Quelle misteriose lettere massoniche

by Carmine de Leo

A partire dagli ultimi anni del Settecento, i rivoluzionari della sfortunata Repubblica Napoletana del 1798 serbarono i loro aneliti di libertà nel segreto delle sette massoniche e poi carbonare.

Queste segrete associazioni fiorirono ben presto un po’ in tutta la penisola italiana ed anche nell’antico Regno di Napoli, territorio in cui assistettero ad uno notevole sviluppo raccogliendo tra le loro file soprattutto quei numerosi patrioti che contribuiranno negli anni successivi a scrivere la storia del nostro risorgimento.

Le gendarmerie reazionarie di tutta la penisola italiana ebbero un gran da fare ad infiltrarsi in incognito in queste sette carbonare, a pedinare patrioti, arrestare e sequestrare la loro corrispondenza e vigilare sempre sui loro spostamenti; per la polizia borbonica ogni piccolo indizio, ogni piccolo sospetto, rappresentava un concreto pericolo per il governo.

Un’attività, insomma, di tutto rispetto che produsse di fatto centinaia di schedari, procedimenti e relazioni e rapporti riservati degli organi di polizia su questo o quel soggetto sospettato di far parte e partecipar attivamente ad una o più associazioni segrete che tramavano contro il governo borbonico.

Nonostante questo clima di caccia alle streghe, i liberali continuarono ad associarsi segretamente nelle diverse e numerose sette carbonare sparse per tutte le regioni del Regno per discutere su come indirizzare il loro impegno per ottenere dai governi reazionari dell’Ottocento quei miglioramenti che avevano il sapore di libertà.

Il sospetto e la dilazione regnavano quindi sovrani in tutte le città d’Italia e nello stato allora più vasto territorialmente della penisola italiana, il Regno di Napoli, nella regione Puglia, precisamente nella città di Foggia, erano fiorenti numerose sette carbonare, puntualmente perseguite severamente dalla gendarmeria borbonica, attenta anche ad ostacolare la creazione e la diffusione sul territorio di eventuali  logge massoniche.

Proprio presso l’Archivio di Stato di Foggia, infatti, in un particolare fondo documentario, quello dedicato appunto alle Carte di Polizia si conservano numerosi rapporti della gendarmeria del tempo su controlli a locande, osterie, luoghi di riunione, cittadini sospetti, signori di passaggio e non mancano neppure numerosi fascicoli aperti in seguito a semplici esposti anonimi pervenuti per posta alla polizia, oltre a delazioni varie.

Numeroso è di conseguenza anche il materiale documentario sequestrato in occasione dei frequenti arresti effettuati in tutta la provincia  di Foggia con l’accusa di cospirazione contro il Governo del Re.

Tra migliaia di vecchie carte ingiallite dal tempo, non è poi difficile ritrovare molte curiosità storiche, documenti che l’oblio del tempo ci ha fatto dimenticare, ma che nascondono dietro le parole, i rapporti ed i fatti descritti, molte e singolari vicende rigorosamente vere. 

Già citate in uno studio di fine Ottocento da Gemma Caso, discendente del noto carbonaro foggiano capo della setta segreta del Filo elettrico, una serie di lettere massoniche così definite nei rapporti della polizia borbonica del tempo, si conservano nel fascicolo di un detenuto accusato del reati di cospirazione contro il Governo.

Il soggetto in questione,  ristretto presso le oscure prigioni del Tribunale della Regia Dogana di Foggia, si chiamava Napoleone Montanari, dalle carte a noi giunte lo stesso risulta già militante nell’esercito del generale Gioacchino Murat, cognato di Napoleone che fu per alcuni anni anche re di Napoli.  

Questo detenuto, singolare personaggio, che si faceva chiamare Napoleone Innocenzi, si aggirava per le numerose province del regno e, proveniente da Napoli era in viaggio nelle Puglie quando fu arrestato dalla Gendarmeria borbonica vestito da mendicante mentre promulgava invettive contro il governo.

Arrestato e processato verso il 1819,  nell’occasione gli furono anche sequestrate una serie di lettere indirizzate a varie personalità autorevoli dell’epoca, tutte considerate aderenti alla massoneria, oppure alla carboneria, come: Marcantonio Doria, principe di Melfi, il marchese di Capo d’Istria, lo stesso Napoleone Bonaparte e sua moglie l’arciduchessa Maria Luisa, divenuta duchessa di Parma dopo l’esilio a Sant’Elena del marito.

In particolare, queste lettere recano anche ai bordi del testo alcuni simboli non meglio identificati, considerati subito dalla polizia dei messaggi cifrati.

Dalla lettura degli atti del processo a carico del Montanari si apprende che lo stesso in uno dei vari interrogatori che subì, affermò che alcuni simboli da lui tracciati su queste lettere erano comuni al gergo massonico.

Nelle missive indirizzate dal Montanari alla duchessa di Parma, quest’ultima è indicata come professa massone che cospirava per stabilire il proprio figlio sul trono di Francia, con l’imperatore Alessandro di Russia.

Infatti, come si rileva anche da una delle lettere sequestrate conservate nella documentazione dell’Archivio di Stato, e come afferma la stessa Caso nel suo già citato studio: erano società in Francia e a Pietroburgo, dette degli Illuminati, che erano di accordo coi Carbonari di Roma, Torino, Napoli, Firenze e Bologna.

Peraltro, proprio nella città di Foggia, una scultura che riproduce  la cosiddetta piramide degli Illuminati, raffigurante una piramide con occhio ed ai lati le lettere greche di alfa ed omega, inizio e fine, si conserva ancora attualmente presso il Lapidarium del Museo Civico di Foggia, essa proviene dal monumento all’illustre  medico e massone foggiano Vincenzo Lanza.

La statua di questo valente medico è oggi posizionata nei giardini pubblici della città  Foggia, ma un tempo, insieme a coppie di questa singolare scultura a forma di piramide, il monumento al Lanza si ergeva nell’attuale piazza Umberto Giordano, già chiamata Largo di Gesù e Maria.

Napoleone Montanari, comunque, dopo i vari interrogatori cui era stato sottoposto dalla gendarmeria borbonica, ritenuta anche la bassa appartenenza sociale del soggetto e la miseria in cui viveva come mendicante, fu infine considerato dai giudici un povero squilibrato, seppur millantatore, che si spacciava per massone e carbonaro, lasciando in tal modo un alone di mistero sulle sue lettere massoniche!

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