I Predatori, un film sulla “speranza nella libertà” per il debutto alla regia di Pietro Castellitto

by Marianna Dell'Aquila

Presentato al Festival del cinema di Venezia nella sezione “Orizzonti”, dove ha vinto il premio come Miglior Sceneggiatura, esce il 22 ottobre I Predatori il primo film di Pietro Castellitto. Classe 1991, il giovane regista figlio d’arte (i genitori sono Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini) ha scritto la sceneggiatura del film quando aveva solo 22 anni e quello che porta ora sul grande schermo è il risultato di un lavoro fatto “per sottrazione” rispetto alla prima scrittura: un film che non vuole risultare necessariamente bello dal punto di vista formale, ma soprattutto libero. E ci riesce.

I predatori narra la storia di due famiglie le cui esistenze si incrociano per caso, i Pavone e i Vismara. I primi sono una famiglia alto borghese composta dal padre Claudio (Massimo Popolizio) che fa il medico, la madre Ludovica (Manuela Mandracchia) regista di successo impegnata nelle riprese del film La guerra lenta, i due figli Maria e Federico (Pietro Castellitto) che fa l’assistente universitario e ha fissazione per Nietzche.

I Vismara invece sono una famiglia proletaria e fascista, impegnata nella gestione dell’armeria dello zio Falvio (Antonio Gerardi), un pregiudicato implicato nel traffico di armi e nell’usura. Claudio (Giorgio Montanini), il nipote di Flavio, oltre a sottostare agli ordini dello zio, passa il tempo ad insegnare al figlio dodicenne Cesare come usare il fucile. Le vite delle due famiglie si incrociano nello studio di Piepaolo: un giorno il medico riceve la visita di Claudio che, per ringraziarlo di aver salvato la vita alla madre (vittima dei raggiri di un finto venditore di orologi interpretato da Vinicio Marchioni), gli vuole regalare delle armi. Claudio non sa che Federico è nascosto dietro ad una porta e ascolta la loro conversazione. Frustrato per l’ennesimo sgarbo ricevuto dal suo professore di Filosofia che non vuole portarlo a fare dei rilievi sulla tomba di Nietzche, Federico contatta Claudio per acquistare una bomba con cui vuole distruggere la tomba del filosofo che ama. Claudio accetta l’affare, ma la maldestria di Federico rischia di portare allo scoperto i traffici della famiglia Vismara. Lo zio Flavio ordina quindi a Claudio di uccidere il ragazzo ma, quando l’uomo scopre che si tratta del figlio del medico che ha salvato sua madre, scappa con la consapevolezza che lo zio gli farà pagare cara questa mancanza di coraggio. Ma Claudio riesce a uccidere lo zio con la complicità del figlio, ormai provetto tiratore, e si fa carico di tutte le responsabilità: finisce in carcere, ma solo ora è finalmente libero dalle imposizioni dello zio. Intanto, mentre la famiglia Pavoni festeggia il successo de La lenta guerra, si affaccia nella loro vita Guglielmo, un principe che, guarda caso, ha lo stesso volto del venditore di orologi che aveva truffato la madre dei Vismara.

L’idea de I predatori ha avuto origine mentre il giovane regista era impegnato sul set de La profezia dell’armadillo e lì ha capito che non gli bastava più fare solo l’attore. “E’ nato tutto da una frustrazione – ha spiegato il giovane Castellitto a Roma durante la presentazione del suo film alla stampa – . Fare l’attore non mi andava più bene e quindi ho incominciato a scrivere. Poi, paradossalmente, proprio il mio essere attore mi ha aiutato a scrivere e scrivendo ho avuto voglia di rifare l’attore”. I predatori è un film ironico e fotografico che offre una lettura personale e sarcastica di certi spaccati della società.

