“Rigoletto”: il catalogo è questo!

by Fabrizio Simone

Il Rigoletto di Giuseppe Verdi, nonostante i suoi 161 anni d’età, gode ancora di un successo formidabile. Soltanto La Traviata, l’Aida e la Carmen riescono a reggere il confronto col melodramma che ruota intorno al buffone di corte del Duca di Mantova. È da notare, però, che ai tempi di Verdi il Rigoletto fu talmente acclamato da ispirare una valanga di trascrizioni, arrangiamenti e fantasie per ogni tipo di strumento (in particolare per flauto e pianoforte).

L’opera di Verdi andò in scena nel 1853 e nel 1859 Liszt, che subì spesso il fascino della musica verdiana, compose la magnifica Paraphrase de concert sur Rigoletto, S.434. Gli ci vollero 4 anni per comporla, ma il risultato è eccezionale. Basata sul quartetto del III atto, che ha impressionato perfino Umberto Giordano, la scrittura brillante si combina con lo spirito teatrale rendendo la composizione non soltanto un gioiello del pianismo lisztiano ma anche un’ottima apoteosi verdiana. Non possiamo, poi, non ricordare la Fantasia sul Rigoletto per due flauti e pianoforte op.38 (non di rado quest’ultimo viene sostituito dall’orchestra) dei fratelli ungheresi Franz e Karl Doppler o la Fantasia da concerto su temi dal Rigoletto per clarinetto e pianoforte dell’italiano Luigi Bassi, primo clarinetto dell’Orchestra del Teatro alla Scala ai tempi di Verdi e professore presso il Conservatorio di Milano. Infine citiamo anche le rare Reminiscenze del Rigoletto del quasi sconosciuto Domizio Zanichelli per tromba e organo, pochissimo eseguite e ancora meno incise.

Tra i più grandi conoscitori del Rigoletto c’è, senza dubbio, Riccardo Muti. Durante gli anni scaligeri Muti ha assegnato a quest’opera un posto molto importante tant’è che abbiamo ben tre sue incisioni del Rigoletto. Nella stagione 1989/90 Muti volle per il Rigoletto un cast azzeccatissimo: Gilda, bellissima figlia del buffone Rigoletto, era interpretata dalla magnifica Daniela Dessì (ci ha lasciato 3 anni fa a soli 59 anni); il baritono Giorgio Zancanaro vestiva i panni di Rigoletto e il tenore Vincenzo La Scola interpretava il Duca di Mantova. Fu un Rigoletto irripetibile. Non è semplice recuperare il cd della recita ma ne vale la pena (stranamente neanche Riccardo Muti l’ha riproposto tra quelli in vendita col Corriere della Sera). Si assiste davvero ad una delle migliori esecuzioni dell’opera di Verdi. Basta ascoltare la cabaletta del II atto cantata da Gilda e Rigoletto: la purezza della Dessì e la forza espressiva di Zancanaro rendono l’esecuzione quasi insuperabile. Ad essi aggiungiamo la direzione di Muti che preserva il finale da frequenti letture bandistiche e la sua assoluta fedeltà alla partitura verdiana (vengono evitati gli acuti mirabolanti per stupire il pubblico).

Altro Rigoletto degno di nota è quello inciso da Beverly Sills (Gilda), Sherrill Milnes (Rigoletto) e Alfredo Kraus (Duca di Mantova) sotto la direzione di Julius Rudel. Interpretazione sicuramente grandiosa e direzione equilibrata, ma impegnata a dare un’immagine un po’ grossolana della musica verdiana. Certo, Alfredo Kraus è un ottimo Duca di Mantova (la sua Donna è mobile ha fatto scuola) ma ciò non basta.                   Il Rigoletto di Giuseppe Sinopoli, direttore verdiano di grande spessore, con Renato Bruson ed Edita Gruberova è una delizia. Il Caro nome della Gruberova è una pietra miliare. E quello di Alida Ferrarini – inciso per la Naxos – è finito nella colonna sonora di Match Point di Woody Allen per meriti facilmente intuibili.

Chiudiamo col Rigoletto per antonomasia, quello che bisogna far ascoltare assolutamente ad un neofita: il Rigoletto di Richard Bonynge con sua moglie Joan Sutherland, Luciano Pavarotti e Sherrill Milnes. Siamo di fronte a quattro mostri sacri (Bonynge, poi, è un campione delle incisioni, specialmente con la London Symphony Orchestra come in questo caso) difficilmente eguagliabili nel loro assortimento così ben riuscito. Sin dal preludio si capisce d’essersi imbattuti nel cd giusto: il Possente amor di Pavarotti riuscirebbe a convertire anche il wagneriano più incrollabile e nel quartettone del III atto si raggiunge la perfezione grazie all’ugola d’oro della Sutherland e alla direzione perfetta di Bonynge.

You may also like

Leave a Comment

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.