erano donne appariscenti, nude, a tentarli.

“Anche a noi propinavano la propaganda, in questi colloqui si vedevano profondamente i loro limiti”.

A parlare con noi di bonculture dei 30 anni dal 1989 e di quello che fu la Germania Est è Sabino Colangelo, ex consigliere regionale, funzionario e dirigente di lungo corso del Pci e poi Pds, Ds, Pd e infine LeU-Articolo1, che da giovane responsabile provinciale dell’organizzazione del Partito comunista di Capitanata si ritrovò nel 1974 in missione con la delegazione nazionale del Pci in Germania Est per un viaggio di studio sull’economia e la società socialista.

Lo slogan “Die Mauer muss weg”, il Muro deve crollare, era ancora lontanissimo.  I ricordi di Colangelo, classe 1947, sono molto nitidi, senza nessuna “ostalgie”. La sua cultura politica è immensa e il suo racconto comincia dettagliando il contesto storico della Puglia e della Daunia comuniste.

“Mi sono iscritto al Pci nel 1968 e nel 1970 divenni segretario della Fgci provinciale, all’interno di un gruppo di lotta studentesca, la sede di Via Lecce a Foggia era il cuore pulsante del movimento giovanile di allora. C’erano tanti che avrebbero proseguito poi con successo la carriera politica e professionale: Lamacchia, Valentino, Giovanni Altrui, Mauro Imbimbo, Fernando Di Trani, Lino Zicca, Vladimiro Fortesi. Luigi Longo in quegli anni aprì ai movimenti e ai gruppi extraparlamentari. Vi apparteneva anche Paolo De Caro. Nel 1972 passai al partito, mi fu in qualche modo imposto, il segretario Carmeno mi diede la delega all’organizzazione e mi occupai di un’operazione di rinnovamento dentro al Pci. Andavo lì col battaglione elitrasportato- dice scherzando- e rinnovavo”.

Erano tempi molto diversi da quelli odierni. “Il partito era una scuola di vita, la laurea allora era un optional, infatti quasi nessun segretario era laureato, non era laureato Enrico Berlinguer. La laurea allora serviva per esercitare le professioni borghesi, per chi viveva il partito c’erano le Frattocchie. Io ci andai la prima volta per 15 giorni nel 1969, la prima lezione sulla Costituzione la tenne Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente Non certo uno come Matteo Renzi. In seguito tenni corsi per amministratore, c’erano compagni che stavano per 3 mesi a frequentare corsi, Matteo Fusilli ad esempio stette per 3 mesi”.

Sabino Colangelo

Nel 1974 a Sabino Colangelo viene annunciato che deve andare in DDR insieme alla delegazione nazionale che doveva informarsi della struttura economica e sociale della Germania Est.

“Il Pci allora era una grande scuola di politica internazionale, il responsabile Esteri- lo fu anche Giorgio Napolitano- aveva rapporti col Medio Oriente, che non aveva neppure la Farnesina, che aveva relazioni solo con i Paesi ufficialmente riconosciuti. Nella delegazione insieme a me c’erano il senatore Antonino Cuffaro, siciliano ma residente a Trieste ed eletto nel collegio di Muggia, responsabile Innovazione del Pci, Antonio Berardi segretario di Reggio Emilia, la provincia più rossa d’Italia dove il Pci aveva 10 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale, poi entrato nel CdA Rai e presidente Vodafone e qualche altro che non ricordo. Eravamo cinque. Ci siamo visti a Roma, abbiamo fatto conoscenza, ma allora tra di noi la conoscenza era formale, dentro al partito tutti conoscevano gli iter dei funzionari. L’interprete si chiamava Ludmilla ed era la moglie del corrispondente della Nueva Doitschland da Mosca. Da Roma non c’era il volo per Berlino. Andammo a Vienna, che era un po’ l’avamposto verso i paesi socialisti. Berlino est mi impressionò subito. La mia generazione non ha mai vissuto il mito dell’Urss, eravamo molto disincantati, ma accettavamo il blocco dei Paesi socialisti, che Berlinguer qualche anno dopo definì delle società dai tratti illiberali”.

