“Era necessario illuminare le parti oscure della storia”. Ritanna Armeni e il desiderio di emancipazione di “Mara”

by Alessandra Benvenuto

Un libro che è lettura luminosa e terapeutica, in questi tempi di attesa e di essenza.

Il racconto avvincente della storia di un decennio che s’intreccia con le esistenze dei personaggi e ci conduce nell’affascinante atmosfera romana del regime e in quella interiore dei protagonisti. Con sapienza ed eleganza, la Armeni dipinge volti e svela profili intensi di donne, altrimenti sommersi nel grigiore di un tempo raccontato e vissuto solo al maschile.

Mettersi nei panni della giovane fascista Mara, per lei che si considera – un po’ ironicamente – una “vecchia comunista” non deve essere stato però cosi agevole…

“Ma non tanto difficile da impedirmelo. E’ stata una scommessa. Ho messo da parte la mia storia cercando di immergermi il più possibile nella testa e nei sentimenti di una ragazza che viveva gli anni più importanti del regime, alla vigilia dell’impero. Mara mi assomiglia anche molto e, in lei, c’è tanto del desiderio di emancipazione e costruzione del proprio futuro delle donne che hanno vissuto dopo, in tempo di democrazia. La loro storia non coincide con quella degli uomini. E’ necessario cercarla. E quando si trova, si scoprono assonanze e similitudini con esistenze di donne, che durante – e nonostante – il fascismo – hanno mantenuto il desiderio di libertà”.

Non c’è solo lei…qui rivivono (anche se solo come comparse) Palma Bucarelli, Elisa Majer Rizzioli, Margherita Sarfatti, Alba De Cespedes… voci femminili imponenti, ma ogni volta dimenticate.

“C’è la storia di tante donne che hanno mantenuto una loro forza e che ho voluto ricordare: la Rizzioli che è stata il capo dei fasci femminili che fu mandata via perché rivendicava una maggiore autonomia, la Bucarelli che ebbe legami con il ministro Bottai che fu capace di conservare grandi opere d’arte. Mi sono ispirata alla Sofia Loren in Una giornata particolare di Scola, per la madri di Mara e di Nadia: due donne che, pur nella loro semplicità, mantengono un desiderio solido di libertà che trasmettono alle figlie. Nella figura di zia Luisa rivive invece una fascista, emancipata, devota al regime, che non rinuncia mai al suo senso critico. Ho avuto voglia di far venir fuori la personalità femminile in tutti i suoi aspetti. Per il fascismo la donna doveva essere moglie e madre. Ma Mara non si identifica con questo modello. Vuole leggere, studiare, e un lavoro che le piaccia. E malgrado tutto, riesce a realizzare i suoi sogni che in un periodo di autoritarismo dovevano solo essere messi da parte”.

Insomma un romanzo che è un’epopea…

“Quando mi chiedono quali sono le fonti che mi hanno ispirato, rispondo sempre che le fonti sono le assenze. Dopo aver letto Scurati, De Felice, Gentile…mi sono resa conto che la storia delle donne non c’è mai, se non come interpretazione maschile. Era necessario raccontare un pezzo di storia nascosto o, peggio ancora, colpevolmente ignorato. Il bello e il buono di questo romanzo credo sia riuscire a illuminare le parti oscure, e mettere nella luce giusta le parti troppo illuminate”.

Ma grazie al chiaroscuro si rivelano anche alcune contraddizioni…

“Mentre mi documentavo mi sono accorta di alcune discrepanze. Le donne dovevano essere madri, mogli devote e vedove inconsolabili. Ma mentre il fascismo sembra relegarle in questo ruolo, con una immagine esclusivamente privata, in realtà le valorizza, assegna medaglie, le fa partecipare alle adunate. Da loro dipende la salvezza della patria. Sono il nucleo forte del patriottismo fascista. Per la prima volta – a differenza di quanto accadeva nello stato liberale – entrano nell’immagine pubblica. E questa è una contraddizione fondamentale”.

