“Amore, odio, vendetta: ci sono degli archetipi da raccontare sempre”. Intervista al regista Vincenzo Alfieri

by Luana Martino

E’ statoGli uomini d’oro”, opera seconda del giovane Vincenzo Alfieri, regista, ma anche attore e sceneggiatore, ad aprire il concorso lungometraggi del Sudestival, festival di cinema che si svolge durante l’inverno nella città di Monopoli.

Torino, 1996. Luigi il Playboy è un impiegato delle Poste deputato a guidare il furgone portavalori. Gli mancano tre mesi alla pensione, e già si vede gestire un chiringuito in Costa Rica insieme al collega e amico Luciano. Ma il ministro Dini – “uno che non l’ha eletto nessuno” – sposta dieci anni più avanti l’età pensionabile, e Luigi prende il destino nelle sue mani: rapinerà l’ufficio postale, impossessandosi dei valori che trasporta per mestiere. Alvise il Cacciatore accompagna il furgone ma deve svolgere altrui due lavori per mantenere moglie e figlia secondo un decoro borghese che non può permettersi. È lui ad avere l’idea geniale per mettere a segno il colpo grosso, e vuole una fetta della torta. Nicola il Lupo è un ex pugile che gestisce insieme ad Alvise un locale country western: anche lui entrerà a far parete dello schema criminale che dovrebbe cambiare loro la vita.

‘Gli uomini d’oro’, un noir tutto italiano, è tratto da un fatto di cronaca realmente accaduto nel torinese a metà negli anni novanta e che nella trasposizione filmica voluta da Alfieri ha come protagonisti Fabio De Lugi, Edoardo Leo e Giampaolo Morelli.

Per l’occasione Bonculture ha intervistato lo sceneggiatore, montatore e regista Vincenzo Alfieri.

Si tratta di una storia ‘incredibilmente’ vera (così come tu stesso hai sottolineato alla fine del fine del film): cosa, dunque, ti ha portato a scegliere questa tipologia di storia?

Ho deciso di partire da una storia vera italiana perché mi stimolava il dover compiere un lavoro di ricerca. Un lavoro che potesse partire o da una storia vera o da un libro e, in questo caso, avevo entrambe le cose.  Tutto è nato dal mio co-sceneggiatore che mi fece leggere un articolo di giornale che parlava di questo colpo incredibile che se ne avessero fatto un film sarebbe iniziato come ‘I soliti ignoti’ e si sarebbe concluso come ‘Le Iene’ – che tra l’altro sono due dei miei film preferiti –  e in più esisteva il libro che raccontava del processo e delle indagini svolte dalla polizia. Una ricerca accurata, dunque, durata quasi un anno, tempo nel quale abbiamo scritto la sceneggiatura. Credo che questo film mi abbia trovato e non sia stato io cercarlo: avevo in testa delle cose che, poi, si sono palesate sotto forma di articolo di giornale.

Come hai detto, tu sei, oltre al regista, co-sceneggiatore: come hanno preso forma i personaggi e l’intreccio che hai sviluppato nel film?

Nella storia vera c’erano molte più cose, per poterle raccontare tutte avrei dovuto realizzare un film di almeno tre ore o avrei dovuto scegliere di fare una serie tv. Ho comunque cercato di mantenere tutti gli elementi verosimili o meno, certo molti di essi sono stati romanzati per adeguarli al linguaggio filmico. Questo perché il mio intento non era realizzare un film d’indagine ma soffermarmi sulle motivazioni che hanno spinto i personaggi a compiere la rapina, anche per questa ragione è stata scelta la struttura in capitoli in modo da poter entrare in maniera approfondita nelle vite dei singoli personaggi. Volevo soffermarmi non tanto sull’azione che cercano di svolgere (cioè la rapina) ma di come provano a mettere in pratica il colpo e di come arrivano a progettarlo.

Riguardo questo aspetto nel film si evince una ‘universalizzazione’ delle caratteristiche dei personaggi. Sei riuscito a cogliere le dinamiche che potrebbero spingere ognuno di noi a compiere un tale gesto (la rapina in questo caso).

Beh si, ci si rispecchia in molte delle caratteristiche dei personaggi. Ad esempio Luigi (interpretato da Morelli) vorrebbe coronare il suo sogno di aprire un chiringuito in Costa Rica cosa che, negl’anni ‘90’, accomunava molte persone e oggi, pur non essendoci più questo desiderio in particolare, molti possono comprendere un personaggio ‘distrutto’ dal clima, da un luogo che non gli piace (lui è del sud e si ritrova a lavorare nell’estremo nord n.d.r.) e che vorrebbe smettere di lavorare e vivere in vacanza. Compiere una rapina, perciò, riuscirebbe a risolvere tutte queste dinamiche facilmente evitando una vita di sacrifici e di compromessi. Credo che dentro ognuno di noi, anche nelle persone più rette, almeno una volta sia emerso un pensiero del genere. Così come lo pensa Alvise (Fabio De Luigi) marito e padre di famiglia integerrimo, per non parlare del Lupo (Edoardo Leo) che sembra destinato, come ex pugile, a svolgere solo lavori miseri e violenti. Entrambi non possono che essere compresi, non si riesce a voler male neanche al personaggio del Lupo che sembra così rude ma che in realtà nasconde una tenera ingenuità.

