Un’ inedita descrizione di Foggia negli anni Trenta della giornalista Amalia Bordiga

by Carmine de Leo

“Grandi occhi neri, meridionali, segnati nella chiara luce, dall’ombra lieve di un lapis discreto, le labbra vivide di un sapiente bastoncello rosso: profili eleganti… ” questa la bellissima descrizione che la giornalista partenopea Amalia Bordiga fa delle donne di Foggia!

Molte sono state nei secoli passati le descrizioni della Puglia e delle sue città da parte di viaggiatori più o meno occasionali che si spingevano fino alle regioni del sud dell’Italia

A volte si è trattato di stranieri, soprattutto uomini, che, nell’ambito del loro gran tour nell’Italia Meridionale, sono rimasti affascinati dalla nostra terra.

Appaiono invece rare le viaggiatrici in rosa, una di queste è stata la giornalista di famiglia settentrionale, ma trapiantata a Napoli, Amalia Bordiga.

Collaboratrice soprattutto del giornale partenopeo Il Mattino Illustrato e di altre importanti testate giornalistiche come Il Corriere della Sera ed il Giornale, fu un’attenta ed appassionata descrittrice del Meridione.

La Bordiga era nata a Portici il 26 ottobre del 1890, dove il padre Oreste, famoso studioso di scienze agrarie, si era trasferito dalla natia Toscana per insegnare alla Scuola Superiore di Agricoltura di questa cittadina campana.

Nei primi anni Venti del secolo scorso la Bordiga iniziò a pubblicare i suoi primi articoli sul Corriere della Sera e, già una decina di anni dopo, era diventata ormai un’affermata cronista di storia e viaggi culturali, oltre che di biografie di personaggi storici femminili, come Lucrezia Borgia ed altre importanti figure femminili della storia italiana.

Non tralasciava, però, anche di scrivere articoli di critica teatrale e cinematografica, settore che in quegli anni rappresentava una novità nel campo dello spettacolo.

Fu anche una non disprezzabile traduttrice di opere letterarie inglesi in lingua italiana, come il noto romanzo dell’avvocato e narratore britannico Thomas Hughes Tom Brown’s School Days, pubblicato in Italia con il titolo: Gli anni di scuola.

Nel 1933, la Bordiga partecipò ad un concorso per un saggio storico bandito dalla nota rivista Nuova Antologia nel 1933 ed in questa occasione, sarà anche segnalata dalla giuria del premio per il suo studio su un importante personaggio storico dell’antico Regno di Napoli: Maria Carolina d’Austria Regina delle Due Sicilie, personaggio importante della storia meridionale.

Brillante giornalista, la Bordiga scrisse anche vari ed apprezzati libri per ragazzi, ma ci piace ricordarla per la descrizione delle donne pugliesi, in particolare, per le parole spese a tratteggiare le donne della città di Foggia negli anni Trenta del Novecento.

Questa descrizione fu pubblicata sotto il titolo di: Vagabondaggi meridionali da Napoli a Foggia nel numero del 20 marzo del 1933 del periodico locale: Il Popolo Nuovo – Il Foglietto.

La giornalista del Mattino era stata a Foggia circa un mese prima per tenere una conferenza presso il Circolo Daunia sulle: Figure femminili dell’Orlando Furioso.

Questo incontro culturale fu tenuto dalla Bordiga la sera del 20 febbraio del 1933, raccogliendo, come narrano le cronache dell’epoca,  un grande entusiasmo tra i  partecipanti.

Rimasta impressionata dal viaggio in treno da Napoli a Foggia e dalla visita a questa città, la Bordiga tradusse le sue impressioni in una prosa vivida, che tratteggia, quasi fotografa, una città, quella di Foggia in cui la descrizione delle donne è forse la più bella ed interessante, quasi un disegno della bellezza femminile di questo importante centro pugliese.

Ecco cosa scrisse la Bordiga sul periodico Il Popolo Nuovo – Il Foglietto:

Nascosta nel verde, Foggia si annunzia col suo campanile bianco… 

Monumenti, statue, cinema, donne sole in vesti succinte, il piccolo basco calato sull’orecchio, sulle chiome brevi e ondulate, la sciarpa di pelliccia legata con negligenza sotto la gola, grandi occhi neri, meridionali, segnati nella chiara luce, dall’ombra lieve di un lapis discreto, le labbra vivide di un sapiente bastoncello rosso.

Profili eleganti, vivaci, intravisti dietro il cristallo di una vettura, nel pronao di una chiesa romanica o settecentesca.

Automobili che saettano strombettando; il vigile che guantato e rigido, leva il bastone bianco, a regolare la circolazione.

Caffé affollati, bar lucidi di complicati apparecchi di metallo, come in una sala di operazioni; uomini senza cappello; alto-parlanti che annunziano l’ultima vittoria sportiva.

Chioschi con giornali di tutto il mondo; alberghi con acque correnti; parrucchieri da signora; vetrine colme di preziose inutilità femminili e gli ultimi cosmetici, e i fiori più belli…

Nel silenzio amico di una piccola piazza, la sagoma netta di un pozzo, il solco della fune sulla pietra liscia, i grossi ferri ad ansa battuti e lisci, la carrucola rugginosa.

Un che di romantico e dimenticato, una pace lontana ed idilliaca, così estranea dal mondo rombante delle arterie principali…

E l’arco murato, offeso da un piccolo balcone, di quello che fu il palazzo di Federico II…

La chiesa di Santa Maria delle Croci, così originale con la fuga delle piccole cappelle a cupola tonda, calde di ocra e di sole.

Rivedendo nel Museo frammenti di sculture greche, e quadri dell’800, si rivive in un’ora tutta la storia d’Italia: da Federico II lo Svevo, auspice ambizioso dell’Unità della penisola…fino alla ritrovata ed imperitura indipendenza nostra.

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