«Voglio vivere ed essere forte per amarti». Frida e Diego, l’elefante e la colomba e il loro fuoco d’amore rivoluzionario

by Michela Conoscitore

Bisogna sfatare un mito: il loro non era un amore romantico. Però era reale, e nell’aggettivo rientrano tutte le storture e le difficoltà di quando una coppia va avanti, nonostante la fine dell’incantesimo, nonostante il dolore, nonostante tutto. Se dobbiamo indicare una motivazione per ricordare l’amore di Frida Kahlo e Diego Rivera, su tutte una, la più importante: non arrendersi, perché l’amore non ti fa sempre vedere il mondo con occhiali dalle lenti rosa. Spesso il colore cambia, ma se alla base c’è una comunanza non solo di affetti ma anche di visioni, quella vita condivisa insieme non sarà un’ancora ma una bussola.

Frida e Diego, i loro nomi sembrano indissolubilmente legati, anche da un’assonanza ritmica. Come si suol dire, suonano bene insieme. Infatti, i due erano davvero destinati ad unire le loro esistenze, artistiche ed umane, anzi dovevano perché così ci hanno donato l’enormità delle loro esperienze che trascendono le epoche, diventate universali e senza tempo.Era scritto, si dice per i grandi amori e questo vale anche per il loro.

Frida e Diego si conobbero nel 1923 quando Rivera, pittore già affermato, era appena tornato da Parigi dove stava portando a termine il proprio praticantato, mescendo l’estro indio e messicano a quello europeo; il pittore stava ultimando gli affreschi alla Scuola Preparatoria di Città del Messico, commissionati dal ministro dell’Istruzione Vasconcelos, vero eroe politico di quel periodo, al termine della Revolucion.

Frida, mentre Diego era intento a dipingere nell’anfiteatro Bolivar del collegio, spesso irrompeva come un fulmine canzonandolo e prendendolo in giro.

Inconsapevolmente era già attirata dalla fama del pittore e come una discola, a quindici anni si divertiva a sbeffeggiarlo sul suo punto debole: le donne. Rivera ne ha sempre avute molte, incomprensibilmente, perché di certo non era un uomo avvenente. Al contrario. Eppure, il suo carisma ha fatto letteralmente svenire ai suoi piedi le più belle. L’elefante, come lo chiamava Frida, amava l’essenza delle donne, la idolatrava, non si è mai compiaciuto di se stesso tramite loro. La colomba, Frida, così minuta e piccola, rispetto a lui, questo lo aveva compreso, cadde anche lei nella ‘trappola’ dell’orco divoratore di donne. E accettò.

Aveva una dignità e una sicurezza di sé del tutto inusuali e negli occhi le brillava uno strano fuoco”, raccontò il pittore alla giornalista Gladys March qualche anno più tardi, quando le raccontò il primo incontro con Frida.

Lui fu rapito da quella diversità, dal corpo di Frida martoriato eppure flessuoso. Dopo quella volta, i due si ritrovarono nel 1928, a casa della fotografa e attivista italiana Tina Modotti. Frida gli chiese un parere sui suoi quadri, dopo l’incidente in tram che le procurò sofferenze per tutta la vita, aveva abbandonato il proposito di diventare medico, dedicandosi alla pittura, per riempire quei mesi d’immobilità nel letto. Diego, quando vide le sue prime creazioni, ne rimase colpito e la incoraggiò. Vent’anni li separavano, ma quel che era inevitabile successe. Nel 1929 l’elefante e la colomba, la coppia impossibile, si sposarono.

Ieri sera mi sono sentita come se tante ali mi accarezzassero tutta, come se le punte delle tue dita avessero bocche che baciavano la mia pelle. Gli atomi del mio corpo sono tuoi e vibrano insieme così che ci amiamo l’un l’altra. Voglio vivere ed essere forte per amarti con tutta la tenerezza che ti meriti, per darti tutto ciò che c’è di buono in me, così che tu non ti sentirai solo.”

I primi anni di matrimonio furono sereni, la coppia unita, punto di riferimento per le nuove avanguardie artistiche, cominciò a viaggiare molto soprattutto negli Stati Uniti, dove Diego fu chiamato per alcuni lavori. Frida, non ancora famosa, non si trovò mai a suo agio a Gringolandia. Però, il suo nome iniziò a circolare tra i collezionisti, molti la notarono, rimasero letteralmente invischiati in quelle sue visioni, così realistiche e crude, oniriche e sfacciate.

Frida nei suoi dipinti riversava tutta se stessa, soprattutto esorcizzava così il proprio dolore, per il corpo che non le dava tregua, per le gravidanze che non riusciva a portare a termine, per i tradimenti di Diego che, per quanto l’amasse, non riusciva a fare a meno di altre donne. Tornano in Messico, Frida è stanca e ha bisogno della sua Casa Azul. Frida, poi, disse anche basta a Diego. Lo amava, ma il tradimento con la sorella Cristina fu troppo da sopportare.

Era il 1939: si tagliò i lunghi capelli, per cui Diego nutriva un vero e proprio feticismo, e cominciò a comportarsi come lui. Uomini o donne, amò chiunque, forse per comprendere meglio Diego e la sua sete inesauribile di corpi.

Perché lo chiamo il mio Diego? Mai fu né mai sarà mio. Appartiene a se stesso.

Poi, nel 1940 a sorpresa, si risposano. Questo sarà il vero matrimonio, il loro per sempre, dove non si nascosero nulla, si misero a nudo e si compresero. Una nuova fase della loro vita insieme, benedetta dall’amicizia:

Al fondo tu e io ci amiamo profondamente e per questo siamo in grado di sopportare innumerevoli avventure, colpi alle porte, imprecazioni, insulti, reclami internazionali – eppure ci ameremo sempre… Credo che dipenda dal fatto che sono un tantino stupida perché tutte queste cose sono successe e si sono ripetute per i sette anni che abbiamo vissuto insieme e tutte le arrabbiature da cui sono passata sono servite soltanto a farmi finalmente capire che ti amo più della mia stessa pelle e che, se anche tu non mi ami nello stesso modo, comunque in qualche modo mi ami. Non è così? Spero che sia sempre così e di tanto mi accontenterò. Amami un poco, io ti adoro.

Nel 1954 arrivò l’epilogo. La pittrice, dopo una vita di sofferenze, morì a causa delle complicanze delle sue precarie condizioni di salute. I suoi furono funerali pubblici, si celebrò l’artista e la compagna, e in quel momento nacque il mito. Diego, da allora, fece un passo indietro. Si ritirò nell’ombra, visse per ricordarla, e con amarezza disse: “Ho capito che la cosa più bella della mia vita è stata il mio amore per Frida”.

Bibliografia consigliata:

Frida Kahlo, Lettere appassionate, Ed. Abscondita

Jean-Marie Le Clézio, Diego e Frida. Un amore assoluto e impossibile sullo sfondo del Messico rivoluzionario, Ed. Il Saggiatore

Hayden Herrera, Frida. Una biografia, Ed. Neri Pozza

Pino Cacucci, Viva la Vida!, Ed. Feltrinelli

Claire Berest, Nulla è nero, Ed. Neri Pozza

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