«La musica va vissuta nell’ascolto». Il diario musicale di Hildegard De Stefano

by Niccolo Bellon

E canzoni che sono richiami, richiami per gli esseri umani, canta Vasco Brondi, nel suo ultimo, bellissimo pezzo: “Ci abbracciamo”.

Vorrei consigliarne l’ascolto a Hildegard De Stefano – la Sara de La compagnai del cigno, in onda sempre ogni domenica sera, sempre alle 21:25 su Rai 1 – ma me ne dimentico, rapito dalle sue risposte puntuali, il tono vivace, il riso felice e la maturità artistica, culturale, come avesse già vissuto altre vite, e sapesse ciò che noi ignoriamo, e nascondesse il segreto del cosmo dietro quello sguardo furbo, sincero sempre.

Parliamo di musica, di recitazione, della sua opera prima “Diario musicale” (edito La nave di Teseo, collana le Onde, pagine 122, 12 euro) e del tempo di Milano, così grigio da giorni.

Sono uscita questa mattina per un esame, pensavo piovesse.

È andato bene?

Sì, per fortuna. Era improvvisazione jazz, non proprio il mio genere.

Classe 1997, maturità alla Scuola germanica di Milano e laurea in violino con il massimo dei voti e la lode al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano nella classe del Maestro Fulvio Luciani. Al Conservatorio sta ora ultimando il corso di laurea magistrale in violino, indirizzo solistico. Ha suonato al Teatro Dal Verme, la Sala Puccini e Sala Verde del Conservatorio, il Museo del Novecento, presso la Sala Grande della Bibliotheca Alexandrina di Alessandria d’Egitto e il Consolato Tedesco di Instabul, e ancora per il festival MITO a Milano e Torino. Dal 2019 è una dei protagonisti della serie La Compagnia del Cigno, per la quale è tornata ad abitare le aule del Conservatorio dov’era cresciuta.

Mi sono laureata al triennio il giorno in cui abbiamo iniziato le riprese. Ho fatto il mio esame, il più impegnativo, di strumento, e un’ora dopo rientravo in conservatorio in una veste nuova, a me sconosciuta. Da quando nella mia vita è arrivata la recitazione, ogni volta che torno al conservatorio, sento addosso, oltre alle mie esperienze, quelle di Sara e di tutti gli altri ragazzi della Compagnia. Tutti abbiamo fatto il conservatorio, eccetto Fotinì (Peluso), e tutti eravamo esordienti nel mondo della recitazione. Ritrovare qualcuno che proviene da quel mondo, magico e particolare, mi ha fatto sentire fin da subito in famiglia.

Ma andiamo con ordine. Prima di ogni cosa c’è un nome.


Hildegard è un nome impegnativo. Si porta dietro la luce della donna straordinaria a cui apparteneva (ndr. Hildegard von Bingen, monaca cristiana, scrittrice, mistica e teologa tedesca).

Certe volte, inconsciamente, ho pensato di avere delle responsabilità nei suoi confronti. Come dovessi renderle giustizia. Ha sempre avuto un ruolo molto importante nella ricerca di me stessa.

E poi un battesimo tardivo. Lei è anche Sara.

Sara è breve, così semplice e diverso da Hildegard con la quale condivide pochissimo. Al di là della disabilità, abbiamo paesaggi interiori completamente differenti. Ivan (Cotroneo, regista della serie) mi ha donato un’altra identità.

A legarvi la profonda passione per la musica classica. Scrive che a far volare la Hildegard bambina sono stati brani barocchi, l’inizio di alcune Cantate, gli Adagi di Mozart.

Sono particolarmente legata alla musica barocca perché tende a una dimensione angelica, pura, che va oltre le cose.

Mi viene in mente Bach, che per me è il compositore in assoluto, in lui c’è tutto. Ho scoperto che era un grande appassionato di matematica e faceva parte di questo gruppo di studiosi, intellettuali del tempo. S’incontravano per raccontarsi come avevano inserito la matematica nelle loro opere. Bach riesce a toccare una matematica così profonda, alta, che sembra quasi riproporre quella più sottile che governa il mondo e la natura.

C’è un continuo richiamo a una dimensione altra, celeste, nei suoi scritti.

Sono estremamente legata alla dimensione onirica. Ho fatto i conti con la morte di mio nonno solo nel momento in cui l’ho sognato e il sogno ha dato giustizia alla cosa.

Riporta una frase di Grigorij Sokolov. “Parlare di musica non è difficile, è impossibile”.

Credo che sia davvero così, anche se è quello che per assurdo ho fatto in questo libro. Ma se uno incontrasse Dio non riuscirebbe a riportare esattamente cos’è stato. E così con la musica: va vissuta nell’ascolto.

E lei l’ha conosciuto l’ascolto?

Un giorno ero seduta sul divano, suonavo da sei anni se non di più, e stavo ascoltando un brano di Mozart. Secondo movimento, l’Adagio del Concerto in La maggiore per violino. Un passaggio rapido, due note che mi hanno emozionato. Ho pensato: la musica è questo.

Scrive: “Lavorano dita mani polsi braccia tronco e gambe”.

La musica è uno sport a livello agonistico. Ci vuole una disciplina ferrea, anche mentale.

Si dice che se si smette di suonare il violino per un giorno se ne accorge solo Dio, se non ci si allena per due allora inizi ad accorgertene anche tu, al terzo se ne sono accorti tutti.

Un film: Yo-Yo Ma e i musicisti della via della seta. Un bambino al padre: “Voglio diventare adulto ed essere un grande musicista”. Il padre: “Non potrai mai fare queste due cose insieme”.

Si dovrebbe diventare grandi riuscendo a mantenere lo sguardo del bambino che si è stati, così vicino alla nostra parte più profonda, l’anima. L’arte e la musica ci chiedono questo: di conservare la purezza dello sguardo del bimbo sul mondo.

Incontra lo sguardo della Hildegard bambina che per la prima volta afferra un violino. Cosa le dice?

Tieni duro, sempre.

Perché?

Non sono mai stata bullizzata, o altro, ma mi sono sempre sentita diversa, e c’è un tempo in cui lo si soffre particolarmente. Non è semplice, rimanere fedeli a se stessi, però è quella la sfida più grande. Se ci penso, ancora oggi sono quella persona che in gruppo quando chiedono “Conosci questa canzone, questo film?” non li riconosce mai.

Ma lei come noi soffre per amore e perde il portafoglio in treno il giorno di un provino importante.

Sono le grandi illusioni della vita, non ci rendiamo mai conto di quanto siamo simili. Al di là del razzismo, e tutto il resto, a livello profondo siamo uguali e non lo capiamo, distratti dalle cose del mondo, e i soldi, e il successo.

Che tempo abita, Hildegard?

Non lo so. Alla fine sono qui, come tutti.

You may also like

Leave a Comment

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.