Stavolta Scalfarotto: il poster di rottura di Davide Barco. “Mi sono concentrato sull’impatto visivo e su un obiettivo di lavoro: la bellezza”

by Felice Sblendorio

Dopo le polemiche per la sua candidatura, molta ironia si è concentrata sul manifesto elettorale di Ivan Scalfarotto, candidato presidente alla Regione Puglia per Italia Viva, Azione e + Europa. Se Raffaele Fitto ha scelto un rassicurante e identificativo pumo salentino per il suo logo, il sottosegretario foggiano – seguito dall’agenzia Quorum e da Giovanni Diamanti, Lorenzo Pregliasco e Martina Carone – ha scelto di rivoluzionare la sua comunicazione affidando la realizzazione del manifesto elettorale a Davide Barco, uno dei più apprezzati illustratori italiani che, a livello internazionale, ha collaborato per il New York Times, Wall Street Journal e poi per il Milan, Juventus, NBA, HBO e American Express.

Andando oltre il classico faccione scontornato con fondale a scelta, Barco ha stilizzato e disegnato con il suo stile uno Scalfarotto protagonista del poster con il claim della comunicazione: “Stavolta Scalfarotto”, in una declinazione ampia sullo sfondo che tocca molte urgenze: dall’ambiente ai diritti, dall’Europa alla parità di genere, dalla salute all’ascolto. Il lavoro, che ricorda la pop art e alcune influenze giapponesi, ha suscitato numerose critiche e ironie: sul web, infatti, già non si contano i fotomontaggi e le parodie del lavoro originale.

Per scoprire com’è nato questo poster elettorale, bonculture ha intervistato Davide Barco.

Davide, com’è nata la collaborazione con Ivan Scalfarotto?

In un modo molto classico: Ivan è seguito da un’agenzia di comunicazione e questo team ha proposto a lui di realizzare una campagna illustrata. Di conseguenza, sono rientrato in un gruppo di artisti selezionati e sono stato scelto per una preferenza di stile, ritenuto più interessante o più appropriato per la realizzazione della campagna.

Molto spesso, soprattutto per le competizioni elettorali più vicine al cittadino come le regionali, ci sono delle ferree leggi comunicative: il santino (con il faccione del candidato) sicuramente rientra in queste indicazioni. Com’è nata l’idea di destrutturare l’immagine classica del poster elettorale?

Dopo aver avuto la possibilità di parlare con Ivan Scalfarotto volevo fare qualcosa che rimanesse impresso, che fosse mediaticamente impattante. Volevo lavorare sull’estetica, in modo tale da discostarci notevolmente dai manifesti classici che campeggiano in campagna elettorale nelle murate delle città. I classici poster politici graficamente non hanno nulla di interessante e, in termini di contenuto, sono debolissimi. Così mi sono concentrato sull’impatto visivo e su un obiettivo di lavoro: la bellezza.

Perché ha scelto di raffigurare Scalfarotto al centro del poster con il claim della campagna “Stavolta Scalfarotto” e con uno sfondo impreziosito da tante declinazioni di concetti e parole chiave della campagna elettorale?

È stato un mio suggerimento di cui prendo volentieri la responsabilità. Volevo creare qualcosa che rompesse visivamente il ritmo delle murate dove ci sarà sicuramente Emiliano e Fitto. Fra i loro manifesti troverete Scalfarotto con il suo poster di rottura visiva. Sul fondo inizialmente ero indeciso: volevo creare un fondale che richiamasse la tradizione delle ceramiche pugliesi, ma poi ho pensato di mettere delle parole simbolo e dei concetti chiave della campagna politica di Ivan. Nell’impostazione a manifesto si comprende poco, ma in quella 6×3 si vedrà chiaramente lo sfondo: un piatto scritto, decorato, dove alcuni elementi sono stilizzati. Per evitare l’effetto santificazione, come molti hanno ironicamente commentato, il piatto è centrato sulla base del collo, e non sopra. Ovviamente non c’è nessun tentativo di santificazione, ma è semplicemente un modo per posizionare al centro il candidato e le sue parole per la Puglia.

Una sfida comunicativa ambiziosa.

Personalmente avrei osato ancora, rendendo il poster più grafico e meno foto realista. Poi, però, in questi lavori bisogna bilanciare le esigenze di comunicazione con quelle creative. Avevamo un problema di riconoscibilità, perchè Scalfarotto non è Emiliano e neppure Fitto.

