“Una crime comedy con elementi pulp”, Mauro Russo rivela il mix esplosivo di Cobra non è

by Nicola Signorile

Tutto in una notte. Una corsa acida, molto pulp (pure troppo, diceva qualcuno!), di un giovane rapper con un grande futuro alle spalle, Cobra (Gianluca Di Gennaro) e del suo bizzarro e fidato manager, Sonny (Federico Rosati). Per tornare in auge, devono compiere una missione facile facile: consegnare una valigetta dal misterioso contenuto.

Di mezzo ci si mettono nazisti vegani, gang di rom affamati di quattrini, circensi col pallino del crimine, una misteriosa dark lady col volto di Denise Capezza e un sanguinario villain, impersonato da un sorprendente Nicola Nocella.

Cobra non è è il film d’esordio del salentino Mauro Russo, esperto regista di videoclip musicali (ne ha diretti circa 400, per, tra gli altri, Boomdabash, Clementino, Marracash, J.Ax, Salmo, Elisa, Giusi Ferreri, Fedez e Anastacia), dal 30 marzo disponibile su Amazon Prime, prodotto da Giallo Limone con il sostegno di Apulia Film Commission. “Una crime comedy con elementi pulp” la definisce il suo autore, che ha frullato le molte componenti del suo immaginario cinematografico – action orientale, poliziottesco, horror, noir, il fumetto e tanto altro – per dar vita a una pellicola consacrata all’intrattenimento di genere e al divertimento puro, con un notevole gusto per l’estetica.

Russo, il titolo avrebbe dovuto essere un altro, vero?

“Si intitolava La vita è una puttana e poi muori, come il breve racconto di Wad Caporosso dal quale abbiamo preso spunto, a sua volta ispirato a un testo del rapper Nas. La sceneggiatura ha preso una piega molto diversa dal racconto. Presentando il progetto al Ministero, abbiamo capito di doverlo cambiare: l’Italia non è ancora pronta per titoli del genere”.

Per un maestro del videoclip, la regia cinematografica è un approdo naturale?

“Non credo sia una tappa obbligata. Non mi piace mai stare comodo, volevo uscire dalla mia comfort-zone e penso di aver rischiato parecchio con questo film. Spero che il pubblico apprezzi: io amo il genere e l’exploitation all’italiana. Questo è anche un omaggio a quel mondo. Guardo di tutto al cinema, ma la mia formazione è avvenuta soprattutto con i film di genere degli anni ’60 e ’70, con Lucio Fulci e Mario Bava, con il poliziottesco, l’horror e la fantascienza. Il mio immaginario si nutre di questo da sempre, è stato automatico girare questo tipo di storia e farlo in questo modo”.

Cobra non è frulla generi e riferimenti, accumula una gran quantità di citazioni e strizzate d’occhio, è ricco di dialoghi nonsense: con le dovute proporzioni, viene naturale pensare a Quentin Tarantino.

“Tarantino cita a sua volta altri registi e generi,  la blaxploitation in Jackie Brown o gli action orientali in Kill Bill. Sicuramente il mio è un modo di fare cinema che si rifà al passato. Lo fa Tarantino, come lo fanno Robert Rodriguez, Eli Roth e tanti altri. Ma è una catena ideale che va molto indietro, passando per Roger Corman per esempio, risalendo fino agli inizi del cinema”.

Il realismo sembra interessarle poco.

“Deriva sempre dal mio immaginario. Mi piace andare sempre al di là del reale. Non so se sarei capace di raccontare la realtà e basta. Ho bisogno di movimento, di colpi di scena. Gomorra ha dimostrato che si può parlare della realtà attraverso il genere. Si è sempre giocato con i generi in Italia. Lo ha fatto Pasolini, lo fa Paolo Sorrentino in ogni suo film o in The Young Pope. Il dramma classico va bene, ma per me è importante pensare sempre che si fa intrattenimento, che un film deve essere uno spettacolo per lo spettatore”.

A proposito di Gomorra, due dei suoi attori sono volti noti dell’amatissima serie, il protagonista Cobra è Gianluca Di Gennaro, interprete de ‘O Zingariello e la sua ex Angela, personaggio decisivo nello sviluppo della pellicola, è interpretato da Denise Capezza, la Marinella della serie. È una coincidenza?

“Sì, è stato casuale, erano adatti ai ruoli. Con Gianluca avevo già lavorato in passato, in un video, prima che facesse Gomorra. Sono molto soddisfatto di tutti gli attori. C’è da dire che Cobra è l’unico personaggio reale, in mezzo a tante figure molto caratterizzate, surreali”.

Il che si riversa nella recitazione degli attori (ci sono anche Roberto Zibetti, Daniel Terranegra, Alessandra Alfieri).

“Esatto. Vorrei che fosse chiaro che la recitazione si adatta allo stile del film, è sopra le righe, fumettistica. Ricordi Sin City?”.

