Mr Rochester, il byronic hero di Jane Eyre, passionale, ambiguo, disperato e accecato d’amore, non smette di ispirare

by Michela Conoscitore

Tra i ‘principi azzurri’ della letteratura mondiale, lui sicuramente occupa un posto d’onore accanto al Mr Darcy di Orgoglio e Pregiudizio firmato da Jane Austen: il signor Rochester è il protagonista del famoso romanzo di Charlotte Brontë, Jane Eyre. Per quanto ‘figli’ della stessa epoca, quella vittoriana, il personaggio del signor Rochester conserva invidiabilmente quell’aura di fascino che ancora oggi fa innamorare le lettrici. Se vi state chiedendo il perché, oggi che viviamo nell’epoca del ghosting e di tante altre tattiche amorose che di ameno non possiedono nemmeno il nome, il signor Rochester per le donne del XXI secolo, ancora più che in passato, è un vero e proprio miraggio: un uomo che ama davvero, che si innamora di un’anima e non di un corpo, che vuole lei soltanto. E aspetta l’amata, sempre a metà tra disperazione e speranza.

Il libro e la storia

Il romanzo fu pubblicato il 16 ottobre 1847, in piena epoca vittoriana. In quanto donna, Charlotte pubblica la sua opera sotto pseudonimo maschile, Currer Bell. In poco tempo vendette tantissime copie, ed è tra le opere più famose della scrittrice britannica. Jane Eyre prende il titolo proprio dalla sua protagonista: orfana di entrambe i genitori, Jane viene cresciuta dal fratello della madre. Alla morte di quest’ultimo, la bimba rimane sola con la zia, la malvagia signora Reed, e tre cugini teppisti, figli di degna madre. Stufa di dover provvedere a lei, la signora Reed la iscrive al collegio di Lowood. Luoghi dall’aspetto caritatevole e a misura di bambino, in realtà i collegi vittoriani erano delle prigioni in cui i più piccoli venivano dimenticati. Jane Eyre, insomma, diventa adulta con un equilibrio che sfiora sempre la follia. Eppure, la sua vivida fantasia non ne viene intaccata, anzi: alimentata dall’ambiente cupo in cui è costretta a vivere per ben otto anni, la sua mente diventa regno di personaggi magici e di paesaggi in cui rifugiarsi. Al compimento dei diciotto anni, Jane pubblica un annuncio su un giornale, proponendosi come istitutrice: da Thornfield Hall le fanno sapere che saranno ben lieti di accoglierla, e che la sua nuova protetta, la piccola Adele Varens la aspetta. Dal suo arrivo a Thornfield, trascorre qualche mese prima che Jane conosca il proprietario: l’oscuro signor Rochester.

Chi è Edward Fairfax Rochester?

Il signor Rochester incarna alla perfezione il byronic hero, lo storico e critico Lord Macaulay così descrive questo modello letterario: “Un uomo orgoglioso, lunatico, cinico, implacabile nella vendetta eppure capace di profondi affetti“. Charlotte Brontë lo racconta come un uomo non molto avvenente, più anziano di Jane, e rude. Quando la giovane lo incontra, non sa se rimanerne affascinata o odiarlo. Il rapporto tra i due è, fin da subito, magico non nel senso romantico ma, come le confesserà lo stesso Rochester più avanti nella storia, lui e Jane parlano la stessa ‘lingua’. Entrambe riescono a vedere l’altro nel profondo, ad andare oltre le apparenze. Un dialogo tra anime affini.

Per quanto il romanzo sia di epoca vittoriana, è pervaso da una forte modernità, a volte camuffata. Un esempio è quando Jane rifiuta di vivere con Rochester come amante, e non come moglie legittima: questa decisione, apparentemente, va a braccetto con la morale dell’epoca, invece Jane lo fa per se stessa, per la sua dignità, per amor proprio. Così come Cime tempestose della sorella Emily, anche Jane Eyre in più occasioni precorre i tempi: la scrittrice ribalta l’immagine della donna angelo del focolare, e trasforma la sua protagonista in un essere non solo con una forte volontà decisionale sulla propria vita ma soprattutto, in un essere pensante e amante.

Rochester è costretto in giovane età al matrimonio dal padre con una ricca e sconosciuta ereditiera, la jamaicana Bertha Mason: si ritrova invischiato in un inganno tenuto nascosto non solo dai familiari della moglie ma, soprattutto, da suo padre. Ed è questo che Jane scopre, una ferita che ha smesso di sanguinare ma che fa ancora male, e le cui conseguenze pesano ancora sul gentiluomo. E lei ne è la cura, il raggio di sole in una vita tetra, trascorsa fino ad allora, in viaggi vuoti alla ricerca del piacere, seppur passeggero. Con miss Eyre, invece, Rochester sa che la felicità sarà duratura. Infatti, le dirà: “Sapevo che mi avreste fatto del bene, dal primo momento che vi ho visto“.

