Angelo Cavallo, tanta vita e tante opere di un pioniere coraggioso e sempre controcorrente

by Claudio Botta

Ha avuto una vita da romanzo, è un personaggio da romanzo Angelo Cavallo. Innamorato di vita, di musica, di mare, di chitarre, di donne, di serate e nottate in libertà con i suoi amici, pochi o tanti, veri o di passaggio non importa. E di vita ne ha avuta tanta, molto di più di quella che il destino gli ha riservato e che le persone comuni misurano in anni, non in emozioni.

È stato un pioniere in tanti ambiti: nel campo dell’animazione turistica, nella formazione dei primi professionisti dei villaggi vacanze agli albori negli anni Ottanta, la sua agenzia era un riferimento imprescindibile per gli imprenditori locali, e un’opportunità per legare divertimento e reddito. Ma presto è diventata routine, e c’erano tanti altri mondi da esplorare e sentieri da attraversare: ecco allora un’ altra agenzia, Suoni dal mondo, che oggi sarebbe comune ad altre, tante altre, ma negli anni 90 era un ponte capace di portare chi è nato o era di passaggio dalle nostre parti verso destinazioni inimmaginabili, come sarebbe stato inimmaginabile per tanti pensare di coniugare la world music (l’etichetta di Peter Gabriel era ancora nella culla) alle tradizioni popolari, Triluk Gurtu ai Cantori di Carpino.
La sede nel cuore del centro storico non ancora recuperato e considerato, il telefono in perenne ebollizione per proporre alle amministrazioni locali non sagre di paese ma un concerto di fado con Eugenio Finardi e Francesco Di Giacomo -anima del Banco Mutuo Soccorso- (a Vieste, Carlo Nobile è stato per Angelo una sponda preziosa e ugualmente avanti di decenni) o una serata di flamenco con Paola Iglesias nella piazza adiacente le cattedrale gremita in ogni angolo, e agli imprenditori altrettanto curiosi concerti come quello di Claudio Lolli alla Masseria Sant’Agapito. Le sue proposte erano sempre coraggiose, spiazzanti e affascinanti, fino all’incontro che ha segnato un’ulteriore fase, quello con Matteo Salvatore, il cantautore “maledetto” di Apricena di cui non è stato un semplice manager ma amico, fratello minore, confidente, famiglia.
Un concerto tributo a piazza XX Settembre organizzato dall’amministrazione provinciale guidata dal prof. Antonio Pellegrino (la stagione culturale più vivace che Foggia ha vissuto negli ultimi 30 anni, come minimo) è stato l’inizio di un lungo viaggio che loro due hanno percorso insieme, fatto di cd rieditati e riarrangiati che hanno fatto conoscere Matteo (già amatissimo da persone come Renzo Arbore e Vinicio Capossela -che venne più volte a Foggia per trattare i diritti per delle cover e per invitarlo personalmente ai suoi spettacoli in zona-) alle nuove generazioni, musica dal vivo ma senza inflazionarsi, biografie, racconti. Durato fino al morte del cantore lentamente dimenticato e abbandonato da tutti ma non da lui. E proseguita con un’appendice in cui è stato lui stesso a proporsi come interprete, voce nuda e chitarra, di un repertorio bellissimo e che racconta storie di sofferenze e di riscatto, racconta epoche e condizioni lontane ma in fondo mai abbastanza meglio di studi, inchieste, reportage.
Ma ci sono stati altri incontri importanti, controversi e tuttavia lineari per uno abituato ad andare sempre in direzione ostinata e contraria: quello con Giosuè Rizzi, che per lui non era più lo storico boss della mala foggiana, ma l’amico d’infanzia, da frequentare dopo l’uscita dal carcere e raccontare in un libro che creava imbarazzo a tutti, giornalisti che avrebbero dovuto recensirlo compresi, ma non a loro due.
La scrittura è stata la sua compagna della fase terminale della sua parabola umana, densa e ispirata, legata ad aneddoti e luoghi, alla capacità di raccontarli e raccontarsi con originalità e cogliendo prospettive mai banali e mai abbastanza considerate. I capelli neri e lunghi, phisique du rôle perfetto per i suoi interessi e le sue passioni, generoso come pochissimi, sognatore ironico, disincantato, trascinante, malinconico, Angelo Cavallo è morto nel giorno della festa del papà e il suo lato meno conosciuto è stato proprio come quello di genitore di Alessia, già pieno di ferite e delusioni ma presente nell’unico modo possibile, a modo suo, così particolare e anticonvenzionale. Così come con le compagne di tanta vita, complicata e unica.
Se esiste un aldilà, proprio Matteo e tanti suoi amici lo staranno aspettando per accoglierlo come si deve e ricreare anche lassù un nuovo Caffè del Bando, dove suonare e tirare tardi parlando di tutto senza mai prendersi troppo sul serio.
Ti sia lieve la terra, e la sabbia e il mare del Gargano che tanto amavi, Angelo.

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