E se Dio fosse femmina? L’idea nelle opere di Harmonia Rosales

by Paola Manno

Io non ho alcuna certezza sull’esistenza di Dio però qualche idea, in questi anni, me la sono fatta. È un’idea tutta mia, naturalmente, che si è formata attraverso i canonici anni del catechismo, molte letture adolescenziali, lunghe discussioni con gente diversissima da me, infine, devo ammetterlo, a causa di esigenze che ho avuto nel corso della mia vita.

È un’idea, per dirla a modo suo, che ho creato “a mia propria immagine e somiglianza”. Negli ultimi anni il mio Dio è diventato una Dea, così come la chiama Loredana Lipperini; idea poeticissima di un film del 2015 di Jaco Van Dormael che io trovo spiazzante e stupendo: “Dio esiste e vive a Bruxelles”.

Insomma, se nei miei occhi di bambina Dio era un vecchietto bianco che mi amava, oggi Dio per me è un’idea cangiante che si avvicina a molte cose. La Ginzburg ha scritto che Dio potrebbe essere una vecchia ciabatta, rosicchiata e consunta e a me questa sembra una metafora piena d’amore. Sibilla Aleramo scrisse invece che la mitologia cristiana le era sempre apparsa puerile e che Cristo non era nulla, se era Dio, ma se egli era invece un uomo, diveniva il fiore dell’Umanità: non un dio diminuito, ma l’uomo nella sua maggior potenza.

Io non so davvero se Dio esiste ma se così fosse sono certa che sarebbe molto felice che di lui se ne facesse un uso nobile, politico.

Un giorno ho scoperto le opere dell’artista americana, afro-cubana, Harmonia Rosales, nata a Chicago nel 1984, e ho sentito un nuovo cambiamento nel mio personalissimo sentimento religioso. “The creation of God” (2017) è un sussulto, uno schiaffo, è un inno alla gioia, è insieme tenerezza e rabbia. Guardo questa anziana donna nera su una nuvola che tende la mano per sfiorare un’altra donna, cosa c’è di più vicino all’idea di Dio, mi chiedo. Questa Dea, a me pare, esprime in questa immagine tutta la potenza di una madre, tutta la forza della creazione.

L’opera ha ricevuto molte critiche, alcune legate a quella che è stata definita “una disgustosa appropriazione culturale”. “Ci è stato insegnato che Dio ha creato l’uomo a sua immagine, ma in effetti è stato l’uomo a creare Dio a sua immagine – ha spiegato l’artista- Per questo l’opera si intitola La creazione di Dio. Nell’arte classica i soggetti sono sempre uomini bianchi. La sfida è quella di dare un punto di vista diverso. La religione e il potere vanno di pari passo. I colonizzatori si sono serviti della religione per manipolare e controllare. Sono cresciuta con l’idea che un uomo bianco eurocentrico abbia dominato il paradiso, mi sono sempre sentita esclusa da questo mondo artistico. È proprio da questa esclusione che è nata l’idea dei miei lavori. Dobbiamo proteggere e raccontare la nostra identità di neri. Possiamo discutere per ore sul colore della pelle di Gesù, ma la verità è che ci vien raccontato che Dio è morto per i nostri peccati. Mentre qualcuno predicava nelle chiese, i nostri antenati venivano venduti all’asta come schiavi nei cortili all’esterno. I nostri antenati non sono forse morti per noi? Certo che l’hanno fatto, quindi è giusto che questo Gesù rappresenti la nostra teologia della liberazione nera”.

Guardate “La nascita di Oshun”, che reinterpreta “La nascita di Venere” di Botticelli. Al posto di Venere vi è la nera dea della fertilità e della sensualità nella mitologia Yoruba. Nel dipinto la divinità ha la vitiligine, riprodotta con piccole schegge d’oro. “Tradizionalmente la bellezza di Venere è rappresentata da una folta, bellissima chioma. I miei capelli sono totalmente diversi dai suoi, mi chiedo perché la donna più bella del mondo debba essere rappresentata in questo modo. Con la mia pittura voglio mostrare la bellezza nelle sue imperfezioni, come per esempio la vitiligine della mia Dea. Ho dipinto quest’opera perché volevo mostrare che le donne nere, con i loro capelli naturali, sono meravigliose”.

Guardate le bellissime Madonne nere dipinte da Harmonia, gli angeli, la giovane donna dalla pelle scura crocifissa, guardate come rappresenta Gesù bambino, lontanissimo dai nostri bambini candidi dagli occhi azzurrissimi, io lo trovo di una poesia commuovente. Mi chiedo se riconosco questo Dio e la risposta è immediata ed è affermativa.

Andate a scoprire le opere di Harmonia Rosales, di questa giovane donna che lavora in un piccolo studio che è anche la sua casa, e che racconta in un blog questo ambiente che è un posto di lavoro ma anche un po’ una cucina, una stanza per i giochi dei suoi figli, una lavanderia…come racconta nel suo blog. “Prima di iniziare un nuovo quadro, ho bisogno di pulire il mio spazio da qualsiasi altro progetto in corso” racconta. Penso che in quest’angolino tutto suo, che è l’ennesima rivendicazione della stanza tutta per sé, verranno spazzati via, insieme alla polvere e ai vecchi colori, anche vecchie idee di supremazia e noiose rivendicazioni di appartenenza culturale.

Il suo dipingere è certamente un atto politico, ma è anche un importante atto d’amore : “Ho dipinto molte opere pensando a mia figlia. Volevo innanzitutto mostrarle la bellezza delle donne nere, che è stata ignorata per secoli. Volevo che potesse riconoscersi in modelli nuovi”. Voleva farle dono, penso teneramente, di una educazione alla bellezza multiforme, necessaria per potersi sentire artisticamente, e umanamente, libera.

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