Il personaggio letterario ha assunto varie fattezze e sembianze, nel corso degli anni, al cinema e in televisione. Tra le tante possiamo ricordare la sua prima comparsa sul grande schermo con Orson Welles nel 1943. Oppure quella televisiva statunitense con Charlton Eston degli anni Cinquanta, e quelle britanniche del 1983 con Timothy Dalton e nel 1997 con Ciaran Hinds. Le più celebri, tuttavia, sono le più recenti:

Jane Eyre di Franco Zeffirelli

Del 1996, forse la versione più pacata e didascalica del romanzo. Protagonisti William Hurt e Charlotte Gainsbourg: la coppia di attori è quella che incarna meglio i characters letterari, a partire dalla differenza d’età tra Jane e Rochester. Fisicamente non molto attraente, trasandato, ritroviamo in Hurt anche la famosa chioma leonina di Rochester, descritta spesso nel romanzo da Charlotte Brontë. Quindi da parte di Franco Zeffirelli molta attenzione alla riproduzione fedele del romanzo, anche se per alcuni potrebbe risultare un po’ piatta. Per quanto ben recitato, il Rochester di William Hurt emoziona con distacco. Il byronic hero nella Jane Eyre di Zeffirelli è appena accennato.

Jane Eyre di Susanna White

Miniserie andata in onda sulla BBC nel 2006, ad interpretare i protagonisti, Toby Stephens e Ruth Wilson. Buona questa versione anche se, a tratti, il taglio televisivo ne smorza recitazione e ritmo. Il signor Rochester di Toby Stephens inizia a discostarsi molto, dal punto di vista fisico, rispetto a quello letterario, ma ne acquista in ironia. Infatti, ciò che si apprezza maggiormente dell’interpretazione di Stephens è l’umorismo tagliente, il cinismo tipico di Rochester, uomo ferito dalla vita e dagli affetti. L’attore ha saputo mettere bene in evidenza, diversamente da chi l’ha preceduto nel ruolo, l’abitudine di Rochester nell’aprire e chiudere porte sulla sua anima, nel far scorgere poco di sé stesso, nel ritirarsi a chi vorrebbe comprenderlo ma Jane riesce comunque a guardargli dentro. Il Rochester di Stephens è tridimensionale, rispetto a quello di Hurt: passionale, quasi carnale, si sa che ha dei trascorsi con molte donne, non è un santo, ma è uno spirito libero, come Jane. Il byronic hero di Stephens convince decisamente di più.

Jane Eyre di Cary Fukunaga

Probabilmente l’ultima trasposizione in ordine cronologico del romanzo brontiano rappresenta meglio le atmosfere del romanzo e incontra maggiormente il gusto del pubblico. Cary Fukunaga ha preso il romanzo ottocentesco e lo ha portato nella contemporaneità, ne ha rivisto i ritmi di narrazione, non snaturandoli e ne ha mantenuto intatto il nucleo, gotico e senza tempo. Un incantesimo cinematografico, che si apprezza ancora di più se visto in lingua originale. Se il Rochester di Hurt era piatto, Stephens cinico e ironico, quello interpretato da Michael Fassbender è la versione più fedele del personaggio, del byronic hero: glaciale e scostante ma, incuriosito da quella strana creatura che dice di essere istitutrice nella sua Thornielfd, durante il primo incontro nella nebbia. Man mano la cortina di ghiaccio tra i due inizia a sciogliersi, l’enigma che entrambi hanno davanti inizia a svelarsi. Così come a Jane è permesso di sondare quegli occhi pungenti. Certo, anche qui alla somiglianza fisica con il personaggio letterario è concessa qualche ‘licenza poetica’ però, vedendo il film, si comprende che non è poi così rilevante perché la passionale e intensa interpretazione di Fassbender (così come quella della Jane di Mia Wasikowska) punta al cuore di Rochester, a metterlo a nudo per lo spettatore. Soprattutto sono riprodotti fedelmente le tematiche misteriose della storia, ed è proprio questo che conquista della versione di Fukunaga: grazie ad una efficace fotografia tutto è avvolto in ombre e luce, chiaroscuri che nascondono e svelano personaggi ed ambienti.

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