I soliti ignoti e la nascita della commedia all’italiana

by Daniela Tonti

I soliti ignoti ebbe un grande successo di pubblico e critica che modificò radicalmente sia l’immagine del regista che quella degli sceneggiatore Age e Scarpelli fino ad allora snobbati come autori di film di genere. Il film uscì nelle sale il 2 ottobre 1958 e fu anticipato da slogan che misero l’accento principalmente sul lato comico “preparatevi a ridere senza sosta per due ore”.

Incassò più di un miliardo di lire e il suo enorme successo dimostra che il pubblico era pronto a gradire una commedia un po’ meno brillante e un po’ più amara rispetto a quelle viste sino a quel momento.

E anche la critica sembra accorgersi che qualcosa è cambiato.

La linea è quella del prodotto medio adatto non solo all’Italia industriale e unificata ma anche all’esportazione: il modello è quello del cinema americano anni ’50 aperto alle problematiche sociali.

Per il cinema i tempi rassicuranti dell’idillio e la parabola del neorealismo rosa vanno sfumando. Le preoccupazioni, le ambizioni e le inquietudini che agitano le coscienze aprono al cinema satirico possibilità inedite e il cinema si sforzerà di adeguarsi all’occasione storica.

L’apporto più importante viene dal film di Mario Monicelli.

Da molti considerato il punto di partenza della commedia all’italiana, I soliti ignoti contiene tutti gli elementi che saranno le fondamenta di questo genere fortunato. La scomparsa del lieto fine per far posto a un finale tragicomico, l’inter-regionalizzazione dei personaggi, la critica di certa omologazione culturale e sociale che si imponeva in quegli anni alla soglia del boom economico, i nuovi miti del denaro, del successo e del consumismo.

Mentre scorrono i titoli di testa i personaggi fanno la loro prima apparizione in uno scenario urbano squallido e periferico tentando il furto di un’automobile. Cosimo (Memmo Carotenuto) è alle prese con l’antifurto, Capannelle (Carlo Pisacane) fa da palo fino all’arrivo della madama. La scena successiva, la ricerca della “pecora” disposta ad andare in prigione al posto di Cosimo è una discesa nei quartieri periferici che ci fa conoscere uno dopo l’altro i protagonisti del piccolo gruppo di imbranati pasticcioni, segnati dalla precarietà della situazione familiare e dall’incapacità di essere disonesti fino in fondo.

Una discesa resa ancora più moderna della fotografia di Gianni Di Venanzo, dalla scenografia di Piero Gherardi che mette in scena una Roma sciatta, povera e meschina e dalla musica jazz di Piero Umiliani.

Il film deve il suo successo anche alla scelta di un cast straordinario. La sgangherata banda è formata da Marcello Mastroianni, Memmo Carotenuto, Carlo Pisacane, Tibero Murgia, Renato Salvatori, Carla Gravina con la partecipazione straordinaria di Totò. A Monicelli si deve inoltre l’invenzione di Vittorio Gassmann “attore comico”. È parte della storia del film la battaglia intrapresa dal regista per imporre l’attore al produttore Cristaldi e vincere le resistenze degli stessi sceneggiatori che non credevano fosse una buona idea affidare un ruolo comico a un attore che aveva sempre recitato in film drammatici.

La scommessa di Monicelli sarà vincente e per questo l’attore dichiarerà sempre un debito nei confronti del regista. Nei soliti ignoti è Peppe er Pantera un pugile di periferia a capo della banda che sogna di arricchirsi realizzando un colpo “scientifico” che consiste nello svaligiare il Monte di Pietà.

Peppe er Pantera è il primo di una galleria di personaggi della commedia all’italiana interpretati da Vittorio Gassman che andranno a definire il ritratto dell’italiano alle prese con i cambiamenti sociali e in seguito protagonista allucinato del boom economico fino a diventare il volto cinico dei nuovi borghesi cinici e sbruffoni.

I soliti ignoti è anche il primo film comico dove compare la morte come osservò Pietro Germi. Mario Monicelli è stato definito “un gran maestro dei funerali” perché il suo cinema è disseminato di cadaveri, veglie, bare, cortei funebri e cimiteri” e lo spettro della morte si aggira ovunque pronto a colpire insensatamente, contro ogni logica e “sempre nel momento meno opportuno”.

 «La morte è comica, non ha quasi nulla di eroico » disse il regista.

Il funerale di Cosimo, girato sotto una pioggia battente, segna non solo l’esito tragico tipico del cinema noir ma è anche un memento mori che spinge inconsciamente i componenti della banda a commettere ogni sorta di errori come se fosse preferibile continuare a fare gli equilibristi e immaginare obiettivi irraggiungibili che rischiare il cambiamento e sfidare la morte.

I soliti ignoti deve molto al cinema del colpo grosso o heist/caper come è stato definito dalla critica anglosassone, considerato un sotto genere del noir e del gangster. Caratterizzati da un’ambientazione urbana questi film mostrano un’umanità che vive ai margini della società e si distinguono per l’attenzione maniacale con cui il piano criminale viene studiato nelle sue diverse fasi.

Monicelli rovescia il genere e ne fa una commedia. Fino ad allora il far sorridere non era ritenuta una cosa seria. Uno dei primi a percepire che l’ironia anche al cinema avrebbe aiutato a far comprendere il dramma fu Sergio Amidei. Il passo successivo fu l’ideazione di una storia che doveva far ridere attraverso gag e trovate esilaranti ricorrendo al comico per riflettere la coscienza di un mondo non più ordinario ma frantumato, in cui non esistono più prospettive privilegiate ma solo ambiguità e contraddizioni. L’arte del comico che permette di guardare la realtà da prospettive inedite e stranianti.

La stampa italiana lo accoglie in maniera positiva mettendo in evidenza il copione fertile, l’abile regia, il ritmo serrato, la fotografia e l’interpretazione perfetta ma soprattutto la comicità.

La miseria, la fame atavica, la morte, l’impossibilità di crescere bambini in maniera decente, l’intero schema narrativo de I soliti ignoti potrebbe essere raccontato in maniera drammatica. L’umorismo nasce dalla situazione: da un lato la pretesa scientificità del colpo, dall’altro l’assoluta imperizia dei componenti della banda, tutta brava gente in fin dei conti che non ha la vocazione al furto. La trama comica si regge sulla sconfessione continua dei protagonisti, tesa a mettere a nudo la loro illusoria possibilità di successo e rivela una sostanziale incapacità del soggetto di realizzare i propri propositi e progetti, troppo più grandi delle sue capacità.

Sarà l’attaccamento alla famiglia di fatto a impedire la riuscita del “colpo”. Mastroianni che deve badare al bambino perché la moglie è in carcere per contrabbando di sigarette, Salvatori che non vuole deludere le sue “tre mamme”, Gasmmann che non vuol far cadere la responsabilità del furto sulla cameriera.

Il pubblico si riconosce immediatamente nella rappresentazione caricaturale decretando I soliti ignoti uno straordinario successo. Senza considerare la candidatura all’oscar come miglior film straniero, due sequel, numerosi remake e un musical che continuano a riconoscerne la singolarità nel panorama internazionale.

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