Una vita in acqua nel documentario di formazione “On the wave”: Luciano Toriello filma tutta la libertà del piccolo Pierfrancesco Rizzello sull’Oceano Atlantico

by Antonella Soccio

“Voglio surfare con gli uccelli”, ha detto a 4 anni Pierfrancesco Rizzello, che sin dalla sua nascita vive in simbiosi con la sabbia bianchissima di Jericoacoara e l’Oceano Atlantico.

La passione per il mare e il vento, l’elemento di Pier, oggi pre adolescente, il suo talento formidabile, sono diventati un “documentario di formazione”, firmato dal regista pugliese Luciano Toriello, che dal 2013 lo segue con riprese funamboliche sulle onde brasiliane. L’operazione artistica, cadenzata dalla crescita di Pier davanti alla macchina da presa, si chiama “On the wave” e segue il bambino, figlio dell’amico Massimo Rizzello- partito nel 2010 da Bari in direzione Brasile per inseguire l’amore di Christina, divenuta la mamma di Pier e della sua sorellina maggiore Thais, ed il sogno di aprire un chiosco sulla spiaggia con annessa scuola di surf- dagli inizi fino alla vittoria di vari campionati mondiali di categoria. In questi giorni si disputerà il campionato del mondo di kite surf in Egitto.

La testa di capelli biondissimi di Pier nel documentario spicca sulla pelle ambrata, il suo sguardo trabocca gioia di vivere: Pierfrancesco Rizzello ha appena dieci anni, probabilmente trascorsi più in mare che sulla terraferma, ed è un astro nascente del kite-surf.

“Il mio interesse maggiore è lavorare con i bambini, nell’infanzia si ha la possibilità di essere chi si vuole, mi piaceva che il bambino in quella situazione era libero di scegliere quale direzione dare alla propria vitalità. Su quella spiaggia si praticano 10 sport differenti, l’idea del kite era una mia aspirazione, mi piaceva l’idea di un documentario narrativo, che lasciasse le parole dell’intervista per abbracciare invece una intervista in immagini in situazioni vere, seguire il protagonista sempre, nascondendo la telecamera”, spiega Toriello a bonculture.

Nel documentario si vedono scene di vita quotidiana, di locali. Le persone riprese ad un certo punto dimenticano la presenza del regista, la vita dal vero e vissuta si incunea nelle splendide immagini in acqua.

Nell’opera di Toriello c’è un profondo senso di libertà, c’è anche una vena di esotismo, di seduzione adulta per una vita anfibia, cominciata nell’infanzia, che non tutti riescono a concedersi. L’occhio europeo della sua telecamera inquadra in spiaggia Pier con un interesse, scevro però dall’aspetto perturbante, che ricorda il Luchino Visconti di Morte a Venezia: la vita scorre sull’acqua in piena libertà, mescolando istinto e bellezza. Nel naturalissimo gesto sportivo che si fa corpo d’arte.

“Pierfrancesco parla 5 lingue differenti, con scioltezza, si approccia alle persone, c’è un modo di vivere unico in lui. Mi interessa raccontare la libertà. Tutti noi crediamo di essere liberi? Ma che significa essere libero? I genitori di Pier sono attenti a che lui si apra a tutti e faccia venire fuori il suo talento. Il kite surf lo ha scelto lui, col tempo è diventato un campione: ha vinto i campionati in Brasile, anche se era al di sotto dell’età consentita. Io non sono esperto di sport acquatici, ma Pier ha quel passo in più, il bambino vive in acqua, sta in acqua fino a sera, ama l’acqua”.

