Colazione da Tiffany, compie 60 anni il film che ha consacrato Audrey Hepburn nell’olimpo cinematografico

by Marianna Dell'Aquila

Se c’è un film che può essere definito un vero e proprio cult del cinema internazionale è Colazione da Tiffany, la pellicola di Blake Edwards con Audrey Hepburn e George Peppard che quest’anno compie 60 anni.

Uscito nel 1961, il film prodotto dalla Paramount è ancora oggi uno dei più visti e citati del cinema mondiale: non c’è elemento dell’opera, come la bellissima colonna sonora Moon River, che non sia ancora oggi immediatamente riconoscibile e che non faccia sognare milioni di spettatori.

Uno di questi sogni è stato esaudito pochi anni fa, quando tutti i giornali del mondo hanno riportato questa notizia: finalmente da Tiffany si può fare davvero colazione. Nel 2017 infatti è stato aperto il Blue Box Cafè al quarto piano del lussuoso store sulla Fifth Avenue a New York, quello dalle grandi vetrine davanti alle quali si fermava a mangiare un croissant e a bere un caffè la bellissima Holly interpretata da Audrey Hepburn. E’ proprio con questa immagine, una delle più memorabili del film, che incomincia la storia.

E’ mattina presto, Holly scende da un taxi e si ferma davanti alle vetrine di Tiffany a New York mangiando un croissant e bevendo un caffè. Dopo aver consumato la sua colazione, Holly torna a casa a piedi. Qualche ora dopo viene svegliata dal suo vicino di casa, lo scrittore Paul Varjak, che le chiede di usare il telefono. La notte stessa, mentre scappa da un appuntamento finito male, Holly prova a nascondersi nell’appartamento di Paul, ma spiandolo dalla finestra scopre che l’uomo si fa mantenere da una donna in cambio di appuntamenti occasionali.

Rimasto da solo, Paul fa entrare Holly nella stanza e i due incominciano a conoscersi un po’ meglio. Paul le racconta di essere uno scrittore e Holly invece gli confessa che sta tentando di risparmiare qualche soldo per aiutare il fratello Fred (al quale è molto legata) quando sarà congedato dall’esercito. Ad un party organizzato dalla ragazza, Paul scopre cosa fa per mantenersi, ma il giorno dopo vengono raggiunti da un uomo che confessa di essere il marito di Holly e che vuole riportare la donna in Texas. Holly però dichiara che il matrimonio è stato annullato e che non partirà con lui. Dopo aver trascorso la serata in un pub, Holly ubriaca dichiara a Paul di avere intenzione di sposarsi per interesse con un uomo che in realtà non ama, ma l’uomo in questione sposa un’altra donna e per Paul si accendono le speranze di una relazione con Holly. Dopo aver trascorso la notte insieme, Paul scopre che Holly è andata via e quando la ritrova lei non ne vuole proprio sapere affermando di “non vuole essere una sua proprietà”. Holly vuole sposare un uomo che si chiama José da Silva Pereira con il quale andrà a vivere in Sud America. A causa di un problema giudiziario, i programmi della ragazza saltano e l’uomo che doveva diventare suo marito parte per il Brasile senza di lei. Nonostante la dichiarazione d’amore di Paul, Holly continua a rifiutarlo sostenendo ancora una volta che “l’amore è una prigione”. A quel punto l’uomo decide di allontanarsi e solo allora Holly si renderà conto di quanto sta perdendo.

Tratto dall’omonimo romanzo di Truman Capote e candidato all’Oscar per la Miglior Sceneggiatura, il film racconta una storia sostanzialmente modificata rispetto a quella del libro pubblicato nel 1958.

Lo scrittore tra l’altro avrebbe preferito Marilyn Monroe nei panni della protagonista: secondo lui infatti la bionda attrice sarebbe stata più adatta a interpretare alcune sfumature del personaggio originale, come la sua ambiguità sessuale e i suoi tormenti interiori, che nel film invece sono assenti. Ma diciamolo senza timore: la commedia sentimentale messa in piedi da Black Edward ruota proprio intorno alla Hepburn e alla sua delicata interpretazione. Se infatti è vero che alla protagonista del film manca il tormento della sua omologa letteraria, dall’altro lato la delicatezza e l’immagine da jet-set perfettamente rappresentati dall’attrice mostrano bene il contrasto con il lato amaro della sua esistenza. Nel film infatti tutto prende la piega più canonica della commedia sentimentale, ma con un tono un po’ più malinconico.

Le due protagoniste hanno fondamentalmente in comune poche cose: entrambe cercano serenità attraverso le cose frivole e materiali della vita, entrambe hanno paura di soffrire e rifuggono alle relazioni. Il tormento e l’angoscia della Holly letteraria amante dei diamanti (che neanche la Monroe avrebbe voluto interpretare) però lasciano spazio all’ironia e cinismo della sua omologa cinematografica. La Holly della Hepburn ha molta paura di soffrire, ma non è tormentata o angosciata: è frivola e libera, ironica e sbarazzina.

I personaggi di Blake Edward inoltre si muovono in una New York nel pieno del suo splendore, ma circondati da una società sempre più individualista e superficiale in cui Holly vive come una “glamour girl”, frequenta persone che non conosce e uomini che lei definisce “schifosi” e dove Tiffany è il luogo in cui con “…quel silenzio, quell’aria solenne, non può capitarti niente di brutto. Se io trovassi un posto a questo mondo che mi fa sentire come mi fa sentire Tiffany, comprerei i mobili e darei un nome al gatto” afferma la protagonista. Eh già il gatto, un altro personaggio chiave della storia al quale Holly non ha mai dato un nome affermando “non ho il diritto di dargli un nome, in fondo non ci apparteniamo. È stato un incontro casuale”.

E’ la stessa cosa che le sentiamo dire a Paul, l’uomo che lei ama ma dal quale fugge dichiarando “Io non ti appartengo”.

Colazione da Tiffany dunque non è solo una semplice commedia sentimentale americana confezionata secondo i canoni del periodo, ma un film che parla di libertà e di legami attraverso un’eroina diversa dagli stereotipi del cinema classico di quegli anni. A distanza di sessant’anni non si può dire cosa sarebbe stato giusto fare: restare più fedeli al romanzo oppure osare qualcosa in più? Non lo sappiamo perché a noi il film sembra ancora oggi così perfetto da farci sognare di prendere un aereo e andare a New York, di entrare da Tiffany e sentirci tutte un po’ Holly.

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