“L’Italia è un desiderio. Fotografie, paesaggi e visioni”: alle Scuderie del Quirinale il popolo e la storia del Paese nella fascinazione di uno scatto

by Michela Conoscitore

È l’Italia del Grand Tour e dei casi di cronaca nera, di panorami unici e di scempi edilizi, un’Italia tra sogno e realtà quella raccontata nella nuova mostra delle Scuderie del Quirinale, visitabile fino al 3 settembre. “L’Italia è un desiderio. Fotografie, paesaggi e visioni”, in seicento fotografie provenienti dagli archivi della Fondazione Alinari e dal museo Mufoco di Cinisello Balsamo, prova a narrare l’evoluzione di una nazione e di un popolo in circa due secoli di storia. Un viaggio avvincente che utilizza il mezzo fotografico e ne racconta parimenti l’evoluzione, di tecniche, tematiche e fascinazioni.

Dall’unione dell’Archivio Alinari di Firenze, una vera e propria miniera di storia della fotografia, con il contemporaneo Mufoco nasce una narrazione fluida e sfaccettata che, attraverso scintille dislocate lungo il percorso di visita, passato e presente dialogano tra loro su punti di contatto inerenti alle tecniche, il linguaggio o a medesime visioni. Autori di questa narrazione corale sono grandi nomi, fotografi che hanno documentato la storia del nostro Paese affinché non se ne perdesse testimonianza. Oggi, quei narratori si sono ritrovati tutti a Roma, per dare vita ad un percorso di scoperta che non solo fissasse nella memoria collettiva la storia, ma soprattutto l’essenza stessa della nazione.

Come i viaggiatori ottocenteschi al loro estatico approdare nel Bel Paese, il visitatore all’inizio di questo percorso museale si ritroverà catapultato nell’Italia di quel tempo, un paese bucolico e sognante, ancora immerso in ingenuità arcadiche che catturavano irrimediabilmente i viandanti. I dagherrotipi e le stampe rimandano al visitatore scorci di un’Italia che fu, ma che non si è persa del tutto poiché vive ancora dentro tradizioni secolari, tramandate e gelosamente custodite. Delle grandiose vedute di Roma e Firenze, bellezze siciliane diroccate, e i vulcani meridionali, ‘mostri’ meravigliosi e da sempre temuti, si passa agli inizi del Novecento, quando il mondo iniziò a cambiare, e i fotografi ad abbandonare una visuale prettamente paesaggistica per entrare dentro quegli scenari, e diventarne essi stessi protagonisti. Difatti, gli scatti di questa sezione di mostra si arricchiscono di interpretazioni personali, di scelte che isolano storie specifiche e le consegnano, preziose, al visitatore. È indifferente se ad essere ritratta è una bambina attorniata da un giardino senza collocazione geografica, o dei giovani uomini, nudi e bellissimi, in Sicilia. Il paesaggio comincia ad essere modificato da chi lo fotografa, e di conseguenza lo arricchisce ulteriormente.

Dopo le guerre mondiali, cambia il paesaggio, cambiano le fisionomie e cambiano anche le sensibilità dei fotografi. Stride sempre più il contrasto tra un Nord, ormai industrializzato e preso d’assalto da lavoratori in cerca di una possibilità, e un Sud ancora apparentemente immerso in una poetica serenità. I cantieri di case popolari in costruzione di via Spezia a Milano contrastano con le vedute di piccoli paesi del Centro e del Sud raccolti in sparuti punti di aggregazione, come l’altare devozionale ritratto da Luciano Ferri. Il lavoratore sardo appena giunto a Milano con le valigie di cartone, spaesato e affaticato, è lontano anni luce dagli scatti di Fosco Maraini che celebrano la storia millenaria della Sicilia.

Anche i volti sono paesaggi, e questi nello specifico mutano tra un conquistato benessere e omicidi cruenti: l’Italia dopo gli anni Sessanta va incontro ad un vorticoso avvicendarsi di vittorie e sconfitte, che però sono nerissime e offuscano il resto. Le manifestazioni studentesche, l’attentato di Piazza Fontana, e gli omicidi di mafia ritratti da Letizia Battaglia, lo sgomento di un Paese che non riusciva a comprendere il tempo in cui stava vivendo risiede negli occhi della donna che piange l’omicidio del deputato Pio La Torre, ritratta sempre dalla fotografa palermitana.    

Dal Novecento fino agli anni Duemila è di scena l’astrattismo, applicato all’ambiente urbano e rurale, come si nota nelle opere del fotografo Franco Fontana. Fabbriche, campi di calcio, quartieri periferici, le foto di questo decennio ritraggono un’Italia che irrimediabilmente ha perso l’innocenza ottocentesca, ma che nutre ancora il desiderio di ammaliare con i paesaggi, il popolo e la storia.

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