Cita Vincent Cassell Toriello. “Vivere a Parigi è bello, ma fa schifo, vivere a Rio è difficile, ma è bellissimo, diceva l’attore. La libertà di Pier è unica: riesce ad esprimere il suo talento perché vive in quel modo, che non è un modo selvaggio, è un modo di vivere la vita in maniera più libera. Qui da noi i bambini sono inquadrati, a volte è difficile indirizzare i bambini verso il loro talento. Lì vai sulla spiaggia e giochi, per quanto la nostra società si sta aprendo, siamo ingabbiati, non che il Brasile sia aperto, nella vita di strada ci sono delle differenze, ma sulla spiaggia i bambini hanno la possibilità di essere davvero loro stessi e di capire le potenzialità del loro corpo”.

Un documentario di formazione così immersivo non correva il rischio di diventare un Truman Show?

“No, il vero rischio era quello produttivo, non era semplice chiedere ad uno sponsor di innamorarsi di un’idea, nei bandi per i film ti chiedono di chiudere l’opera in un anno, quindi non è possibile fare un film del genere, mi sono sobbarcato la produzione, nonostante tutti mi dicessero che era bellissimo innamorarsi di un’idea. Ci sono adesso 7 o 8 finanziatori, in vista del campionato in Egitto, tutti legati agli sport estremi, bibite per sport estremi, ma siamo in attesa che lui cresca, c’è un talento e lo si capisce. È un bambino bellissimo ed è un testimonial naturale per la sua categoria sportiva, pensa che gli adulti si fanno la foto con lui, anche il campione del mondo senior ha chiesto un selfie con lui”.

Quali sono state le difficoltà nel seguire la sua crescita in acqua? Ci sono stati dei momenti di crisi?

“Lui spesso si dimenticava della telecamera, la prima intervista è nel 2015, si vede la sua innocenza, negli anni non ci sono stati problemi se non che stava crescendo. Ci sono stati alcuni eventi che stavano compromettendo la sua carriera, una volta si è tagliato il dito. Un’altra volta è stato drammatico, un bulldog gli ha morso la faccia in spiaggia, il padre riuscì a salvarlo con un pronto soccorso d’emergenza e una gran bella cucitura, fu un momento di drammatico cui seguirono giorni di silenzio, che pure ho documentato”.

Quella che ha ripreso Luciano Toriello è una vita straordinariamente ricca di affetti –indissolubile è il rapporto di Pier con la sorellina maggiore Thais, con la quale condivide ogni esperienza –e di stimoli creativi ed umani.

Come scrive nelle sue note al documentario:

“Suo padre ha fortemente voluto che i suoi due bambini entrassero a far parte della Orquestra Sinfônica Jovem de Jericoacoara, nata come strumento educativo e di socializzazione, con il nobile intento di dare ai bambini più indigenti, per lo più figli di pescatori,un’alternativa alla vita di strada. E poi la scuola, i giochi, le feste in spiaggia durante le sere d’estate,in cui non è inusuale vedere il piccolo Pier far capolino dietro la consolle del dj e venire lasciato libero di divertirsi con la musica. Soprattutto, però, il kite-surf. Anno dopo anno, sotto lo sguardo della videocamera, ciò che era cominciato –come giusto che fosse –per gioco e per emulazione dei surfisti che affollano ogni giorno quelle spiagge, si evolveva in un impegno reale e quotidiano, fino a diventare una vera e propria attività agonistica, con allenamenti da seguire e risultati da portare a casa. Nel 2021 Pierfrancesco parteciperà –il più giovane della sua categoria –al“GKA Youth Kite World Cape”, i campionati mondiali di kite-surf che quest’anno, tra i mesi di agosto e ottobre, si svolgono sulle coste del Mediterraneo. Una scossa di adrenalina e la decisione di partire insieme e di documentare questa piccola/grande “impresa” di Pier, che per me rappresenta soltanto un’ulteriore significativa tappa di un progetto al quale sono al lavoro da ormai otto anni, nel quale ho creduto sin dall’inizio e che ora più che mai desidero continuare a raccontare. Se poi questo sarà soltanto il primo capitolo di una lunga storia di passione sportiva e di successi, ce lo suggeriranno gli eventi. Io, di certo, so che vorrò esserci”.

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