Nicola Nocella è una vera sorpresa, il suo personaggio dura poco ma lascia il segno: L’Americano è un vecchio amico di Cobra e Sonny, diventato un criminale, al quale i due si rivolgono per ottenere un prestito. In cambio dei soldi, dovranno consegnare la misteriosa valigetta al centro del loro viaggio notturno. L’Americano meriterebbe uno spin-off. Perché Nocella?

“Ho cercato un contrasto: un attore spesso impegnato in ruoli comici nelle vesti di un criminale, mi piace sorprendere e lasciarmi sorprendere. Ed è successo: L’Americano in effetti è divertentissimo”.

Ha scomodato Ruggero Deodato, regista di culto di Cannibal Holocaust, per girare una scena di tortura, cos’è successo poi?

“La scena è stata considerata troppo cruenta ed è stata censurata. Siamo riusciti a inserirne solo alcune sequenze. Sono cresciuto con i film di Deodato. Come con quelli di Lucio Fulci, Mario Bava, Joe D’Amato, Fernando Di Leo e tanti altri”.

Quel cinema è finito un po’ nel dimenticatoio, come mai secondo lei?

“Lo streaming può cambiare le cose, lo sta già facendo secondo me. Amazon porterà la mia prima regia a molti più spettatori di quanti avrebbe potuto raggiungerne in sala. E i primi riscontri che sto ricevendo sono molto buoni. A un certo punto credo che i produttori non ci abbiano più creduto e il pubblico si sia impigrito. Avevamo creato un modo di fare cinema diverso, di fare western, horror a modo nostro. Poi ci si è rifugiati nelle commedie, nei cinepanettoni e nei classici drammi”.

Mentre accadeva questo però la serialità rimetteva al  centro il genere. Perché?

Negli Stati Uniti non hanno mai smesso di frequentarlo, come in Francia. La visione casalinga sta aiutando una rinascita del genere. C’è più coraggio, ci si spinge anche ad affrontare storie non realistiche, vedi Luna Nera. Con Gomorra è cambiato qualcosa: gli italiani hanno dimostrato al mondo di essere ancora capaci di realizzare una produzione internazionale di livello”.

La musica è parte fondamentale di Cobra non è e del suo background. Come ci ha lavorato?

“Nel film è un contorno. Ho scelto di lasciarla come sfondo. Nella testa di Cobra ce n’è tanta, lui è un rapper che in passato ha avuto successo. Ci sono inserti musicali cui ha lavorato anche Tormento. C’è soprattutto il brano Nemico della nazione di Santiago. Poi, ci sono partecipazioni come attori di amici musicisti, Elisa, Max Pezzali, Tonino Carotone, Clementino: ho voluto coinvolgerli, per molti è stata la prima volta davanti a una macchina da presa. Ci siamo divertiti molto sul set. Per quanto riguarda la mia carriera, io ho lavorato con tutti gli artisti italiani del rap quando ancora non erano famosi, ho vissuto gli inizi dell’hip-hop italiano. Dai Boomdabash, che sono miei fratelli, ai Club Dogo, Marracash e tanti altri, giravamo i video per strada, senza grandi budget. Vivevamo davvero la strada allora. Poi sono esplosi e sappiamo com’è andata”.  

Si aspettava che il rap sarebbe diventata la scena dominante anche in Italia?

“Guardando quello che succedeva in altri paesi, sì. Il suono, lo stile che arrivavano dagli Stati Uniti erano troppo affascinanti per non conquistare anche l’Italia”.

Nel film c’è molta Puglia davanti e dietro lo schermo (anche la locandina firmata dall’artista leccese Christian Cordella).

 “Abbiamo girato in Salento 30 giorni. Anche se non si riconosce: mi serviva renderlo un non luogo, in Puglia si può girare qualsiasi tipo di storia ormai, abbiamo tante location possibili. Io ho sempre cercato di portarci i set di tutti i miei lavori”.

Il film vanta anche un’intera sequenza molto importante in animazione, perché ha scelto questa modalità?

“È una scena chiave e dopo averla girata con gli attori, non mi convinceva. Così ho pensato di trasformarla in cartoon coinvolgendo l’amico Domenico Velletri, disegnatore di Bisceglie. Sono felice del risultato”.

Quali sono i prossimi progetti di Mauro Russo?

“Ho già pronto un cortometraggio horror girato in inglese, intitolato Naik, ispirato alle scarpe che si auto-allacciano  con una app, le ho viste ai piedi di Rovazzi. Ci sono tanti progetti in ballo, ma al termine del lockdown mi dedicherò sicuramente alle riprese di un film horror che stiamo scrivendo, anche questo in lingua inglese”.

Cronenberg o Carpenter?

“Questa sì che è difficile. Ti dico Carpenter perché si è cimentato in più generi. Ma mentre te lo dico, mi sento già male!”

Da cultore del genere horror, le va di consigliare qualche pellicola ai lettori di Bonculture?

“Tra i classici, …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà è di Lucio Fulci è uno dei più bei film horror mai realizzati. Più di recente, ho amato Get Out di Jordan Peele, Raw – Una cruda verità di Julia Ducournau, Martyrs di Pascal Laugier e il molto estremo The Human Centipede di Tom Six”.

Il regista Mauro Russo

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