Eva contro Eva e il crudele apologo sull’arrivismo di Mankiewicz

by Daniela Tonti

Ci sono Eve in ogni stato competitivo della società,ovunque vi sia un traguardo, potranno raggiungerlo anche dalle ultime file. Eva è un animale predatore; preferiranno sondare il terreno per poi applicare la loro tecnica di saccheggio. Eva è in ogni luogo nelle corporazioni grandi e piccole nei dipartimenti nei grandi magazzini, nei teatri, nei film, nello show business.

Joseph Leo Mankiewicz

La corsa al successo da parte degli attori è il tema dominante in Eva contro Eva. Il film è il più crudele apologo sul teatro che il cinema abbia mai raccontato: vi si descrivono, in maniera fredda ed impietosa, l’arrivismo, la mancanza di scrupoli e l’ipocrisia dell’ambiente umano e professionale di Broadway. È la storia di una famosa attrice di teatro, Margo Channing (Bette Davis) che, impietosita da un racconto strappalacrime, prende con sé una giovane ammiratrice, Eva Harrington (Anne Baxter). La ragazza è solo un’arrivista e sfrutterà la situazione per tentare di rubare la scena e il fidanzato a Margo.

La storia della Orr era poco più di un aneddoto, ma aveva in sé il germe della teatralità purissima al di fuori della scena. Giunse all’attenzione di James Fischer, il capo del dipartimento delle sceneggiature della Twentieth Century Fox, che l’affidò a Mankiewicz. Il regista cominciò a scrivere Eva contro Eva (allora chiamato Best Performance) nel 1949. Dalla sceneggiatura che ha realizzato Mankiewicz evince la presenza di personaggi che non esistevano nell’originale ma il più grande cambiamento rispetto all’originale consiste nel fatto che nel testo della Orr, Margola Cranstone è felicemente sposata e ha superato la quarantina. Ed erano esattamente le qualità che Mankiewicz non sentiva come caratteristiche dell’attrice che voleva creare.

Margo, l’attrice era -ed è- una donna che ha bisogno di recitare come ha bisogno di respirare. Che quando non è in scena, semplicemente non è..

Mankiewicz

Non riuscendo ad immaginare cosa più teatrale dell’amore, Mankiewicz, inserisce, a complicare la situazione, l’amore di Margo per Bill, un uomo più giovane di lei. È Margo stessa a dire: “Bill ha trentadue anni. Dimostra trentadue anni e li dimostrerà tra cinque”. Margo non accetta il fatto che Bill sia innamorato di lei, sa solo che è più vecchia di lui di otto anni e soprattutto non sa se lui ami l’attrice o la donna.

Nel film s’individua con precisione e puntualità, quel meccanismo d’intercambiabilità che porta al successo gli artisti e poi li sostituisce, dimostrando quanto sia fugace ed inutile la notorietà.

Accanto a questi due temi principali si rilevano tantissimi motivi non meno importanti: la polemica tra commediografo ed attore sull’incidenza che hanno sul successo di un lavoro teatrale. Sempre legato al mondo dello spettacolo e alla figura dell’attore c’è lo scollamento tra realtà e finzione, tra recitazione e vita vissuta, tra apparenza e realtà; gli attori perdono spesso il senso di orientamento e non riescono più a distinguere le due dimensioni quando non smarriscono addirittura la propria identità. Non è un caso che Eva in apparenza si presenta come una cara dolce bambina in realtà è una donna crudele e calcolatrice. Margo, invece, apparentemente capricciosa e isterica è generosa, vulnerabile e desiderosa d’affetto e soprattutto di realizzarsi nella vita privata infatti alla fine cederà serenamente il posto alla rivale e sposerà Bill.

A livello strutturale il film è costruito attraverso sette lunghi flash back, raccontati da tre narratori, secondo una struttura ad incastri che ritroveremo in un altro capolavoro di Mankiewicz, La contessa scalza.

Ci sono, inoltre, due motivi di grande interesse: l’insoddisfazione che subentra nell’uomo dopo il raggiungimento di un obiettivo a lungo inseguito (lo si nota soprattutto in Eva, dopo il conseguimento del premio, tanto da non accorgersi che Phoebe, la ragazza che l’aspetta a casa non è che un’altra rivale, meglio ancora un’altra se stessa, lo specchio, infatti, in cui appare rileva e sottolinea il tema del doppio) ed infine la paura d’invecchiare. Margo più sente venir meno le proprie energie, più si accorge che la sua bellezza sfiorisce e più è consumata dal desiderio di primeggiare e dalla gelosia. I suoi capricci sono un mezzo per nascondere le ferite del tempo, per combattere l’età che avanza, l’inesorabile legge della vita e il ricambio delle generazioni.

Attraverso macchinazioni, penose bugie e ricatti, Eva è riuscita ad ottenere fama e successo, e, a suggello di questa sua rapida, vertiginosa scalata, un importante premio teatrale. Tornata a casa, dopo la cerimonia di premiazione, trova ad attenderla la giovanissima Phoebe, che si dichiara sua devota ammiratrice e si prende cura di lei. A questo punto il film finisce ma la storia si ripeterà pedissequamente, a ruoli invertiti, nel senso che sarà Eva ad essere spodestata dal suo piedistallo di diva dalla giovanissima e spregiudicata aspirante attrice.

Mankiewicz era convinto che il teatro fosse “un covo di vipere, pieno di insidie e di veleno” – così almeno disse in un’intervista una delle sue attrici, Celeste Holm – e con la freddezza di un chirurgo, ne incide la superficie per metterne a nudo la parte cancerosa, un nucleo “ribollente di opportunismo, crudeltà, narcisismo ed ambizione sfrenata”. Molti critici sostengono che Mankiewicz, uomo di cinema, abbia voluto vendicarsi dello snobismo degli attori teatrali e del teatro tradizionale che, a suo tempo, avevano guardato con sufficienza e spesso deriso sarcasticamente le produzioni di Hollywood. Il film ha ottenuto ben sei premi oscar.

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