Quando Padre Pio salvò dal suicidio il generale Cadorna

by Fabrizio Simone

Il generale Luigi Cadorna è il principale artefice della disfatta subita dall’esercito italiano a Caporetto (ottobre-novembre 1917) contro l’esercito austro-ungarico e quello tedesco.

Il giornalista Alfio Caruso ci fornisce un bilancio complessivo particolarmente esaustivo: “lo sfondamento di Caporetto costa in due settimane al Regio esercito 11.600 morti, 30.000 feriti, 265.000 prigionieri, 3200 cannoni (su poco più di 6000), 1700 bombarde (su 2500), 3000 mitragliatrici, 2000 pistole mitragliatrici, 300.000 fucili, 73.000 quadrupedi, 1600 autocarri, 150 aerei, 1.500.000 proiettili d’artiglieria. Si aggiungono 400.000 sbandati (140.000 fanti, 100.000 artiglieri, 25.000 genieri, 35.000 delle altri armi) recuperati nei mesi successivi e 25.000 disertori. Complessivamente a novembre è fuori gioco quasi la metà dell’esercito (750.000 uomini su 1.850.000). A pagare il conto più salato la 2a armata: 106.000 perdite. Il numero non eccessivo dei morti, per di più patiti dopo il 25 ottobre, conferma che a Caporetto molti non hanno combattuto preferendo arrendersi o svignarsela”.

Il 30 ottobre 1917 Vittorio Emanuele III sceglie per il popolo italiano un nuovo Presidente del Consiglio: Paolo Boselli, colpevole di aver sostenuto tenacemente le strategie fallimentari di Luigi Cadorna, viene sostituito dal palermitano Vittorio Emanuele Orlando, professore di diritto in vari atenei italiani. Tutti puntano il dito contro Cadorna per la sua gestione disastrosa, ma il sessantasettenne militare continua a sperare che la guerra sul Piave e sul Grappa termini seguendo le sue indicazioni. Probabilmente viene tratto in inganno dal telegramma inviato da Orlando: «Tengo in via personale a riconfermarle tutta la mia fede, che si collega con l’ammirazione e la simpatia onde io ho sempre accompagnato l’opera che l’Eccellenza Vostra svolge superando così gravi difficoltà col vigore dell’animo e l’altezza della mente». Contro Cadorna si schierano anche i comandanti degli eserciti francese e inglese, i generali Foch e Robertson, i quali non si fidano del suo piano. A loro il generale italiano chiede di inviare un contingente franco-inglese per supportare le nostre truppe nello scontro finale. I due acconsentono, ma ad una condizione: sarà Foch a guidarli.

Ma Orlando, continuamente pressato dagli alleati inglesi e francesi, ha già individuato il sostituto di Cadorna. Si tratta di un semisconosciuto generale, il napoletano Armando Diaz, responsabile del XXIII corpo d’armata (3a armata), scelto durante la  conferenza di Rapallo (6-7 novembre). Il giorno successivo Orlando comunica a Cadorna il uso nuovo incarico senza menzionare il suo successore: Cadorna rappresenterà l’Italia al consiglio bellico interalleato con sede a Versailles ed eviterà ancora il pensionamento. La notte del 9 novembre Cadorna, stupito per le critiche ricevute (credeva che gli errori fossero da attribuire ai suoi sottoposti) e per la repentina sostituzione, decide di mettere fine alla sua vita.

L’ex comandante supremo dell’esercito italiano si trova a Treviso, presso Palazzo Zara, quando posiziona la rivoltella sulla scrivania e si accinge a scrivere le sue ultime volontà. Fuori diluvia e la depressione sembra prendere il sopravvento. All’improvviso, però, un forte odore di rose e di viole avvolge la stanza, preludio di una visita memorabile: un frate cappuccino trentenne, con tanto di tonaca nera e barba, fa il suo ingresso sotto lo sguardo stupito del militare. Conversazione fulminea: poche parole, un abbraccio e l’idea del suicidio abbandona Cadorna. Una frase in particolare sopravvive nella memoria di Cadorna: “Suvvia, generale, non fate questa sciocchezza! C’è l’inferno per i suicidi!”.

Quel frate è Padre Pio, che nessuna sentinella (armata) ha visto passare ed entrare. Semplice: Padre Pio aveva il dono della bilocazione (riusciva ad essere in più luoghi nello stesso momento) e in quei giorni era degente presso l’ospedale militare di Napoli (il giovane frate fu arruolato per combattere nella prima militare ma la tisi gli evitò gli orrori della trincea). Apparizione intensa e brevissima: il tempo di mettere la rivoltella nel fodero e Padre Pio non c’è più. Sparito nel nulla.

Nel 1920 Cadorna legge un quotidiano e vede una foto di Padre Pio, guaritore sincero e prodigioso. Subito riconosce quel frate e decide di recarsi personalmente in provincia di Foggia. In abiti civili e in incognito, ovviamente. Giunto presso il convento di Santa Maria delle Grazie di San Giovanni Rotondo, il cattolicissimo Cadorna ottiene dal padre guardiano un rapidissimo incontro con Padre Pio: potrà avvicinarsi al celebre frate vedendolo passare per la messa pomeridiana. Cadorna freme per l’attesa. Vede dinanzi ai suoi occhi una lunga colonna di uomini col saio, ma distingue facilmente chi gli ha salvato la vita. Una sola la frase rivolta da Padre Pio al suo visitatore: “Mio caro generale, quella notte l’abbiamo scampata bella! Che ne dite?”.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.