E non è l’unica …

“Ne ho scoperte di belle. La natalità tanto esaltata di cui le donne dovevano essere garanti e protagoniste, in realtà, negli anni del regime decresce. Quindi, sebbene in un modo molto garbato, loro disubbidiscono al duce. Le statistiche, in più, dimostrano che il numero di donne che lavoravano, era lo stesso di quelle che poi lavorarono nel tempo della democrazia. Non c’è mai stato un balzo rilevante. E lo facevano benché i salari fossero – per legge – inferiori a quelli degli uomini, cosa che comunque consentì assunzioni facili nelle industrie, ma anche nel corpo insegnanti, dal quale gli uomini erano quasi completamente esclusi. Il lavoro insomma rimane nucleo fondamentale dell’identità femminile”.

Ritanna Armeni

Nonostante il diktat del tempo “meglio robusta e coi fianchi larghi” molte di loro osarono persino scoprire il corpo in onore dello sport.

“Proprio in quel periodo abbandonarono i corsetti e gli abiti lunghi e scoprirono il corpo per fare ginnastica, cosa che divenne tema di scontro molto forte con la chiesa cattolica. E ancora…non dovevano insegnare materie umanistiche perché il loro spirito non era ritenuto abbastanza elevato. Ma – durante il fascismo – le iscrizioni alle università si triplicano. E il liceo femminile che Gentile avrebbe voluto solo per le mogli dell’ élite maschile …chiude dopo un anno.
Tra le donne e il regime c’è una contraddizione continua, anche se mai svelata. Certo loro aderivano all’ideologia del partito, ma quando si trattava di mettere in gioco il loro avvenire, la loro libertà e i loro desideri, scantonavano”.

A proposito di desideri e libertà… secondo Mara “per scrivere si ha bisogno di felicità”. E’ quello che pensa oggi anche Ritanna Armeni?

“Non posso non dire – per esperienza – che i grandi scrittori sono stati sempre tristi. Per me la scrittura è un momento di grande serenità, in cui sono con me stessa e sperimento ciò che sono in grado di fare con le parole. Ma vorrei sfatare il mito che la descrive come momento allegro e tranquillo. E’ invece una grandissima fatica, anche se si ha la soddisfazione di mettere finalmente fuori la parte creativa di se stessi, di solito mediata o nascosta. Provenendo dalla scrittura del mondo del giornalismo ho avuto anche la soddisfazione di cambiarla: nei romanzi non si comincia più dai fatti arrivando alla testa, ma si scrive partendo da ciò che si ha nella testa, per trasformarlo in fatti. Un processo completamente inverso, più delicato e complesso”.

Beh…il risultato è di suprema maestria. Dispiace molto separarsi da questo romanzo e si vorrebbe non finisse mai. C’è una pagina, in particolare, che fa sentire i brividi. E fa tornare in mente la frase “E’ possibile che chi sbaglia abbia anche ragione?”. La pronuncia Mara riflettendo sulle scelte della vita, e certe indomabili passioni che le dirigono.

“Devo dire che c’è la mia filosofia di vita, in quella frase… una mia profonda convinzione. Viene usata quando la sua amica Nadia compie una scelta che si rivelerà poi completamente sbagliata, ma – in quel momento e in quel modo – è lei a insegnarci che bisogna osare, che è importante seguire i propri sogni e le proprie aspirazioni. E questo messaggio vale oggi, ancor più di sempre. L’errore autentico di ogni donna è non cominciare mai questo percorso. Il vero limite è non avere il coraggio di sbagliare, perché sbagliare significa fare, vivere… seguire i propri desideri. L’unico ostacolo per ogni donna è non usare l’audacia necessaria per proporsi il cambiamento. Di se stessa e poi del mondo”.

Ritanna Armeni è componente della Giuria Tecnica del Premio letterario I fiori blu

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