“Uscire dagli schemi binari è uno stimolo per chi vuole raccontarci qualcosa”. Helena Janeczek e la Vita Nova del Salone del Libro

by Anna Maria Giannone

Oltre 20 mila studenti hanno seguito on line da tutta Italia le lezioni di Vita Nova, tappa di avvicinamento alla XXXIII edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, avviata lo scorso 4 dicembre. Alla scuola è stata infatti dedicata la prima parte della programmazione trasmessa sui canali digitali della più importante manifestazione italiana nel campo dell’editoria, diretta da Nicola Lagioia.

Susanna Mattiangeli e Luca Doninelli, Maura Gancitano e Andrea Colamedici, Roberto Saviano hanno inaugurato il progetto destinato alle scuole che proseguirà poi fino al 16 dicembre con altri 4 appuntamenti visibili su SalTo+, la piattaforma digitale nata per accompagnare la community del Salone durante tutto l’anno, in attesa di Vita Supernova, l’edizione dal vivo prevista a maggio 2021.

La grande comunità coinvolta dal format on line si è allargata includendo lettori, bibliotecari, librai, editori: tutti nodi della grande rete intrecciata attorno al percorso in 22 lezioni dipanato nelle 4 giornate. A grandi autrici e autori il compito di “riconciliare gli opposti”, superare un pensiero dicotomico dove il presente è immutabile e il futuro sembra non arrivare mai. Concetti apparentemente distanti come Sud-Nord, Realtà-Fantasia, Bene-Male, Maschi-Femmine, Giovani-Vecchi – per citarne solo alcuni – sono stati affidati a letterati, pensatori, divulgatori e artisti fra i quali Richard Baldwin, Emma Dante, Vittorio Sgarbi, Saverio Costanzo, Mario Calabresi, Letizia Battaglia, Paolo Giordano, Romeo Castellucci, Mathias Énard.

Altro grande protagonista di questo primo appuntamento del Salone è stato il teatro, luogo simbolo del black out culturale in cui versa il paese in questo momento di chiusura. L’Argentina a Roma, La Vicaria, casa della compagnia Sud Costa Occidentale a Palermo, l’Arena del Sole a Bologna, il Teatro dell’Elfo a Milano, il Teatro Astra a Torino hanno aperto le proprie porte, ospitando alcuni degli incontri in programma.

Vita Nova prosegue nelle 34 librerie torinesi che, insieme ai 180 editori aderenti, sono e rimangono il luogo fisico di incontro tra il Salone e la sua comunità fino al 7 gennaio 2021.

Noi di bonculture abbiamo raggiunto al telefono Helena Janeczek, scrittrice di origini polacche, da oltre 30 anni in Italia, Premio Strega nel 2018 con il suo “La ragazza con la Leica” e, da quest’anno, parte dello staff di consulenti culturali del Salone del Libro.

Partiamo dal titolo. Cos’è questa Vita Nova a cui il Salone dedica il programma in corso?

È un cortocircuito fra l’anno di celebrazioni Dantesche che arriverà con il 2021 e l’idea che ci stiamo affacciando a una vita nuova che bisogna in qualche modo inventarsi. Il progetto in corso e quello che ci sarà a maggio sono collegati. Vita Nova prepara a Vita Supernova, questa prima tappa è una sorta di ponte. Ci eravamo attrezzati pensando che si potesse fare un programma in presenza ma non è stato possibile. Per cui abbiamo deciso di fare un programma di incontri molto selezionato, costruito attorno all’idea di brevi e importanti lezioni divulgative impostate su i possibili aspetti che dovrebbe e potrebbe avere questa vita nuova che ci attende. Tutti gli incontri sono collegati attraverso un binomio di parole opposte o apparentemente opposte.

Riconciliare gli opposti è proprio la missione affidata agli autori ospiti.

Riconciliarli o metterli per lo meno in relazione, farne scaturire una dialettica che ci porti verso qualcosa di nuovo. Uscire dagli schemi binari è uno stimolo per chi vuole raccontarci qualcosa. Pensare a questi due poli, a come riconciliarli imposta un pensiero dinamico, propulsivo

Fra gli appuntamenti appena trascorsi uno l’ha coinvolta in prima persona, nato in collaborazione con il Parlamento Europeo. Come è nata questa collaborazione?

C’è stato un graditissimo interessamento da parte dell’ufficio di Milano della Comunità Europea, nella persona di Maurizio Molinari, per iniziare una collaborazione con il Salone del Libro. Abbiamo pensato in questo caso a un incontro che non avesse la forma di una lectio divulgativa tenuta da una singola persona ma di un dialogo – da me moderato – fra Eva Cantarella, brillantissima storica del mondo antico, e Petros Markaris che è oggi il più conosciuto e amato scrittore greco. Quello che abbiamo messo in dialogo non è il passato e il presente dell’Europa. Abbiamo provato a ragionare fra due prospettive, fra l’assetto originario delle società del mondo antico – la Grecia in particolare – e l’assetto attuale, guardando anche oltre i confini di questa Europa. Un percorso che, seguendo le modalità del programma di Vita Nova, si è mosso fra i concetti di Stato e Comunità. Ciò a cui dovrebbe tendere l’Unione Europea è una comunità di Stati, però fra stato e comunità ci sono delle linee di frizione concettuali, oggi e presumibilmente già in origine. Inoltre sia lo stato che la comunità hanno delle zone di inclusione e di esclusione interessanti da indagare. Abbiamo voluto avviare un ragionamento che guardasse all’Unione Europea da una prospettiva inedita.

