L’estate alla scoperta delle mostre al MANN, il Museo Archeologico di Napoli

by Michela Conoscitore

È un periodo d’oro quello che sta vivendo il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Dal silenzio alla rinascita, in pochi anni l’ente culturale partenopeo ha saputo affermarsi a livello nazionale divenendo un soggetto culturale di riferimento nel dibattito su beni archeologici e storia antica, e aumentando esponenzialmente la propria attrattiva sul pubblico. Il 2018 si è concluso in attivo, con ben 613.000 presenze, registrando un incremento rispetto all’anno precedente del quasi 16%. Con la direzione di Paolo Giulierini, il museo ha svecchiato la sua immagine, trasformandosi in un polo museale di tendenza. Da poco terminata la fortunata esposizione Canova e l’Antico, il MANN non chiude per ferie, anzi: dal mese di luglio offre due importanti novità, che i visitatori stanno già dimostrando ampiamente di apprezzare.

In nome di re Carlo di Borbone: la collezione Magna Grecia

Dall’11 luglio è ritornata fruibile al pubblico una delle sezioni del MANN più importanti e interessanti, anche in termini di memoria identitaria del meridione: la collezione Magna Grecia. Con ben 400 reperti esposti, la collezione ripercorre la storia antica dell’Italia meridionale dall’VIII secolo a.C. fino alla romanizzazione. La storia della collezione inizia nel 1748, quando a re Carlo di Borbone furono donate le Tavole di Eraclea, tra i reperti esposti più importanti. Man mano, per tutto l’Ottocento, continuarono a confluire altri reperti che entrarono a far parte di questa mirabile raccolta di antichità, proprio perché re Carlo volle evitare la dispersione dei beni e non incentivare gli scavi clandestini, attivi un po’ in tutto il regno.

Dopo vent’anni, i visitatori possono tornare ad ammirare pezzi unici che raccontano di un’Italia meridionale a metà tra la cultura italica e quella greca, che col tempo si impose, modellando la fisionomia di quella che poi, appunto, sarebbe stata denominata Magna Grecia, e avrebbe avuto in Napoli uno dei centri più importanti della sua storia. Campania, Calabria, Basilicata e Puglia, queste sono le regioni di provenienza dei reperti archeologici della collezione che poggiano, eccezionalmente, su splendidi pavimenti musivi di epoca romana provenienti da Pompei, Ercolano, Stabiae e la villa imperiale di Capri. Suscita una certa emozione, con i dovuti accorgimenti da indossare all’ingresso delle sale in cui è ospitata la collezione, camminare, tra gli altri, sullo spettacolare mosaico proveniente dalla Villa dei Papiri di Ercolano. Praticamente, si calca la Storia.

Nello specifico, la collezione è organizzata per sezioni tematiche che illustrano, attraverso le testimonianze storiche esposte, momenti della quotidianità dell’epoca come i banchetti, o simposi, la religione, e i vari tipi di sepoltura. Inoltre, approfondimenti sono dedicati non soltanto a specifiche località archeologiche come Ruvo di Puglia, Canosa, Paestum e Nola, ma anche ricordando coloro i quali hanno speso la loro vita a tutelare e studiare le antichità della Magna Grecia, in primis il professore Enzo Lippolis, recentemente scomparso.  Tutto inizia con Pithekoussai (l’odierna Ischia) e Cuma, primi nuclei di colonizzazione greci, in Campania e nell’Italia meridionale: provenienti dall’Eubea, i coloni greci si affermarono sulle popolazioni italiche preesistenti, non estinguendole, ma fungendo da collante, formando così un’unica macro regione, principalmente dal punto di vista culturale. Tra i reperti più affascinanti si possono citare quelli provenienti da Ruvo, come gli ori e i crateri, ma soprattutto, gli straordinari affreschi provenienti dalla Tomba delle Danzatrici. Ancora, da Nola, gli affreschi della Tomba dei guerrieri sanniti, l’Hydria Vivenzio, o il cratere di Altamura, recentemente restaurato dal Getty Museum. La collezione termina con l’avvento di Roma: il mondo magno greco non scompare, ma attua un processo di mimetizzazione per assicurarsi la sopravvivenza nella storia.

Gli Assiri e la prossima ‘sfida’ del MANN

La seconda novità estiva proposta ai visitatori dal MANN è la mostra Gli Assiri all’ombra del Vesuvio, nei pressi della sala della Meridiana, visitabile fino al 16 settembre. Particolarmente sensibile alla tutela di beni e aree archeologiche in zone di guerra, il Museo Archeologico di Napoli ha acceso i riflettori sulla grandiosa civiltà assira, una delle prime civiltà della storia dell’uomo a dare vita a città politicamente organizzate, la cui area geografica corrisponde all’odierno Iraq. Organizzata con l’Università L’Orientale, la mostra vanta prestiti illustri provenienti dal British Museum, Musei Vaticani e dai Musei Reali di Torino. In un percorso circolare, il visitatore scopre i palazzi reali delle maggiori città assire, ossia Nimrud e Ninive. Quel che si discosta da una classica mostra, è l’interattività offerta ai turisti: filmati, realtà aumentata, addirittura anche essenze, spruzzate nelle sale, che riproducono i profumi dei giardini del palazzo reale a Nimrud. Un’immersione dinamica nel mondo assiro, se non bastassero i meravigliosi calchi e i numerosi pezzi esposti come il busto di Sargon II. Oltre ai reperti, anche le storie di chi li ha scoperti e tutelati come Henry Austin Layard, la cui amicizia permise ad Alessandro Castellani di riprodurre i magnifici bassorilievi assiri e di donarli all’allora direttore del Museo Archeologico, Giuseppe Fiorelli.

Avviandosi verso l’uscita, un altro simpatico e originale percorso espositivo attende il visitatore: la personale dello street-artist Blub, L’arte sa nuotare, che ha tappezzato varie città italiane, inclusa Napoli, con le sue rivisitazioni di opere famose. In vista dell’imminente inaugurazione della nuova mostra-evento del MANN, Thalassa: il mare, il mito la storia e l’archeologia, dedicata all’archeologia subacquea (al cui allestimento ha partecipato il famoso archeologo siciliano Sebastiano Tusa, recentemente scomparso nell’incidente aereo di Addis Abeba), la personale dello street-artist è stata fortemente voluta dal direttore Giulierini: “#Lartesanuotare recita l’hashtag che ha scelto Blub, e noi aggiungiamo che per l’arte si nuota, ad esempio, verso la scoperta e la valorizzazione dei reperti del Mediterraneo riemersi dall’antichità, quelli che racconteremo nella nostra mostra Thalassa”. Così si potranno vedere, corredate di maschere subacquee, le riproduzioni delle opere più famose del MANN come Saffo, il ritratto di Terentius Neo e la moglie, e perfino re Carlo di Borbone. “Ripropongo personaggi che hanno trasmesso un esempio di grandezza, in grado di sopravvivere anche oggi, anche sotto l’acqua, senza tempo“, spiega Blub.

Buona estate al MANN!

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.