“Ci interessava indagare la complessità e l’ambivalenza dei rapporti familiari”. Riccardo Fusiello racconta Lasciti

by Agnese Lieggi

Il 24 di ottobre presso il teatro Abeliano di Bari, è andata in scena, la  prima assoluta all’interno del DAB – Festival di danza contemporanea della Città di Bari e del Teatro Pubblico Pugliese, LASCITI di Sonenalè, compagnia di danza contemporanea di Riccardo Fusiello danzatore e coreografo, e Agostino Riola, performer e regista che dopo la costituzione a Milano della stessa nel 2012, attualmente ha sede a Bisceglie.

La coreografia (originale) di LASCITI e la regia sono a cura di Riccardo Fusiello e Agostino Riola, è interpretato da Riccardo Fusiello, Alessandra Gaeta e Agostino Riola, il light design a cura di Luca Serafini.

È stata una serata di grande emozione e sgomento, poiché si era scoperto da qualche ora che i teatri sarebbero stati chiusi per effetto della grande crisi sanitaria che vede coinvolto il mondo intero.

Lasciti, inizia con un grande boato, quasi a sipario ancora chiuso. Probabilmente per rappresentare una rottura con il mondo intorno e lasciarti immergere in questo spazio di suggestioni della performance che impone un coinvolgimento in prima persona. Infatti, attraverso la scrittura narrativa dei tre corpi e dei loro gesti in scena, puoi dare voce alle pieghe dell’essere che abitano in te, sin dal passato.

Agostino Riola, Alessandra Gaeta e Riccardo Fusiello, danzano fra galassie di simboli, tra passato e presente. Nei loro movimenti densi di significato, osservano la famiglia, affrontano nevrosi familiari, ma al tempo stesso liberano da preconcetti e dalla malinconia del ricordo attraverso un gesto significativo, quello di piantare vita giovane proprio in scena.

La danza va vissuta, la fruizione dello spettacolo dal vivo è fondamentale!

Scopriamo con la compagnia Sonenalè,  contenuti e significati di Lasciti.

Lasciti è ispirato fortemente a Lessico Famigliare, il romanzo di Natalia Ginzburg, cosa vi ha colpito e ispirato maggiormente del romanzo?

Quello che ci ha ispirato di più del romanzo è stata la forza che potevano avere parole ed espressioni peculiari di una famiglia, il suo “lessico familiare” appunto, nel fare da collante tra persone che pur non vivendo più in quel nucleo familiare potessero ritrovarsi e riconoscersi intorno a una parola, al di là di distanze geografiche ed emotive. Partendo da questa suggestione, ci siamo chiesti come tutto questo potesse tradursi in danza e come anche i gesti che abitano in noi potessero essere ‘lasciti’ familiari.

Osservare la famiglia, la retorica dell’arte della tradizione, nei gesti e nei simboli quanto vi ha messo a nudo LASCITI e cosa vi ha fatto scoprire?

Più portavamo avanti il processo di ricerca per Lasciti, più ci rendevamo conto che quello che ci interessava indagare era la complessità e l’ambivalenza dei rapporti familiari, in particolare tra fratelli. E per fare questo abbiamo chiesto a noi stessi come interpreti e ad Alessandra Gaeta che è in scena con noi, di avere il coraggio di affondare le mani nel nostro vissuto e nella nostra esperienza personale. Non è stato un processo semplice me credo che sia stato fondamentale per portare in scena una materia umana viva, al di là delle convenzioni sulla famiglia, capace di parlare al pubblico.

Il grande boato iniziale a sipario chiuso sembrava volesse essere un segnale di forte disappunto, una dichiarazione di interruzione con il passato?

Per noi rappresenta soprattutto una crisi, un trauma, non meglio specificato, da cui partire per fare i conti con i lasciti familiari, materiali ed emotivi. E’ un elemento, inoltre, che porta in scena quel senso di dispersione e disgregazione che spesso avvertiamo nei legami umani, a cui si contrappone la volontà di conservare e non disperdere  l’eredità di quei rapporti. In ogni caso, è un segno molto forte ed è importante che ogni spettatore possa leggerci liberamente quello che sente.

Nel lessico puro dei vostri corpi, la narrazione, a mio avviso, sembra allontanarsi dal tema della Ginzburg per aprirsi a mille altre interpretazioni … Per esempio a me è venuta in mente una delle scene simbolo del film Jules e Jim (Jules et Jim) del 1962 di François Truffaut… che ne pensate?

Lessico famigliare, come dicevamo prima è stato un punto di partenza, non volevamo portare in scena il romanzo. Durante il lavoro di creazione, durato quasi tre anni, e che si è sviluppato nel corso di tre residenze artistiche (I Teatri del Sacro – Ascoli Piceno, Teatri di Vita – Bologna e Cantieri Teatrali Koreja – Lecce) il lavoro si è arricchito di tanti riferimenti ed elementi, non solo autobiografici. Il cinema, così come l’arte contemporanea, sono da sempre una grande fonte di ispirazione per i nostri lavori. In questo caso, onestamente, non abbiamo pensato a ‘Jules et Jim’, anche se è un film a cui siamo molto legati. Magari, come a volte accade, le opere che ti hanno colpito, sedimentano dentro di te, e poi riemergono in maniera inconsapevole.

Come state vivendo periodo di sospensione che ha improvvisamente congelato i progetti di numerose compagnie di danza. Che ruolo potrebbe avrebbe invece la danza e il teatro, proprio in questo momento?

Siamo stati catapultati, da un giorno a un altro, in una situazione ancora una volta di grande incertezza, acuita dall’impossibilità di vederne la fine. Tutto questo rischia di dare il colpo di grazia a un sistema come quello dello spettacolo dal vivo, già fortemente colpito da questa crisi e di essere insostenibile per compagnie indipendenti come la nostra, che non riceve stabilmente finanziamenti pubblici, ma che vive grazie alle repliche e ai progetti che realizza in tutta Italia e non solo. Nel momento in cui è impossibile lavorare e progettare, diventa molto difficile restare in piedi.

Rispetto alla seconda parte della domanda, sabato scorso al Teatro Abeliano abbiamo avuto la dimostrazione che il teatro e la danza, pur rispettando tutte le norme e i protocolli, possono essere un momento unico di aggregazione, condivisione e riflessione, e quindi necessario per l’animo umano.

Siete stati pionieri dei progetto VOGLIO VEDERTI DANZARE, Cosa pensate della condivisione online e in streaming della danza?

VOGLIO VEDERTI DANZARE è un progetto nato durante il primo lockdown da un’ esigenza ben precisa, quella di provare a creare, in un momento di isolamento forzato, una comunità attraverso la danza.

E’ il primo progetto di questo tipo che realizzavamo e siamo felici del riscontro ricevuto, della partecipazione da tutta Italia e dell’attenzione della stampa e dei media.

Detto questo, siamo convinti che la risposta a questa crisi non sia lo streaming on line della danza;  andrebbero creati dei progetti specifici, che richiedono risorse, e che comunque non possono in alcun modo sostituire l’esperienza dal vivo.

Ci salutiamo con la speranza di rivedere presto in scena Lasciti!

Grazie mille per la vostra disponibilità!

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