Tradizione, artigianato e fede, le speranze per l’arte del presepe

by Fabrizio Stagnani

Per quarant’anni idraulico, impiantista, installatore. Da sempre una passione, poi diventata lavoro secondario. Neanche una riga e sono già tre gli errori. Passione, lavoro, ed addirittura secondario. L.B., volendo rimanere nell’anonimato solo le sue iniziali ci è consentito sapere, è presepista per vocazione, per fede. 

La sua bottega da sempre un riferimento per tutti gli appassionati e neofiti. Autodidatta, guidato da un istinto votivo, L. realizza, disegna e personalizza pregiate ed uniche minuterie così come grandi allestimenti. “Sono un artigiano, mosso da un sentimento, quello della fede. Altrimenti non si potrebbero fare queste cose.” 

Filosofo del presepe in quanto rappresentazione della speranza del Natale, laboriosamente si adopera, su manufatti piccoli quanto una lampadina come quelli che si sviluppano per metri, ad un fine, trasmettere.

L’ambizione è trovarsi davanti a qualcuno che osserva meravigliato la tua realizzazione. Vedere negli occhi di un bambino, di un adulto, l’estasi data dal messaggio che volevi comunicare è il massimo. Una gratificazione che va bel oltre quella economica.
Anfore, fiaschi, cestini di frutta, alberelli, scalinate, porte, complementi d’arredo, stoviglie, tutte minuziosamente e realisticamente riprodotte in scala. Si potrebbe parlare di ricerca, ma l’autore preferisce associarci la parola “pazienza”, quella necessaria per tradurre un pensiero in oggetti. Per le materie prime ci si affida a quelli naturali, come il sughero, la carta e vari tipi di legni.

Arduo evitare il paragone con le cineserie dozzinali proposte dalla grande distribuzione o dagli e-commerce più cheap. “Quella è mercificazione! – aprendo un’antina scorrevole del negozio, preleva una statuina raffigurante una pastorella di media grandezza – Questa, come tutte le altre qui, sono prodotte da un’azienda italiana, con la quale collaboriamo da anni. Sono tutte rifinite a mano. Si, costano qualcosa di più, ma ci ritrovi un viso, non un qualcosa che ti spaventa. Guardare una di queste statue equivale a guardare una persona, non un fantoccio.” 

Sono lontani i tempi dei presepi delle nostre nonne, quelli con lo specchietto tondo del bagno usato come laghetto per le paperelle, magari imperfettamente, ma amorevolmente, fatto con due buoi e tre asinelli, avanzati o riacquistati per sbaglio, quasi a voler dare più calore al protagonista della scena. Ora, per legge, il presepe è equiparato ad un giocattolo, ed in quanto tale deve rispettare delle normative.

Nel negozio di B., lui stesso non lo nega, anzi, è possibile acquistare anche alcuni articoli di produzione asiatica, soprattutto illuminazioni e componenti accessori, ma è imprescindibile che abbiano il marchio di garanzia europeo. “Non si può avere la presunzione di fare tutto e farlo bene!“, afferma, come a voler avvalorare il suo di lavoro, lasciando spazio anche a prodotti, decisamente meno artistici.

Della coraggiosa ed imperturbabile presunzione, se la si vuol chiamare così e non semplicemente gusto, invece la si ritrova nel non apprezzare i presepi napoletani quanto quelli pugliesi. Sia in quelli dalle connotazioni storiche che popolari, sottolinea la maggiore cura e dedizione, dalle grotticine alle nicchiette meglio decorate sin nei dettagli più minuti. Mentre di quelli campani riconosce il loro essere principalmente d’impatto, molto colorati e scenografici.   
Insomma se per legge lo è, per uno degli ultimi veri cultori, il presepe invece non può essere considerato un gioco. Fosse per lui andrebbe esposto, non in luoghi commerciali, mercatini ed affini, ma solo in posti sacri, oltre che nelle case di tutti.

L’unico rammarico di B. è proprio da qui che nasce e cresce negli ultimi anni: “Si dà sempre meno spazio nelle case al presepe. Vengono preferite ormai le decorazioni, ispirate spesso anche ad immaginari non nostri, vedi lo Schiaccianoci. Ma il Natale è il presepe, è l’attenzione all’attesa per la nascita del bambinello. – ortodosso sottolinea – Dall’immacolata alla Candelora. Novembre è per celebrare i morti. Vedere addobbi prima non fa altro che commercializzare e diluire la tradizione. – e rincara la dose – Spesso si preferisce fare l’albero. Il presepe viene letto come qualcosa che deve dare meno intralcio possibile, si fa per farlo. Chi mi delude di più spesso sono proprio le generazioni mature, distaccate, superficiali.” 

Considerato tutto questo, e l’annata a dir poco singolare, le prossime festività non saranno facili, forse quanto meno incantate. Ma, imperturbabile L.B. da persona che ha stagliati nella memoria giorni antichi, semplici e ricchi, passati ad appendere manderini agli alberi in casa, a far crescere l’amore per i presepi, commenta: “Il Natale è speranza, ed io spero che questo periodo passi presto.” 
Domanda spin off. Che fa un presepista tutto il resto dell’anno? Semplice. Lavora, si prepara, all’arrivo del prossimo Natale.

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