Maria Nikolajewna O’Rourke Tarnowska, una contessa russa a Trani

by Carmine de Leo

Figlia di un conte di origine irlandese ufficiale della marina russa, Maria Nikolajewna O’Rourke Tarnowska, nacque nel 1877 a Poltava, una ridente cittadina al centro dell’Ucraina, che allora faceva parte dell’impero russo, andò sposa giovanissima a soli 17 anni a Wassily Rarnowsky, un ricco aristocratico russo, da cui ebbe due figli.

Il marito non era uno stinco di santo e presto iniziò a frequentare altre donne con cui sperperava anche il patrimonio di famiglia, di fronte a questo comportamento la contessa si separò dal marito  ed iniziò a viaggiare per l’Europa ed a fare uso di morfina, sperperando il suo patrimonio nelle migliori località ed alberghi di Parigi e della costa Azzurra, nei suoi casinò ed in acquisti di preziosi gioielli.

Cercò l’amore perduto del marito fra le braccia di molti amanti e nel suo errare fra le località più famose del continente europeo, fu anche in Italia, a Venezia nei primissimi anni del Novecento; in questa città veneta ebbe come amante il conte Pavel Kamarowskij e proprio al fine di impadronirsi del patrimonio di questo ricco nobile, che le aveva anche intestato un’assicurazione sulla vita, istigò un altro suo amante, l’avvocato Donat Prilukov e un giovane pubblicista Nikolai Naumov innamorato di lei ad assassinare il Kamarowskij.

L’omicidio fu consumato con un colpo di pistola sparato dal Naumov al conte Kamarowskij presso la sua abitazione veneziana, il palazzo Maurogonato a Santa Maria del Giglio a Venezia, palazzo poi trasformato in un hotel ancora in attività.

Non fu difficile alle autorità giudiziarie veneziane ricostruire l’accaduto ed il movente, infatti, il conte Kamarowskij non morì subito e indirizzò le indagini degli inquirenti prima di passare ad altra vita; nondimeno l’omicida aveva agito a volto scoperto ed era stato riconosciuto.

Fu subito arrestato il giovane Naumov, che aveva tentato la fuga in treno e poco tempo dopo anche la contessa Tarnowska, che si era intanto recata a Vienna, fu arrestata nella capitale austriaca e portata in Italia, nelle carceri veneziane della Giudecca.

Il processo iniziò innanzi alla corte d’Assise di Venezia nel marzo del 1910 e terminò con la condanna degli imputati, la contessa, difesa da uno dei più noti penalisti dell’epoca, l’avvocato  Francesco Vecchini, fu condannata a soli otto anni di reclusione.

Del processo, chiamato dai media L’affare dei Russi ne parlarono tutti i più importanti quotidiani e periodici nazionali ed il noto artista Achille Bertame realizzò per questo episodio una copertina della Domenica del Corriere pubblicata sul n.11 del 13-20 marzo del 1910; anche la stampa estera si interessò delle vicende giudiziarie della contessa Tarnowska e in America, addirittura il famoso New York Times dedicò un articolo a questo processo, pubblicando anche un disegno del carcere di Trani.

I penitenziari femminili in quell’epoca in Italia erano solo tre, uno a Messina, chiuso dopo il catastrofico terremoto che aveva colpito qualche tempo prima questa città, altro carcere femminile era a Perugia ed infine uno era in funzione a Trani.

Nel carcere di quest’ultima città fu destinata a scontare la sua pena la contessa; arrivò a Trani in  treno con una scorta di Reali Carabinieri; un giornale locale, Il Corriere di Trani, riporta il suo arrivo a Trani ove giunse in una vettura di seconda classe del diretto delle 8,18…  accompagnata dai carabinieri la contessa Tarnowska.

La contessa vestiva un abito da viaggio ed aveva un aspetto soddisfacente.

Con una vettura pubblicai carabinieri l’anno tradotta alla Casa di Pena.

Giunta al carcere, chiese alle monache che vi sono addette del cibo e di poter prendere riposo in letto ove fu visitata dal medico delle carceri dott. Salvatore.

Pare che nel penitenziario le faranno fatti fare lavori di ricamo, trine e merletti. 

La casa di reclusione femminile di Trani era gestita sin dal 1855 dalle suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret ed era stata trasferita verso il 1860 presso il vecchio convento dei Domenicani situato al centro della città, accanto all’omonima chiesa; questo monastero, infatti, era passato allo Stato italiano dopo l’Unità d’Italia grazie alle leggi sulla soppressione dei beni ecclesiastici.

Il suo arrivo nella città pugliese incuriosì non poco la popolazione locale, non si era mai vista un’assassina di così alto profilo; la contessa, però, sin dai primi giorni di detenzione presso il carcere femminile, si comportò da detenuta modello.

Peraltro, furono proprio le suore della Carità che dirigevano il carcere femminile di Trani, anche con l’incarico di far apprendere un’attività lavorativa alle recluse, ad insegnare alla contessa caduta in disgrazia l’arte del ricamo, esperienza che a Maria Nikolajewna sarà poi utile anche per sopravvivere dopo la sua scarcerazione.

Spenti gli echi del processo, i giornali non parlarono più delle vicende collegate all’Affare dei Russi e nessuno si interessò della contessa russa durante i suoi anni di detenzione nel carcere femminile di Trani, ove la Tarnowska passò tranquilla i suoi giorni da reclusa a confezionare panni ricamati.

Scarcerata infine nel 1915, della contessa non si hanno più molte notizie, le cronache del tempo riferiscono che si recò in treno a Parigi, ove aveva dei contatti e, ancor giovane e piacente, aveva allora solo 38 anni, si trovò un nuovo amante, un americano di professione diplomatico con cui attraversò l’oceano.

Verso il 1916 viveva nella capitale dell’Argentina, Buenos Aires, ove, messo in pratica quanto le avevano insegnato le suore della Carità a Trani, gestiva un negozio di sete pregiate, merletti e ricami e si faceva chiamare madame de Villemer, dal nome del suo nuovo amante, un ricco francese Alfred de Villemer.

Sempre in Argentina, nella cittadina di Santa Fè, dove si era trasferita dopo la morte nel 1940 del suo ultimo amante, la contessa Tarnowska morì nel 1949 e su interessamento dei parenti i suoi resti furono traslati nella tomba di famiglia in Ucraina.

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