La tua riposta precedente conferma, dunque, l’attualità della storia, dei desideri e delle azioni dei personaggi pur trattandosi di un avvenimento ambientato negl’anni ’90.

Ci sono delle tematiche che non cambieranno mai attraverso le epoche, gli anni, resteranno immutabili. Ci sono degli archetipi anche nella narrativa che restano tali come: l’amore, l’odio, la vendetta che sono imprescindibili nell’umano e vanno sempre e comunque raccontati.

Tornando alla scelta di suddividere il film in capitoli: un espediente molto funzionale che mi fa venire in mente registi come Tarantino, Iñárritu, per citarne alcuni. Sono questi i tuoi riferimenti?

Il mio primo riferimento è stato ‘Rapina a mano armata’ di Kubrick, anche se, giustamente, nel nostro immaginario collettivo c’è Tarantino che ha fatto di questo tipo di narrazione la sua cifra stilistica. Poi abbiamo Kurosawa e Iñárritu, appunto. Io, come ho detto, avevo in mente, in primis, Kubrick ma anche lo stile (in generale) del film ‘Le iene’, il lavoro di Brian De Palma e di Scorsese. Sono cresciuto con un cinema d’autore ‘commerciale’, questi sono per me grandi riferimenti e spero di poterli onorare nella mia vita da regista e di trasferire l’amore che provo per loro nel mio lavoro.

Se non integralmente un noir, Gli uomini d’oro ne ha comunque per larghi tratti le atmosfere e le cadenze. Un crime movie come scelta stilistica. E’ questo ciò che intendi perseguire come stile narrativo?

Non ho un’unica strada in mente. Creo e lavoro a quello mi crea un ‘clic’ dentro, domani, ad esempio, potrei lavorare ad un horror senza legarmi ad un genere nello specifico. La commedia, in realtà, non la amo particolarmente, la reputo più una richiesta produttiva che artistica.

 Il mio primo film ‘I peggiori’ era più una commedia con dell’action, qui invece ho inserito dei tratti di commedia per alleggerire il crime. Io, comunque, non amo molto le etichette nel senso che non ci può essere un film in cui non ci sia una commistione di generi al suo interno così come accade nei film dei grandi registi di cui ho parlato. Così come la vita non ha una trama lineare e un genere definito, mi piace che i film siano l’unione di complessità e sfaccettature.

Parlando della regia: alcuni movimenti della macchina da presa sono arditi, avvolgenti. E poi ci sono inquadrature più strette dove emergono particolari come lo sguardo dei protagonisti e le loro espressioni.

Mi piace che lo spettatore possa entrare in quello che sta succedendo. ‘Gli uomini d’oro’ è fatto per far partecipare sia me che il fruitore alla storia; io non prendo le parti di nessuno, volevo solo raccontare la storia di questi uomini cogliendo anche i loro particolari. Mi piace fare dei film in cui lo spettatore non si debba per forza sentire tranquillo ed empatizzare con i personaggi ma che capisca cosa sta accadendo e perché accade.

Per quanto riguarda, invece, il ruolo delle donne: sono decisive anche quando non si accorgono di esserlo. Sembrano quasi remissive all’inizio ma poi il loro ruolo è decisivo per l’andamento dell’intera storia.

Innanzitutto siamo negl’anni ’90 quindi in un epoca diversa. La moglie di Fabio De Luigi, per esempio, vuole rappresentare una tipica casalinga di una volta che viveva in funzione del marito ma con una gelosia incredibile che ostacolerà il rapporto con il marito. Anche il personaggio di Gina è ricco di sfaccettature, lei che sembra semplicemente una donna libertina nasconde, in realtà, una sensibilità e una forza indicibile, tanto da essere lei il vero lupo protagonista del capitolo e non il suo compagno. Ho voluto giocare con gli stereotipi per poi ribaltarli perché le donne rappresentate hanno un ruolo decisivo nell’esito della storia. Credo che le donne abbiano milioni di sfaccettature che potrebbero essere raccontate, ho provato a raccontarne qualcuna e a far emergere tratti distinti per ognuna di loro.

Per concludere: ci puoi svelare qualcosa dei tuoi nuovi progetti?

Sto lavorando ma non c’è ancora nulla di realmente concreto. Posso dire, però, che dopo aver parlato male di chi si fa giustizia da solo, di aver parlato male di chi vuole fare fortuna rubando i soldi, mi piacerebbe parlare male di chi pensa che i social siano la risposta a tutto! (sorride n.d.r.).

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