Ottobre 1832. I naufragi a Peschici e Vieste di un brigantino della marineria di Vico Equense e di due pescherecci di Giovinazzo

by Teresa Rauzino

Fra gli  “Atti di morte per le persone defunte fuori domicilio”, al  numero d’ordine 5 di Sannicandro Garganico (distretto di San Severo provincia di Capitanata), colpisce un documento, pubblicato sul sito antenati.it, e portato alla mia attenzione da Andrea Di Monte.

Il 16 novembre 1832  alle ore 15, Emanuele Zaccagnino, secondo eletto con funzione di Sindaco e Uffiziale dello stato civile del Comune  ricevette copia certificata dal Segretario di Stato Ministro di un atto di morte del seguente tenore:

Naufragato nel prossimo passato mese di ottobre, e proprio nella notte del quattordeci, il Brigantino del Capitano Giosué Guida, di Vico Equense, che da Napoli velgiava (veleggiava) pel Vasto Aimone, nelle acque di Peschici, del cui equipagio,

morì un sol Fanciullo di nome Antonino Capozzi, figlio di Ciro, ignorandosene la Patria.

Il suo cadavere venne balzato dalle onde nel lido di questo Comune di Sannicandro, e proprio presso la Regia Torre di Calarossa, ove noi ci siamo trasferiti per la ricognizione del cadavere, dell’età apparente di circa anni quattordeci, in presenza di Nazzario Chella, giurato di San Nicandro, figlio del fu Nicola, d’anni trentaquattro, e di Rocco Figliola di Nicola, d’anni trentacinque, guardia doganale di questo Comune di Sannicandro ed  atterrato  il cadavere, nel lido del mare, ove le onde il predetto cadavere aveano balzato, abbiamo firmato il presente atto, che abbiamo inscritto sopra i due registri e data lettura ai dichiaranti, e si è segnato da noi, all’infuori dei testimoni, avendo dichiarato di non saper scrivere”.

Seguono la firma di Emanuele Zaccagnino e i detti segni di Croce.

Sollecitata da Andrea Di Monte, ho effettuato un’ulteriore ricerca sui giornali digitalizzati da  “Google libri”, che hanno svelato i particolari del naufragio.

Martedì 6 novembre 1832,

il “Giornale del Regno delle due Sicilie” (volume 2, numero 254, lo pagina 1049), tra le notizie interne,  pubblicò una corrispondenza da Napoli datata 6 novembre 1832, che descrive le modalità di due naufragi avvenuti in Adriatico, precisamente nei pressi di Peschici e Vieste:

il mese precedente, un “brigantino” guidato dal capitano Giosuè Guida, di Vico Equense, che da Napoli veleggiava per Vasto, fu sorpreso da un’improvvisa  tempesta nelle acque di Peschici. Violentemente sbattuto dal fortunale, lo scafo “andò a rompersi a piè dell’alta rupe di Montepucci nella sponda marittima della Provincia di Capitanata”. L’equipaggio, composto da tredici marinai, riuscì a salvarsi, eccetto un “fanciullo di circa 10 anni” che morì nel naufragio.

La descrizione della condizione dei superstiti, approdati su quegli scogli, è a tratti drammatica:   “Non eravi altro mezzo per giungere in luoghi abitati ove potessero ottener soccorsi, che il sormontar quella rupe scoscesa: in altra guisa le loro grida lamentevoli non sarebbero neppure pervenute ad orecchio d’uomo.  Fatti però industriosi dalla necessità, essi si valsero degli stessi avanzi del naufragio, di antenne e di corde, e gli altri frantumi della barca per poter meglio inerpicarsi sul dorso sdrucciolevole della roccia, e tanto fecero che otto di essi, i più robusti, pervennero sino al sommo della stessa, ed accolti dagli umanissimi abitanti di quelle adiacenze, vennero ristorati dalle pene delle fatiche sostenute”.

Gli altri quattro superstiti che non erano riusciti a scalare la rupe, si erano rifugiati nella grotta “che non molto lungi dal livello del mare si profonda in quel sasso”.

Quando la notizia del naufragio si diffuse per Peschici, la popolazione si spese in una generosa gara di solidarietà: in attesa di trarli salvi, da quel luogo, “si somministravano alimenti a quelli infelici con delle corde che calavasi dall’alto fino alla caverna”.

Le condizioni del mare erano davvero proibitive se “quasi in pari tempo sotto gli scogli di Viesti nella provincia stessa, avvenne altro naufragio di due barche pescarecce della Marina di Giovinazzo”. Gli equipaggi scampati alla morte ebbero altresì “la fortuna di salvare il denaro e gli attrezzi d’ambo le barche, e di una di esse anche l’intero scafo, mercé l’efficace assistenza prestata a loro da quella popolazione, che per i suoi sforzi generosi merita in questo conto ogni elogio”. Il cronista chiude il reportage precisando che “L’umanità in tutti i descritti i casi non fu mai scompagnata dalle precauzioni sanitarie, che vennero rigorosamente osservate”.

La notizia dei due naufragi e della gara solidale dei “garganici” era talmente particolare che fu ripresa dalla  “Gazzetta di Milano” e dalla “Gazzetta privilegiata di Milano” (1832).

Del “naufragio di un brigantino sulla spiaggia di Peschici” ho infine trovato traccia nell’inventario dell’ Archivio di Foggia, fondo Intendenza Governo e Prefettura,  Atti di Polizia serie prima, anno 1834, fascio 397, fascicolo 3275. Mi riservo di consultarlo, per apprendere nuovi particolari sul caso.

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