“Ci portarono alla Casa del partito, la lussuosissima Haus der Sprea, una struttura sul fiume. Arriviamo e vi troviamo le delegazioni di tutto il mondo, uno spaccato internazionale incredibile, con i responsabili Esteri di tutti i partiti comunisti internazionali dei paesi ufficiali e anche di quelli non ufficiali. C’era il responsabile Esteri del SED, il partito comunista della DDR, che parlava perfettamente italiano. Per accattivare la benevolenza degli ospiti ci si rivolgeva sempre nella loro lingua e non in tedesco”.

I grandi leader comunisti erano di casa sulla Sprea.

“Era una specie di albergo di partito. C’erano le delegazioni di tutto il mondo, ovviamente non erano al tavolo con noi- specifica Colangelo- C’era Luis Corvalan, il segretario del Pci cileno, insieme a tanti altri compagni cileni, che erano ormai ospiti in esilio dal loro Paese. Dolores Ibárruri, la pasionaria, dirigente del partito spagnolo, i rappresentanti del partito comunista greco, c’erano anche gli esponenti del Ba’th il partito del padre di Assad. Era un ambiente internazionale, del primo incontro alla SED mi ricordo degli ascensori di legno nel palazzo. Sapevo che i Paesi dell’Est non erano opulenti, ma si vedeva in strada una prima larva di moda occidentale. La Germania non era rurale, c’erano grandi industrie, come Zeiss, alcuni comprarono le famose macchine fotografiche, Pentax, che montavano lenti Zeiss. Erano molto inquadrati, ma avevi la sensazione di una società dove non c’erano particolari sofferenze. La sanità, la casa, il lavoro, erano per tutti. Si vedeva la tv di Berlino Ovest, che era gestita come la vetrina dell’opulenza occidentale. Ci portarono anche sotto la porta di Brandeburgo. La Berlino vera era quella ad Est, erano orgogliosi della cultura che si poteva ammirare a Berlino Est, ho molto apprezzato la bellezza della città, il  Pergamonmuseum. Sono tornato una seconda volta a Berlino Est, sempre prima della caduta del muro, in vacanza con i Comitati della Pace negli anni Ottanta. Nel primo viaggio ci portarono poi in Sassonia, a Lipsia, abbiamo visitato fabbriche e grandi aziende agricole intensive”.

Quel viaggio rurale, tra i campi, è ancora nella mente di Colangelo.

“Lì ho visto la massiccia presenza dei carri armati sovietici, era la loro dimostrazione di potenza, la loro forza muscolare, ci siamo mossi in macchina, e vedemmo per la strada circa 40 km di carri armati posizionati. L’esercito russo a Berlino non dominava la DDR, i sovietici odiavano i tedeschi, la presenza degli ufficiali russi era un segnale a tutti i Paesi del patto di Varsavia, del resto molti di coloro che erano stati nazisti continuarono a guidare le fabbriche della DDR, alcuni diventarono anche segretari della SED. Ricordo un particolare che ci disse Cuffaro: statevi attenti alle donne, sono tutte spie”.

Colangelo tornò ancora una volta in Germania Est, stavolta da solo, per un viaggio vacanza nel bosco di Turingia.

“Tre o quattro anni dopo- racconta- mi chiamò Michele Pistillo, che fu segretario della federazione, eurodeputato con una cultura sterminata sugli esteri, fu il mio maestro per gli esteri, con lui ogni volta c’era una disamina della situazione geopolitica del mondo. Aveva avuto un invito dal partito nazionale per una vacanza in DDR nel bosco di Turingia e a Dresda, e mi chiese se volessi andarci al suo posto. Accettai. Presi un treno da Milano, in cuccetta. Per tutta la notte un ferroviere della Germania Ovest, anticomunista mi svegliò ogni 15 minuti. Arrivammo a Berlino Ovest, scesero tutti. Rimasi l’unico a proseguire in direzione Berlino Est su quel treno. Ero da solo sul treno. Quando visitai Dresda mi parve di cartapesta, era stata ricostruita come Hollywood, con cattivo gusto. Anche allora vissi uno spaccato della guerra fredda, alla tv si vedeva la pubblicità dell’Ovest, che era un vero e proprio incentivo alla rivolta”.

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