Nero Ananas, il libro di Valerio Aiolli in corsa per il Premio Strega

by Michela Conoscitore

La ‘corsa’ che sta portando i finalisti alla serata che proclamerà il Premio Strega 2019, prevista il 4 luglio al Ninfeo di Villa Giulia, per chi la sta seguendo, si sta rivelando particolarmente appassionante. Tra i dodici libri in finale, prima della prossima scrematura in programma il 12 giugno, sono già stati indicati, come ogni anno, i papabili alla vittoria come Fedeltà di Marco Missiroli, M – Il figlio del secolo di Antonio Scurati e Lux di Eleonora Marangoni.

Ad attirare l’attenzione, tra titoli accattivanti e biografie ‘scomode’, nella dozzina spicca anche il libro di Valerio Aiolli, Nero Ananas (Voland, pp. 352, 17,00 €): una casa editrice indipendente e di pregio, uno scrittore di talento, un romanzo importante. Sembra che il libro abbia tutte le carte in regola per insidiare i cosiddetti favoriti delle ‘major’. Quest’anno, i giurati della 73esima edizione del Premio Strega hanno selezionato candidati che si sono focalizzati sulla storia d’Italia, personalità ed eventi che hanno segnato il paese, hanno puntato l’attenzione sull’analisi dell’interiorità dei protagonisti dei romanzi. L’opera di Aiolli si allinea esattamente a queste scelte, perché associa collettività e intimità, fuori e dentro, con un ritmo denso che lascia, al termine del libro, l’amaro in bocca e, addosso, odore di bruciato.

Nero Ananas narra dei quattro anni più difficili dell’Italia contemporanea, quelli della strategia della tensione che mise sotto scacco un intero paese, immobilizzò politici e gente comune perché nessuno aveva ben chiaro cosa stesse succedendo. La nazione proveniva dal boom economico, una fase di benessere che aveva coccolato un po’ tutti. Dopo il 1968, però, nulla fu come prima. Una ‘guerra fredda’ che coinvolse chi nel paese era schierato, chi tramava nell’ombra con i servizi segreti statunitensi, ma anche chi conduceva una vita lontano da quegli accadimenti. In quel periodo, essere italiani significava essere in lotta, una ribellione che non aveva solo una dimensione politica, ma toccava profondamente l’interiorità di tutti. Il romanzo alterna la Storia alle storie, di personaggi realmente esistiti come il presidente del consiglio Mariano Rumor, dei terroristi, anarchici e fascisti, che si contrapponevano su barricate inconsistenti per il ‘bene’ comune, seminando morte e confusione. Ma dà voce anche ad un ragazzino, testimone oculare di quel periodo che, iniziato quando lui ha dieci anni, proseguirà fino alla sua adolescenza, accompagnandolo così nell’età adulta con un bagaglio di consapevolezza che peserà come un macigno sulla sua storia famigliare e personale.

L’evento che apre la narrazione è la strage di Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969, che fu preceduta dagli attentati ai treni nell’agosto dello stesso anno, fino ad arrivare ai moti di Reggio Calabria del 1970, e all’attentato alla questura di Milano del 17 maggio 1973. Inoltre, la morte misteriosa dell’anarchico Pinelli, quella dell’editore Giangiacomo Feltrinelli, e l’assassinio del commissario Calabresi. Una lunga lista di fatti inspiegabili a cui la gente, così come anche le forze politiche, non seppe come reagire. Il sentimento che, infatti, regnava incontrastato era l’arrendevolezza. L’Italia “era morsa da animali occulti e misteriosi che la fanno contorcere”.

Non ci sono mai certezze, riflette, in materie come questa. È illusione pensare che la verità sia da scoprire come l’incognita di un’equazione, o come una statua nascosta sotto un velo. La verità, che pure esiste, emergerà, se e quando emergerà, come un reperto rinvenuto nel fango: sporco, rotto, mancante di certe parti.

Questa considerazione appartiene a Mariano Rumor, presidente del consiglio di quegli anni, tra i protagonisti più incisivi e interessanti del libro: Aiolli si addentra nella sua psiche, forse uno dei presidenti meno conosciuti della storia italiana, e lo prende come esempio di un paese allo sbando, che vorrebbe reagire ma non ha gli strumenti per farlo. Contrapposti a Rumor, sono i profili psicologici dei terroristi. Lo scrittore ne analizza vari, provando ad immergersi in quelle menti buie, in cui a risplendere sono solo ideologie distorte:

Se tutti, in ogni momento, si ribellassero al potere, ogni forma di gerarchia crollerebbe. E gli uomini sarebbero obbligati (sì, obbligati) a convivere nella libertà. Questo è ciò che ti dici. Il modo in cui giustifichi la tua voglia di spaccare, di distruggere le cose, di rompere il muso alle persone. Questa alternanza di rabbia e di grazia che c’è in te, ti logora.

La bravura di Aiolli nel raccontare questi eventi è spiazzante: ricostruisce dinamiche contorte, spiega l’invisibile, tratteggia con precisione chirurgica le personalità che affollano il racconto. Concluso il libro, il lettore non può fare altro che riflettere, a mente fredda, perché quel che è mancato, in quegli anni è stata proprio la capacità di comprensione, spuria da dottrine politiche e dalla paura. Nero Ananas serve a questo, a prendere coscienza e a redarguire su possibili, futuri, passi falsi.

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