Rigoletto chiude Opera in Puglia, Foggia ama la lirica

by Fabrizio Simone

Col Rigoletto del 20 dicembre, andato in scena presso il Teatro Giordano di Foggia, termina la della stagione lirica 2019 di “Opera in Puglia”, organizzata dalla Cooperativa OLES (Orchestra Sinfonica di Lecce e del Salento) e finanziata dalla Regione Puglia con la collaborazione del Teatro Pubblico Pugliese.

Iniziamo subito dicendo che l’Orchestra Sinfonica Abruzzese, diretta dal M° Jacopo Sipari di Pescasseroli (l’abbiamo già ascoltato nella Carmen del 25 ottobre), è apparsa molto buona in quasi tutte le sue sezioni. L’unica sezione, a tratti davvero debole, è risultata quella degli archi. In alcuni passaggi fondamentali, in cui la musica verdiana ribolle e diventa incandescente, gli archi non sono riusciti a risultare particolarmente affilati ed irruenti. La cosa, ovviamente, non riguarda i legni, specialmente nel corso del primo atto, in cui il clima festoso richiede timbri brillanti. Il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli ha guidato l’orchestra con mano particolarmente attenta evitando di sfociare in inutili letture quasi bandistiche. D’altro canto, però, è riuscito a preservare le peculiarità del colore verdiano nonostante i tempi a volte più veloci del dovuto, ottenendo ugualmente un ottimo risultato complessivo. Il M° Sipari, quindi, ha offerto una prova sicuramente più convincente rispetto alla direzione della precedente Carmen, allestita presso lo stesso teatro.

Il Duca di Mantova di Massimiliano Pisapia è apparso all’inizio del primo atto in evidenti difficoltà tanto che la sua interpretazione di Questa o quella per me pari sono è risultata davvero imbarazzante. Nel secondo e nel terzo atto il tenore Pisapia è riuscito a convincere tutti in Possente amor mi chiama e ne La donna è mobile, applaudita fragorosamente dall’intero pubblico, riabilitando così la sua immagine. Forse, però, di Pisapia ricorderemo più il suo vigore nel quartettone del III atto che la sua Donna è mobile cantata con grande bellezza e nessuno sforzo.

Claudia Nicole Calabrese, nonostante i problemi alle corde vocali, ha deciso di interpretare ugualmente la tenera e ingenua Gilda, figlia di Rigoletto. I suoi sforzi sono sicuramente apprezzabili ma in queste condizioni la sua Caro nome risulta priva dello smalto essenziale (nessuno, infatti, l’ha applaudita). Di fatto, però, una piccola riabilitazione, prima del crollo finale, c’è stata nella cabaletta Sì, vendetta, tremenda vendetta, anche se non ha ugualmente convinto il pubblico nonostante l’impegno evidente (ma alle corde vocali, come al cuore, non si comanda). Il terzo atto, per il venticinquenne soprano, è stato davvero una catastrofe. Ogni volta la Calabrese ha aperto la bocca per provare a cantare ma a stento siamo riusciti a sentirla emettere dei suoni. Abbiamo apprezzato il suo sacrificio per mandare avanti lo spettacolo ma occorreva una buona sostituta (che non è arrivata), dato che nella cabaletta finale del II atto il giovane soprano ha concentrato tutte le sue ultime forze.

Ottimo il Rigoletto di Marcello Rosiello. Perfino quando la Calabrese non riesce a cantare, Rosiello sa tenere incollato anche il più inesperto tra gli spettatori, salvando spesso la scena e guadagnandosi a pieni voti il titolo di star della serata (e il pubblico gli ha tributato un’ovazione di due minuti al termine dello spettacolo). Rosiello ha brillato allo stesso modo in ogni atto e sarebbe superfluo stilare una classifica delle sue migliori esecuzioni. Buona anche la Maddalena di Annunziata Vestri, tanto nel quartetto del III atto che nel corso dello stesso atto conclusivo. Molto convincente anche lo Sparafucile di Alessandro Guerzoni.                  Il Coro del Teatro Marrucino, diretto dal M° Starinieri, non ha mai vacillato nelle sue frequenti incursioni.

E se la regia di Alessandro Idonea ha inteso offrire un Rigoletto piuttosto convenzionale, spiccano invece le scenografie di Alfredo Troisi, con cui ha ricostruito sapientemente il mondo cinquecentesco alla base del melodramma verdiano. La recita si è conclusa in un tripudio generale che vuol significare due cose: il pubblico foggiano ama davvero la lirica e sa riconoscere il valore di un allestimento.

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