Bukowski, Murakami e gli altri. Il mestiere dell’illustratore secondo Emiliano Ponzi

by Fabrizio Simone

Cosa unisce Repubblica, Vogue, il New York Times, Le Monde, il New Yorker, Newsweek, Rolling Stone, ma anche Feltrinelli, Mondadori, Einaudi, Lavazza, Bulgari, Pirelli, Amnesty International, Armani, il Washington Post, Penguin Books e il MoMA di New York?

Un nome: Emiliano Ponzi. L’illustratore di Reggio Emilia, infatti, è autore di illustrazioni, copertine, disegni e campagne pubblicitarie per grandi marchi e quotidiani prestigiosi, case editrici blasonate e riviste autorevoli, riuscendo sempre ad imprimere la propria personalità in ogni sua creazione.

Basta entrare in una libreria e prendere in mano uno dei tanti volumi editi da Feltrinelli, ad esempio, per imbattersi in una delle copertine da lui realizzate. Charles Willeford, Josè Saramago, Marcela Serrano, Jonathan Coe e Dave Eggers sono solo alcuni degli autori che Ponzi ha illustrato nel corso degli anni. Forse il lettore italiano riconoscerà lo stile inconfondibile di Ponzi proprio nella serie dedicata dalla Feltrinelli a Charles Bukowski, premiata nel 2013 con la Gold Metal dalla Society of Illustrators di New York. Bonculture ha intervistato Emiliano Ponzi in occasione della pubblicazione del nuovo libro di Haruki Murakami, Abbandonare un gatto (Einaudi), da lui riccamente illustrato.

Qual è stato il tuo approccio all’ultimo libro di Murakami (Abbandonare un gatto)?

Questo saggio è stato pubblicato inizialmente l’anno scorso sul New Yorker e per l’occasione ho realizzato una singola illustrazione. In vista dell’edizione italiana, Einaudi mi ha commissionato le illustrazioni dell’intero libro, edito nella prestigiosa collana dei Supercoralli. Sicuramente l’approccio è stato quello di individuare tutte le scene più importanti. Qui c’è la figura di un padre, ma anche un rapporto con un padre e un nonno, quindi con tutta la sua discendenza. Sembra quasi che lui voglia raccontare il passato per farci capire perché adesso è così. È una storia a cui mi sono dovuto approcciare con una grandissima delicatezza perché contiene una quantità di informazioni sensibili personali a cui bisogna fare attenzione. Sono stato molto contento quando, nella fase di revisione, Murakami e il suo agente hanno approvato i miei disegni. Sicuramente a livello comunicativo è una grande vittoria perché vuol dire che ho rispettato il senso del libro.

Quale illustrazione è piaciuta maggiormente a Murakami?

 Non saprei proprio dirti qual è la sua preferita perché non ho avuto un rapporto diretto con lui, com’è immaginabile. L’editor di Einaudi mi ha detto che Murakami ha richiesto copie del libro dopo aver ricevuto la versione digitale da approvare.

In quale illustrazione credi d’aver espresso pienamente te stesso?

L’impegno c’è stato con tutte quante, però una delle mie preferite è proprio la prima, che compare anche in copertina. C’è una potenza sia lirica che scenografica, con tutti questi alberi che formano una scenografia quasi filmica, e poi questa prospettiva dove noi li vediamo andare verso la spiaggia, con un gioco di luci e ombre che ci restituisce l’estate a Tokyo negli anni’50.

Qual è l’ultima illustrazione a cui ti sei dedicato?

L’ultima illustrazione che ho fatto è una copertina per un romanzo scritto da un’autrice inglese di cui non ricordo il nome. C’è una ragazza in primo piano con la campagna irlandese dietro.

Per Feltrinelli, l’autore che hai illustrato maggiormente è Bukowski.

Bukowski è stato l’esperimento perfezionato che, io e la Feltrinelli, abbiamo iniziato con la serie di Saramago. Quando il nuovo art director è arrivato alla Feltrinelli, c’era la necessità di rivedere l’Universale economica e per la prima volta hanno affidato ad un’unica mano tutte le copertine dei libri di uno stesso autore. Abbiamo iniziato proprio con Saramago. Quando fu deciso di rilanciare Bukowski, il successo fu maggiore perché ci fu più libertà nelle illustrazioni. Certo Bukowski è anche un autore, rispetto a Saramago, un po’ più di azione, per cui abbiamo scelto di farlo comparire in ogni copertina rendendo appunto la copertina una sorta di palcoscenico dove Bukowski potesse fare le sue malefatte. Insomma, abbiamo sempre cercato di preservare in ogni copertina il suo essere sporcaccione oltre che il suo spirito antiamericano. Credo che le copertine di Bukowski siano proprio il mio lavoro più premiato in assoluto, soprattutto in America.

Com’è stato illustrare copertine riguardanti un periodo con problematiche differenti dal nostro tempo?

Questa è una cosa molto interessante perché bisogna riuscire a piegare il punto di vista. È chiaro che non si può guardarlo con gli occhi di oggi perché se lo fai, quelle copertine, soprattutto in un periodo di grande attenzione alla parità di genere e al ruolo della donna come quello in cui viviamo, risultano non soltanto inappropriate. Mi ha stupito che queste copertine siano state così premiate soprattutto in America, paese notoriamente più puritano rispetto a noi, che tiene molto alla facciata per certe cose. Quindi l’intenzione è stata proprio quella di riuscire, con i colori, a restituire un po’ quelle atmosfere (colori molto caldi o molto freddi come delle polaroid) e poi cercare proprio di pensare come se l’immaginava lui, ad esempio in macchina in un garage con due donne, a fare l’amore sbronzi fino all’alba, oppure come poteva lui innaffiare il giardino (c’è una metafora perché nasconde la pompa con la mano per far credere che stia facendo pipì). Ho provato ad entrare nella sua testa ed immaginare cose, fantasie, perversioni.

Ti sei mai ritrovato nelle opere che lui ha scritto?

Sicuramente i suoi scritti si amano molto da adolescenti perché lui è proprio l’irriverenza e l’irriverenza è sempre molto vicina a quell’età della vita dove uno vuole spaccare tutto, fare le prime esperienze sessuali. Quando lo leggo mi strappa sempre il sorriso, anche se la sua è una scrittura molto puberale.

Qual è la copertina a cui sei più legato?

Forse proprio la serie di Bukowski. È quella più riuscita. Nel complesso continuo ad essere soddisfatto nonostante siano passati almeno otto anni.

Per il centenario della nascita di Bukowski, uscirà qualcosa con tue illustrazioni?

Non mi hanno comunicato niente, quindi non credo.

Qual è il segreto per una buona illustrazione?

 Il segreto è avere un’idea e portarla avanti, seguendo una chiarezza d’intenti, evitando di fare troppo o troppo poco, nell’indecisione di cosa mettere dentro. Ogni disegno è come un palcoscenico dove c’è una complessità che va risolta e bisogna lasciare solo gli elementi utili ad una comunicazione diretta. Guardando il disegno di una copertina la gente deve capire tutto in pochi secondi, ma senza banalizzare il contenuto.

C’è una copertina di cui ti sei pentito?

Ce ne sono tante, soprattutto a causa dei tempi di consegna troppo veloci.

C’è un autore che vorresti illustrare?

Mi piacerebbe illustrare nuovamente la copertina dell’Alchimista di Coelho, dato che ogni illustratore ha una visione diversa, ma anche quelle di Henry Miller, di Carver e del primo Baricco.

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