In molti sostengono che già questa versione stilizzata del poster potrà essere controproducente sull’effettiva riconoscibilità di un candidato meno consolidato nell’immaginario politico pugliese. Condivide?

Secondo me no. Non credo che una foto scontornata di Scalfarotto e un tipico cielo azzurro avrebbe funzionato di più. Fare una cosa come la fanno gli altri o come prescrive la tradizione non è sempre un bene. Il manifesto elettorale graficamente è un obbrobrio che va a sporcare i muri con un messaggio davvero molto semplice: vota per me. Noi abbiamo voluto seguire un percorso estetico incentrato sulla bellezza. È un manifesto, alla fine: c’è scritto chi è il candidato e il perchè di quella comunicazione. Poi, oggettivamente, considerando l’attenzione mediatica e social, il poster ha già raggiunto qualche risultato in termini comunicativi.

Invece, a chi sottolinea che è una comunicazione basata solamente sull’estetica e poco sul contenuto cosa risponde?

Preferisco pensare all’elettorato come un gruppo di persone intelligente, non stupido. Questa è anche un’occasione per far aprire gli occhi: possiamo far vedere che un manifesto politico può essere anche esteticamente bello. Che io sappia Vendola fece dei bei manifesti in Puglia. Ivan ha scelto di riportare quello stile. Se Emiliano o Fitto avranno dei manifesti esteticamente belli sarà sicuramente una cosa positiva. Io vorrei che, oltre alla battaglia sacrosanta sui contenuti, la politica e la comunicazione si sforzasse di creare cose belle. Considerando la nostra propensione al bello, sarebbe interessante traslare questa attenzione anche nel settore della comunicazione politica.

Lei di solito lavora per grandi realtà sportive nazionali e internazionali, mentre questa volta si è misurato con un progetto politico. C’è stato – da parte sua – un controllo etico e valoriale prima di accettare questa collaborazione?

Io faccio l’illustratore sportivo: ho le mie fedi calcistiche, sono dichiaratamente milanista ma ho lavorato per tanto tempo per la Juve, ma non mi sono mai posto un problema etico. Per la politica è diverso. Per me la politica è qualcosa di decisivo per le sorti delle nostre comunità. Quando ho accettato questo lavoro mi sono assicurato che l’idea di mondo di Ivan Scalfarotto, almeno sui valori principali, fosse simile alla mia. Quando mi ha parlato di società inclusiva, di interesse nei confronti dell’Europa, di pari opportunità, dunque di valori fondamentali distinti dalle politiche che metterà in campo in Puglia, ho accettato: la visione generale era comune. Io non sono uno da porti chiusi, o da mandiamoli a casa, ecco.

Sul web in molti si sono scatenati in rivisitazioni e parodie fra l’ironico e il volgare. Qualcuno ha ironizzato sull’aureola e sull’immagine da santo, altri sullo stile cinese o giapponese. Come ha vissuto queste risposte?

Devo fare un mea culpa su quello che è successo. Quando lavoravo per la Juve i miei amici scherzando mi insultavano con un semplice “lavori per il nemico”. Con la politica, sbagliando, ero semplicemente contento di offrire il mio contributo per un progetto così ambizioso. Non mi sono posto il problema dei detrattori. Non tanto l’ironia, quella è bella e ci sta, ma a livello politico non ho apprezzato una quantità importante di astio e cattiveria. Le offese mi hanno fatto parecchio male.

Qual è, dal suo punto di vista, la rivisitazione più simpatica?

Premetto dicendo che le rivisitazioni mi hanno fatto sorridere e sono utili, perchè significa che il manifesto è penetrato nell’immaginario e si presta alla rielaborazione. Quella più divertente è un mix del volto di Ivan con i Pokémon. Oppure i montaggi del suo volto con gli sfondi dei manifesti comunisti. Su questo riferimento vorrei ricordare, inoltre, che l’estetica comunista e fascista di propaganda – ovviamente sto parlando dell’estetica, lasciando da parte i deprecabili messaggi politici – era ben studiata, mai sciatta. Andiamo oltre questa retorica pigra: anche nella comunicazione politica serve bellezza, intelligenza, novità.

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