Buon compleanno, Niccolò Piccinni!

by Fabrizio Simone

Oggi, 16 gennaio, Niccolò Piccinni compie ben 292 anni. Nacque, infatti, a Bari nel lontano 1728 e la sua città, nel 1885, gli dedicò un monumento, eretto in Piazza della Libertà (a pochi metri dalla Prefettura), in ricordo del suo figlio più illustre, morto in Francia, nel sobborgo di Passy (lo stesso in cui spirò anche Rossini), vicino Parigi, nel 1800. 

La vedova del compositore, l’ex cantante ed ex allieva Vincenza Sibilla, concittadina e madre dei suoi nove figli, sposata alla tenera età di 14 anni, poté sopravvivere grazie ad una pensione statale (suo marito fu direttore del conservatorio parigino ed insegnò canto presso l’Ecole Royale de chant et declamation). 

Piccinni fu sepolto in terra consacrata e una sobria lapide di marmo nero, in linea con la vita modesta e decorosa condotta dal Maestro barese in lungo e in largo nelle varie capitali europee, fu collocata nella nuda terra per ricordare quella sepoltura degna di nota. Un allievo, il Neveu, dettò il seguente epitaffio e pagò di tasca propria la lapide: “Ici repose Nicolas Piccinni/ maître de chapelle napolitain/ celebre en Italie/ en France/ en Europe./ Cher aux arts et à l’amitié/ né a Bari dans l’etat de Naples/ en 1728./ Mort à Passy le 17 floreal 1800”.

Ma la tomba di questo illustre compositore meridionale, capace di gareggiare e reggere brillantemente il confronto col tedesco Christoph Willibald Gluck, autore dell’indimenticabile Orphée et Euridice e dell’imponente Iphigénie en Tauride (essenziale la riscoperta scaligera di Riccardo Muti nel 1992 cui seguì, esattamente dieci anni dopo, l’allestimento dell’Iphigénie en Tauride), non esiste più: il cimitero di Passy fu bombardato durante la seconda guerra mondiale e anche delle ceneri s’è persa ogni traccia.

Eppure in Francia il ricordo di Piccinni è ancora vivo: fu maestro di canto di Maria Antonietta (proprio lui che non imparò mai del tutto correttamente il francese), Napoleone apprezzò la sua musica e gli commissionò alcuni pezzi come una marcia per la Guardia consolare e altre musiche andate sfortunatamente perdute. E poi non possiamo non ricordare l’esperienza massonica: Piccinni, nel 1779, aderì alla loggia massonica “Les Neuf Soeurs”, avendo per confratelli personaggi illustri come Benjamin Franklin, l’enciclopedista D’Alambert, Thomas Jefferson e Voltaire.                    Piccinni, inoltre, diresse l’orchestra durante il funerale massonico del grande filosofo illuminista, celebrato sei mesi dopo la sua morte, il 28 novembre 1778. 

Cosa resta, allora, di questo grande compositore amato a Roma, a Venezia, a Napoli e a Parigi?  140 opere attribuibili con certezza: 93 opere buffe, 43 opere serie, 4 oratori più una manciata di composizioni strumentali tra cui l’elegante Concerto per flauto e orchestra in re maggiore.                    La fama di Piccinni, però, è tuttora legata alla Cecchina, il suo capolavoro, un’opera buffa su libretto di Carlo Goldoni, tratta dal romanzo settecentesco Pamela, dello scrittore inglese Samuel Richardson. Ma non finisce qui perché quattro anni fa saltò fuori dal nulla una  Messa in re maggiore per soli coro e orchestra, il cui manoscritto giaceva sepolto nella Biblioteca Nazionale di Lisbona. Il futuro ci riserverà altre sorprese? Forse. Per il momento, allora, godiamoci quello è stato scritto certamente da Piccinni e facciamo in modo che la sua musica possa giungere a tutti.

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