“Nel mio film tutti sono prede e predatori. Ho cercato di costruire un contenitore in cui potessi esprimere più cose possibili perché le opere prime sono questo. Sono come dei testamenti: d’altra parte lo spirito ironico del film l’ho scritto a 22 anni, ma non l’ho scoperto solo in quel momento, perché già mi apparteneva. Ho voluto fare un misto tra i mondi e le contraddizioni che ho riscontrato durante le mie esperienze di vita” ha spiegato il regista. Ma nel film, lui giura, non c’è niente di autobiografico se non il personaggio di Maria interpretato da quella che è veramente sua sorella, Maria Castellitto, e un 35% del personaggio di Federico di cui veste i panni e con il quale, ammette, ha in comune “un certo confine tra gentilezza e nervosismo: Federico è molto gentile e poi improvvisamente diventa irascibile, io però non sono così, io so mimetizzarmi meglio di lui”.

I predatori è un’opera prima di un giovane regista che ha sicuramente ancora molto da imparare. Ma nonostante i limiti che si riscontrano nel film e di cui molto probabilmente è consapevole anche lui (ad esempio dal punto di vista della regia manca, forse volutamente, una certa raffinatezza formale che sarebbe stata supportata di sicuro da un maggior utilizzo di movimenti di macchina – nel film ce ne sono pochissimi), dall’altro lato invece emerge con molta chiarezza la capacità di scrittura del giovane regista. Una capacità che, per sua stessa ammissione, deriva dalla forte influenza ricevuta in ambito famigliare.

E’ nella sceneggiatura infatti che cogliamo gli aspetti più originali e liberi di tutto il film, come la scelta di un cast inusuale per il cinema italiano: “Io faccio pochissimi provini perché le mie scelte sono già mirate – ha raccontato Pietro Castellitto -. La direzione degli attori è quella a cui tengo di più. Se gli attori danno la sensazione di fare qualcosa di nuovo, allora tutto il resto sembrerà nuovo… la fotografia, la luce e molto altro”.

Certamente la trama non presenta spunti di grande originalità (il cinema e la televisione ci hanno abbondantemente abituati al conflitto tra borghesia e proletariato, alienazione giovanile ecc ecc), ma anche qui colpisce la delicata libertà con cui Pietro Castellitto è riuscito a trattare alcuni temi, ad esempio la diversa evoluzione del rapporto coniugale nella coppia proletaria e in quella borghese: “Mentre nella prima c’è un lieto fine perché lei fa una scelta d’amore, nella seconda invece c’è una scelta d’inerzia – ha spiegato il regista -. Ma la famiglia fascista sembra più umana perché sono più umani gli eventi che devono combattere. Nella famiglia borghese invece la tragedia vera deve ancora arrivare perché il personaggio di Vinicio (Marchioni) lo conoscono solo alla fine”.

Il giovane regista mostra lo stesso approccio quando gli viene chiesto perché non ha approfondito il tema della politica, forse aspettandosi da lui una presa di posizione anche rispetto all’attualità: “Non sono mai stato intenzionato a parlare di redenzione politica. Nel film i fascisti sono molto folkloristici, ma io penso che le proprie idee sono spesso legate alla storia che uno ha avuto, alle prepotenze e alle umiliazioni che uno ha subito, da quali ambienti le hai subite. Sono molto casuali, ognuno ha i suoi. Io sono sempre stato male dove non mi sentivo libero. Ovunque io percepisco situazioni in cui si tendono a creare i cattivi e i buoni sento che il potere si sta muovendo. Tante volte mi è capitato di non potermi esprimere o per lo meno di non poter dire veramente quello che pensavo se non sottostavo a quelle coordinate intellettuali”.

Il vero tema de I predatori quindi è la libertà. Anzi, per dirla con le parole del regista, è la “speranza nella libertà, non nella felicità. Perché la libertà è un sentimento degli artisti, la felicità è da impiegati. Le due famiglie lottano per essere libere, ma il percorso per la libertà si compie solo nella famiglia Vismara. In quella borghese no. Ci prova solo Federico, ma alla fine resta prigioniero di se stesso”.

Pietro Castellitto lo rivedremo presto sullo schermo sia nei panni di Francesco Totti nella serie di Sky dedicata all’ex capitano della Roma che in Freaks out di Gabriele Mainetti.

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