Nocturnal: al Bif&st l’esordio di Nathalie Biancheri

by Nicola Signorile

Una strana amicizia. Una morbosa ossessione. Un segreto inconfessabile. Il toccante Nocturnal di Nathalie Biancheri visto nel Panorama Internazionale del Bif&st 2020  e passato al London Film Festival 2019, racconta tutte queste cose in un colpo solo, attraverso l’incontro di due solitudini nelle notti di una cittadina costiera dello Yorkshire.

Le atmosfere sono quelle del cinema realistico britannico, quello capace di raccontare la classe operaia e i sobborghi, le notti ad alto tasso etilico e l’esanime quotidianità della provincia inglese. Pete (Cosmo Jarvis) è un imbianchino tuttofare dall’aspetto non proprio rassicurante, un trentenne che si barcamena tra fugaci amplessi e i lavoretti nelle case dei suoi clienti; Laurie (Lauren Coe) è un’adolescente inquieta, ha un rapporto conflittuale con la madre single, rea di averla strappata all’Irlanda, dove la ragazza ha trascorso l’infanzia, per andare a vivere nel paese d’origine materno. Le difficoltà di ambientamento sono molte, i compagni di scuola non facilitano le cose. La valvola di sfogo è la corsa con i duri allenamenti sulla pista d’atletica.

Quando Pete vede Laurie con sua madre (Sadie Frost) è turbato, scatta qualcosa nella sua mente. La sua presenza fisica è massiccia e inquietante, una gabbia di muscoli che si esprime nervosamente soprattutto attraverso il corpo. Si fa capire più che parlare, pronuncia mezze frasi, espressioni gergali.

La regista italiana Nathalie Biancheri, con un passato da documentarista pluripremiata in casa Bbc, qui è all’esordio nel cinema di finzione e con pochi ed essenziali accorgimenti costruisce, con l’ausilio fondamentale del direttore della fotografia polacco Michal Dymek, l’atmosfera sospesa, notturna, carica di tensione e aspettative in cui sono immersi i due protagonisti. La macchina da presa segue il duro e fragile Pete, simile nella fisicità e nel modo di usarla come scudo e mezzo di conquista ai personaggi di Matthias Schoenarts (viene in mente Un sapore di ruggine e ossa di Audiard) e Laurie, mostrandoli quasi sempre di spalle.

Il volto irregolare di Cosmo Jarvis, cantante e musicista approdato al cinema di recente con ottimi risultati soprattutto in Lady Macbeth di William Oldroyd, viene mostrato solo dopo una buona mezzora di Nocturnal. La sua rozza chiusura si contrappone alla voglia di vivere, seppure non priva di spigolature, di Laurie, bramosa di esperienze e di trovare la propria dimensione.

La prima parte del film è quella che funziona meglio, in un progressivo sciogliersi della tensione e disvelamento della natura del legame tra i due. Nathalie Biancheri centellina gli elementi chiarificatori, lasciando il pubblico nel dubbio per buona parte del film. Sin dai primi sguardi indagatori Pete sviluppa una autentica ossessione per Laurie. La segue senza nascondersi, la osserva a lungo durante gli allenamenti, fino a trovare il coraggio di invitarla a uscire. La ragazza è dapprima ritrosa (“vuoi farmi ritrovare in un sacco sulla spiaggia?”) davanti ai suoi tentativi, ma l’interesse di un uomo adulto riesce a scardinare ogni giustificato timore.

Biancheri gioca con le paure del pubblico che enumera nella propria mente le categorie in cui incasellare Pete: maniaco, stalker, pedofilo. “Perché sali sull’auto di uno sconosciuto”, viene da domandarle mentre  la madre preoccupata le dice “C’era un uomo che ti aspettava fuori casa questa mattina“. Quello che vediamo nascere e svilupparsi invece è un rapporto di tenera amicizia tra bevute, serate nei club, passeggiate sulla spiaggia e confronti a cuore aperto in contesti post-industriali.

Protagonista è la notte: è il momento in cui le cose accadono, le cose che contano davvero, sembra voler dire la regista (anche co-sceneggiatrice del film insieme a Olivia Waring). Scuola e lavoro scandiscono le ore diurne e le vite dei due protagonisti, poi la cittadina costiera si trasforma, accende le sue luci e tutto può accadere. Anche trovare sollievo alla propria solitudine in un’anima affine. Pete dopo tutto è un buon diavolo e Laurie si fa sempre più intraprendente. I due corpi, col passare del tempo, si avvicinano, prendono confidenza, si sfiorano.

Jarvis è bravo a incarnare l’imbarazzo e la difficoltà di un uomo che non è abituato ad aprirsi emotivamente. Non vuole rinunciare al rapporto schietto, leale che ha costruito con la ragazza, ma sa che la rivelazione del mistero rovinerà tutto. Lauren Coe dal canto suo è efficace nei panni della 17enne sveglia e desiderosa di esperienze, sempre più incalzante nei confronti dell’uomo, tanto da svestire i panni della ragazzina per mostrare senza tentennamenti  le sue intenzioni. Un gioco di attrazione e respingimento di corpi, e non solo, che mantiene alta la suspense del racconto. Almeno fino al momento in cui vengono a galla le ragioni del tormento di Pete, a quel punto piuttosto chiare anche allo spettatore meno smaliziato. Una rivelazione che fa prendere al film una piega più consueta e prevedibile, pur condotta in porto con sobrietà e rigore dall’autrice. Un ottimo esordio per la regista italiana che non a caso è al lavoro su un secondo lungometraggio intitolato Wolf, in cui dirigerà due degli astri nascenti più luminosi del cinema mondiale, George MacKay (1917, Capitan Fantastic) e Lily-Rose Depp, la splendida figlia di Johhny Depp e Vanessa Paradis, già vista in L’uomo fedele di Louis Garrel.

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