La cultura gioca un ruolo cruciale nella costruzione della comunità. La chiusura di questo periodo rischia di acuire i sentimenti di disgregazione sociale?

Le comunità intorno alla cultura ci sono e, in questi tempi così difficili, si sono fatte sentire. Sono proprio queste comunità che abbiamo messo al centro del primo appuntamento di Vita Nova, con spirito di servizio. Gli incontri sono stati in molti casi ospitati da teatri, in questo momento un luogo di produzione di cultura in estrema difficoltà, per dare un nostro segno di vicinanza. Il programma è destinato alle scuole, anche là c’è una comunità di persone che sta facendo un lavoro enorme in condizioni difficili. Le nostre lezioni sono concepite in modo che all’interno delle classi possa attivarsi un dialogo. Il taglio è impostato in maniera divulgativa, in modo da raggiungere gli studenti che spesso fanno una gran fatica a seguire queste famigerate lezioni a distanza. Abbiamo coinvolto attivamente anche le librerie, per ora torinesi, in cui si potranno spendere i nostri buoni da leggere, messi a disposizione dei lettori: un aiuto alle librerie e alla comunità cittadina che ospita il Salone. Ci saranno anche delle iniziative legate alle celebrazioni di Albert Camus che coinvolgeranno poi tutte le librerie italiane. Ovviamente cerchiamo di essere anche vicini agli editori: stiamo approntando come corollario delle lezioni delle bibliografie che verranno trasmesse, in modo che anche questo possa accendere un interesse da parte dei lettori.

L’editoria sembra, fra tutti i settori culturali, quello meno in sofferenza. È realmente così?

Siamo chiaramente felici del fatto che le librerie siano rimaste aperte, pare che i lettori abbiano voglia di compare libri. Anche durante il primo lock down molto eroicamente le librerie, soprattutto quelle indipendenti, si sono date da fare tantissimo, inaugurando nuove pratiche come il servizio a domicilio. È chiaro che il libro non risente poi così tanto del momento, lo leggi da solo a casa.

Crede che il momento sia propizio per le nuove scritture? Che sensazione ha?

Ho sentito esperienze divergenti. C’è chi è riuscito a sfruttare questo periodo di fermo per continuare a scrivere, magari perché aveva già un lavoro da portare a termine, anzi è stato aiutato dalla possibilità estraniarsi. Per altri invece scrivere in queste condizioni è davvero difficile. Certo è un lavoro privilegiato rispetto ad altri lavori creativi e artistici, si fa da sempre in solitudine, davanti a una tastiera. L’incertezza della situazione non aiuta a creare serenità. Si fa tutto da casa, le presentazioni sono online e se non vivi da solo hai attorno altri che fanno lezioni, lavorano, escludendo l’eventualità neanche poi così scontata che non si abbia a che fare con persone ammalate.

Lei sta lavorando a un nuovo libro?

Durante il primo lock down ho fatto davvero molta fatica a scrivere, ora un po’ meno. Sto ultimando dei lavori più piccoli e contemporaneamente mi sto portando avanti con la preparazione del mio nuovo libro.

Da scrittrice donna come ha vissuto la provocazione sui social di Alessandro Laterza circa la mancanza di scrittrici contemporanee?

In realtà, con il senno di qualche giorno dopo ho pensato che questa affermazione abbia acceso dei flame più forti del dovuto. Ho avuto l’impressione che lui fosse il malcapitato e che il suo tweet abbia fatto sintesi di una percezione già molto sentita fra scrittrici e studiose della letteratura. Al di là dell’occasione specifica, è emerso come nell’esperienza vissuta dalla quasi totalità di donne che scrivono o si occupano di letteratura c’è questa difficoltà ad essere riconosciute come future scrittrici da antologia, cardine di un genere letterario. È stata come una goccia che ha fatto traboccare un vaso di esperienza collettiva. Il problema non è la goccia, sono tutte quelle altre che c’erano già prima.

In realtà nel gruppo di lavoro del Salone del Libro ci sono molte donne, scrittrici italiane molto accreditate. Come ha lavorato con loro?

È un lavoro di gruppo veramente bello, con teste e personalità eterogenee anche con vedute spesso non del tutto conformi, per questo stimolanti, che riescono sempre a tradursi in una capacità di idee e iniziative molto concrete, con grande rispetto reciproco. Non c’è nessuna che prevalga perché ha più riconoscibilità pubblica rispetto ad altri. Tutti sono essenziali in questo gruppo di lavoro, sia fra i consulenti editoriali che nello staff del Salone con cui lavoriamo a stretto contatto, figure indispensabili al funzionamento della macchina.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.