“Roma”, la dichiarazione d’amore di Federico Fellini alla città eterna

by Marianna Dell'Aquila

Il 20 gennaio 2020 Federico Fellini avrebbe compiuto 100 anni e ancora oggi, a più di 20 anni dalla sua scomparsa, è in assoluto uno dei registi più importanti della cinematografia mondiale. Fellini è morto a Roma nel 1993, lasciando un’eredità immensa di cinema, arte e creatività in grado di ispirare artisti di ogni generazione. Di lui quindi non si smetterà mai di parlare e studiosi e critici continueranno ad analizzare le sue opere cercando in esse qualche nuovo significato o reinterpretazione.

E’ proprio per l’immensità della sua arte che quando si riflette sull’opera che più ci è piaciuta o che semplicemente ci ricordiamo è sempre molto complicato. Mi capita spesso di pensare a La dolce vita o al Casanova di Federico Fellini, ad Amarcord o E la nave va ma ammetto che molti di questi film restano per me delle straordinarie opere cinematografiche, ma a pensarci bene quello che mi è sempre piaciuto di più di Fellini è il rapporto con Roma, la città che il cineasta di Rimini amava paragonare ad una grande madre. Una madre con la quale aveva instaurato un rapporto complesso e profondo (proprio come tra una madre e un figlio), quello stesso rapporto che tante volte ha raccontato in  film come Roma.

Uscito nel 1972 e premiato al 25° festival di Cannes, Roma è forse il film che racconta meglio la visione che Federico Fellini aveva di questa città. Aveva 19 anni quando Fellini arrivò il treno da Rimini, la città in cui era nato a alla quale avrebbe invece dedicato Amarcord. Doveva studiare Giurisprudenza all’università, ma la sua vera grande passione era il disegno e per questo incominciò a lavorare come caricaturista per la rivista satirica Marc’Aurelio  fondata nel 1931 da Oberdan Catone e Vito De Bellis. Federico Fellini avrebbe lavorato per loro fino al 1942 realizzando le celebri Storielle di Federico, strisce disegnate che già contenevano le prime caratteristiche di quella visione della vita, insieme un po’ poetica e un po’ ironica, che avrebbe caratterizzato tutta la sua arte.

Le vignette realizzate in quel periodo, dalla fortissima impronta autobiografica, già raccontavano quello che Fellini avrebbe poi approfondito nei suoi film, tanto che alcune scene di Roma erano già state raccontate dal maestro nelle sue strisce. La pellicola del ’72 infatti racconta la storia di un giovane di provincia arrivato nella Capitale dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il suo incontro con la città, appena sceso dal treno alla stazione Termini, è subito quello di un enorme affresco caotico e un po’ grottesco popolato da una moltitudine di volti e voci chiassose. Federico Fellini fa il ritratto di una città contraddittoria e grottesca che passa dalla povertà degli anni ’30 alle mode e i colori degli anni ’60 e ’70. Roma è una miscela di immaginazione e documentario in cui racconto è volutamente strutturato per sequenze disconnesse tra di loro. Sono dei veri e propri quadri davanti ai quali lo sguardo dello spettatore scorre come se si stesse muovendo dinanzi alle pareti di una galleria d’arte. E mentre noi da spettatori osserviamo questi quadri, vediamo prendere forma e armonia il ritratto di un caos eterogeneo a cui il montaggio di Ruggero Mastroianni, la fotografia di Giuseppe Rotunno (grazie al quale alcuni punti di colore sembrano tocchi di vernice dati con un pennello sulla tela) e i costumi di Danilo Donati (che con questo film vinse nel ‘73 il Nastro d’argento nelle categorie Miglior Scenografia e Migliori Costumi)  riescono a dare un corpo visivo unico nel suo genere.

Roma vista da Federico Fellini è la città dalle mille voci, dalla grande bellezza che cela profonde contraddizioni, dal popolo bonaccione e diffidente. Una visione che, nella pellicola del ’72,  trova la perfetta sintesi nel cameo con Anna Magnani (nella sua ultima apparizione sul grande schermo) in cui vediamo l’attrice passeggiare di notte a Trastevere per tornare a casa (lei in realtà abitava a palazzo Altieri nella zona di Piazza Venezia). La voce sorniona e fuori campo di Federico Fellini la assurge a simbolo della città perché lei “è come una Roma vista un po’ Lupa e un po’ vestale, aristocratica e stracciona, tetra e buffonesca”. L’attrice si ferma e, guardando verso un punto alle spalle dello spettatore, dice ironicamente “Ah Federi’ ma vai a dormi’ ”. Prima che Anna Magnani si chiuda il portone di casa, il regista la ferma un’ultima volta chiedendole se può farle una domanda, ma lei subito risponde “No, nun me fido”.

Roma è la dichiarazione d’amore di Federico Fellini per questa città. La città dalla bellezza eterna di cui però amava raccontare anche il caos e le contraddizioni, arrivando a farne un ritratto così vero e così intenso che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per attori e registi che raccontano questa città. E’ successo con La grande bellezza di Paolo Sorrentino, il film Premio Oscar nel 2014 in cui (per stessa ammissione del regista) è impossibile non scorgere ispirazioni e suggestioni felliniane non solo nella regia e nel montaggio, ma anche nella volontà di mostrare i lati più contraddittori (tra sacro e profano, tra bruttezza e bellezza, tra volgarità e poesia) di una città che si fa amare come si amerebbe la propria madre. 

Roma è quindi la dichiarazione d’amore di Federico Fellini per questa città. La città dalla bellezza eterna di cui però amava raccontare anche il caos e le contraddizioni arrivando a farne un ritratto così vero e intenso che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per attori e registi che raccontano questa città. Esattamente come è avvenuto ne La grande bellezza di Paolo Sorrentino il film Premio Oscar nel 2014 in cui è impossibile non scorgere ispirazioni e suggestioni felliniane non solo per la regia e il montaggio, ma anche per il coraggio di mostrare i lati più contraddittori (tra sacro e profano, tra bruttezza e bellezza, tra volgarità e poesia) di una città che si fa amare come si amerebbe la propria madre. 

You may also like

Leave a Comment

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.