L’arcipelago del sorriso… Tremiti

by Carmine de Leo

Dalle alture più elevate della Foresta Umbra si scorge il mare e immerse nel suo azzurro immacolato, poco lontano dalla costa, ecco una manciata di isole, è l’arcipelago delle Tremiti, che ci sorride, quasi un invito a visitarlo.

Se il Gargano è uno scrigno di bellezze naturali, di leggende e di testimonianze artistiche, le Tremiti rappresentano l’anima di tutte queste preziosità, tanto è ricco questo piccolo arcipelago di fiabe, di storie, di arte, di grotte e di passaggi indimenticabili.

Da secoli meta di pellegrinaggi e poi di turismo, le isole sono state abitate già in epoca preistorica, come testimoniano i manufatti litici rinvenuti nell’isola di San Domino e su quella del Cretaccio.

Le tracce di alcuni sepolcri, inoltre, sono rinvenibili nell’isola di San Nicola.

Delle Tremiti ci parlano già Strabone e Tacito, che nei suoi Annali ci narra che in queste isole fu relegata dall’imperatore Augusto la propria nipote Giulia, perché accusata di adulterio.

La dissoluta Giulia resterà nell’arcipelago per ben vent’anni, fino alla sua morte.

E ancora prima dell’epoca romana ci riporta una leggenda in cui si narra che il re Diomede, stabilitosi dopo la guerra di Troia nella Daunia, volle poi essere seppellito nelle isole Tremiti dai suoi compagni che, trasformati in uccelli, ne vegliano ancora il sepolcro, indicato dagli isolani in alcune vetuste costruzioni poste sull’isola di San Nicola.

Le Tremiti, grazie a questa fantastica fiaba, sono chiamate anche isole Diomedee.

L’arcipelago sarà, in seguito, sede di una importante comunità benedettina dipendente da Montecassino; il più antico documento che ci parla della presenza di un convento, dedicato a San Giacomo, risale al novembre del 1005.

La costruzione di una seconda chiesa titolata a Santa Maria, già documentata nell’XI secolo, è collegata a un evento miracoloso riportato in una cronaca cinquecentesca del canonico Benedetto Cocarella che così riferisce: un Santo venerabile huomo, bramoso di una quiete, e solitaria vita, tutto a Dio dedicato…si rifugiò nelle Tremiti. Un giorno, a questo eremita apparve la Madonna che gli disse…levati e vˆ tosto a scavare in cotesto luogo ove troverai danari non pochi sotterrati i quali prendendo naviga per Costantinopoli, ove comprerai quelle cose che a fabbricar lo Tempio a mio modo, sieno necessarie. Incredulo, il povero eremita non obbedì alla Vergine e la Madonna gli apparve una seconda volta sollecitandolo a fare quanto gli aveva comandato nella Sua prima apparizione.

Questa volta l’eremita obbedì, si recò a Costantinopoli e, acquistato il materiale occorrente e assunti alcuni manovali, fece poi costruire il tempio dedicato a Santa Maria sull’isola di San Nicola.

Il monastero di Tremiti, grazie a numerosi lasciti e donazioni, divenne ben presto molto potente; la badia era ricchissima e i suoi possedimenti si estendevano numerosi sul Gargano e nel Molise.

Altri ordini religiosi si alternarono ai Benedettini, come i Cistercensi, che vi costruirono un primo nucleo di fortificazioni per far fronte ai frequenti attacchi dei pirati che, alcune volte, riuscirono a depredare l’abbazia.

Uno degli episodi più significativi legati ai saccheggi perpetrati dai pirati è riferito dal Summonte: al tempo di re Roberto (d’Angiò) un corsaro Almogravo con tre fuste, sentendo che a S. Maria di Tremiti era gran copia d’argento, calici e vestimenti di seta, pensò rubarla e andatovi una notte gli dié grandissimo assalto, e per la moltitudine de’ frati che v’erano non poté far cosa nulla. Nella seguente matina vi diede il secondo assalto: e meno l’ottenne; del che vedendosi disperato, pensò ingannar i frati, onde dilungatosi dall’isola fè portare una cassa da morto dove fè fare alcuni buchi da potervi respirare e il coperchio che facilmente poteva levarsi e postosi il capitano dentro di quella con dieci taglienti spade; ordinò alli compagni che lo dovessero portare, e dire alli frati di quel monastero che il loro capitano era morto e aveva lasciato a quella chiesa trecento scudi veneziani; ciò fatti, li frati vedendo la cascia da morto con li scudi e li portatori senza armi, li fero entrare nella chiesa, e volendo cominaciar a cantare l’officio, subito quello ch’era nella cassa gittando il coverchio saltò fuora e li compagni prendendo le spade ammazzaro tutti li frati e rubarono la chiesa e quanto in quella isola trovarono, la quale stette poi abbandonata più di trenta anni.

Certamente, anche in seguito agli assalti dei pirati, i Cistercensi abbandonarono, verso il Trecento, le isole, che furono poi ripopolate nel secolo successivo dai Canonici regolari di Sant’Agostino.

Questi frati si insediarono nel Monastero di Santa Maria nel 1412, grazie ad una bolla del pontefice Gregorio XII; saranno loro a riportare all’antico splendore l’abbazia, restaurando la chiesa e ristrutturandone tutto il sistema difensivo.

Più imponenti muraglioni, nuove torri e il taglio della roccia sotto la torre di San Nicolò, alle spalle del monastero, per separarlo dal resto dell’isola, rappresentano le opere di difesa compiute dai monaci in questo periodo.

L’abbazia raggiunse con i canonici di Sant’Agostino il suo massimo splendore, lo attestano anche le numerose visite di importanti personalità, come il duca d’Urbino Francesco Maria, don Antonio Doria, cardinali, capitani delle flottiglie della Repubblica di Venezia e altri personaggi più o meno illustri.

Le isole divennero nel XVI e XVII secolo un sicuro rifugio per i navigli e una punta avanzata della cristianità contro le flotte dei pirati turchi, che, infruttuosamente, assalirono l’abbazia il 5 agosto del

1567, dopo aver depredato Ortona, Vasto, Termoli e il monastero di Sant’Agata, dipendenza di Tremiti posta nei pressi del fiume Fortore.

Verso la fine del Settecento, la Badia di Tremiti ed il suo vasto patrimonio passarono al regio demanio, l’abbazia fu soppressa nel 1782 e sull’isola si insediò un presidio militare.

Nel secolo scorso l’arcipelago diverrà una colonia penale e i regnanti borbonici, per popolare le isole ormai deserte, vi confinarono uomini e donne dei bassifondi napoletani.

Ancora nel Novecento, con l’avvento del fascismo, vi furono confinati importanti personalità politiche contrarie al regime, fra cui si ricorda l’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Abolita la colonia penale nel dopoguerra, nelle isole si è sviluppato sempre più il turismo, vero protagonista, oggi, dell’economia dell’arcipelago, che ha visto in questi ultimi anni un crescente interesse ambientale e artistico nei confronti dei suoi monumenti.

(Estratto dal volume di Carmine de Leo, “Gargano, storia, arte, ambiente e leggende”, Foggia, 2009, volume non in vendita, ma consultabile gratuitamente presso le biblioteche locali e nazionali).

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