«Diamo un messaggio alle ragazze. Abbiamo ancora molti muri da abbattere». Intervista a Shalana Santana protagonista de l’Alligatore

by Nicola Signorile

C’è tanto lavoro da fare, ma lentamente le cose stanno cambiando”. Sullo schermo, e non solo, più donne forti, indipendenti. Come la botanica Marielita, “lei è la natura fatta persona, una mistica che parla con le piante”,  grande amica di Marco Buratti, l’Alligatore, ex galeotto e investigatore protagonista della serie omonima, diretta da Daniele Vicari ed Emanuele Scaringi, tratta dai romanzi di Massimo Carlotto, (script di Andrea Cedrola, Laura Paolucci con la collaborazione dello scrittore) in onda dal 25 novembre su Rai2.

Un personaggio molto cresciuto rispetto ai libri”, ci racconta l’attrice che lo interpreta, Shalana Santana, brasiliana ex-modella, napoletana d’adozione con già all’attivo ruoli importanti in Ci Devo Pensare di Francesco Albanese e Arrivano i prof di Ivan Silvestrini.

Ironica e appassionata mentre racconta la sua esperienza sul set, acuta osservatrice della realtà italiana, che è anche la sua dal 2006, “un paese già multietnico da anni – precisa – anche se al cinema e in tv si sente ancora il bisogno di spiegare la presenza di uno straniero”. La nostra chiacchierata inizia da qui.

Shalana, ci spiega meglio il concetto.

Marielita è una straniera perfettamente integrata nella società italiana. Ho apprezzato molto che nella serie non venga spiegato perché o come è arrivata in Italia. Il tema mi tocca da vicino: siamo già in un’Italia multietnica. Spesso nelle serie o nei film si sente il bisogno di spiegare perché c’è un personaggio straniero. È stato adottato o è arrivato col barcone; se è donna  è stata portata qui per fare la prostituta o è l’amante di qualcuno. Poi se è bella, figurati (ride). L’Alligatore è un passo avanti verso la modernità anche in questo senso”.

E in che altro?

È una serie fuori dagli schemi. Non avevo mai letto i romanzi di Massimo Carlotto, grazie a lui ho scoperto un mondo nuovo, tra il giallo e il noir, una specie di True Detective italiano. Marielita è un piccolo personaggio nei romanzi. Nella serie è cresciuto, prima in fase di scrittura, ma soprattutto durante le prove che abbiamo fatto a teatro. Improvvisando, sono nate molte cose sui personaggi, abbiamo in qualche modo costruito insieme un loro passato. Quando poi ci siamo ritrovati sul set, i personaggi si conoscevano già”.

Qual è il ruolo di Marielita nella storia?

 “Ha una profonda amicizia con l’Alligatore (Matteo Martari) e fa un po’ da collante del gruppo dei suoi amici, di cui fanno parte anche Rossini (Thomas Trabacchi) e Max,  il mio compagno, interpretato da Gianluca Gobbi. Li aiuta nella risoluzione dei casi. Una donna forte, profonda, un’ambientalista sempre prima linea in difesa della natura e degli animali. Abbiamo girato anche all’interno di vere discariche, non avevo mai visto niente del genere da vicino”.

E ha un rapporto particolare con le piante?

Lavora nell’orto botanico di Padova.  Riesce ad essere contemporaneamente molto concreta sul lavoro e ad avere una sua religiosità esoterica: è in simbiosi con le sue piante, le ascolta, ci parla, le cura come fossero essere umani. È uno spirito della natura”.

Nel cast ci sono anche Valeria Solarino, Eleonora Giovanardi e Maya Talem. Come sono le donne nell’universo hard-boiled della serie?

C’è grande cura per ruoli femminili, sono tutte donne cazzute, indipendenti che vanno per la loro strada. Soffrono per amore, certo, ma senza essere incatenate a figure maschili. Una donna non subordinata psicologicamente all’uomo. Diamo un messaggio alle ragazze. Abbiamo ancora molti muri da abbattere”.

Daniele Vicari, che è showrunner de L’Alligatore, è autore di film di grande impatto emotivo, penso a Diaz o Sole cuore amore. Come se l’è cavata con la tv?

Per me è stata un’esperienza bellissima. Io ero sua fan prima di lavorarci e lo sono ancora più ora. Come attrice, mi ha aiutata ad aprire molte porticine che tenevo chiuse. Sul set ha una visione chiara di quello che vuole ottenere, una cosa non così comune. C’era grande sintonia con l’altro regista, Emanuele Scaringi. Mi ha sorpreso molto quando mi ha scelta, dopo aver sostenuto un solo provino”.

Ha lavorato anche in Free di Fabrizio Maria Cortese accanto a Sandra Milo, Ivano Marescotti, Corinne Clery e tanti altri.

Avrebbe dovuto essere in sala il 12 novembre, ma credo che uscirà quando riapriranno i cinema. Si tratta di un road movie divertente, delizioso. Parla dell’amore nella terza età, di un gruppo di anziani che non si rassegnano a restar chiusi in una casa di riposo. Vogliono vivere. Vanno alla ricerca di divertimento e di un’avventura. Oggi rappresenta anche un omaggio ai tanti anziani in difficoltà a causa del Covid. Il mio personaggio gli dà una mano”.

Tornando alla centralità delle donne, da italiana d’adozione credi che qualcosa si muova?

Lentamente, sì, qualcosa sta cambiando. L’Italia è un paese matriarcale, ma la nostra società è profondamente patriarcale. Si fa fatica ad accettare che le donne possano  occupare anche i posti tradizionalmente occupati da uomini. Per me Imma Tataranni in questo senso è stata una cosa straordinaria: ha sbattuto in faccia alla gente questo. C’è molto lavoro da fare, ma ora non riusciamo più a stare zitte. Il mio compagno ogni giorno, di ritorno dal set de I bastardi di Pizzo Falcone mi dice che grande regista sia Monica Vullo, capace di tenere in pugno il set. Se una donna arriva in alto deve essere molto brava”.

Se potessi scegliere un ruolo da interpretare…

Penso a Woody Allen, lo adoro, i suoi sono i dialoghi più belli del cinema in assoluto. Alcuni suoi personaggi femminili sono straordinari. Adoro Cate Blanchett in Blue Jasmine, un ruolo pieno di sfumature interpretato da una magnifica attrice. Mi viene in mente il lavoro di Penelope Cruz in Vicky Christina Barcellona, in cui si ispirò ad Anna Magnani. Poi, Venere in pelliccia di Polanski con Emmanuelle Seigner: un film che vediamo e rivediamo continuamente studiando le inquadrature, i gesti, le battute. Straordinario”.

Il suo compagno è l’attore Massimiliano Gallo, vi consultate mai sulle scelte professionali?

La nostra vita gira intorno al cinema. Parliamo molto, guardiamo cose insieme, leggiamo. C’è un enorme rispetto tra noi. Le nostre carriere però sono indipendenti, abbiamo modi di lavorare e ritmi diversi. Non siamo coinvolti nelle scelte reciproche,  ma ci confrontiamo di continuo. Subisco molto il fatto che qualcuno possa pensare che lavoro perché sono la sua compagna: mi fa orrore l’idea della raccomandazione, della spintarella”.

Ha nostalgia del suo Brasile?

Con Napoli è stato un amore folle dal primo momento, non riesco a immaginarmi da nessun’altra parte del mondo. Una città sempre stimolante, un pozzo a cui attingere di continuo. Da sempre casa di artisti, intellettuali, con una scena teatrale storica. Qui è tutto e sempre arte, anche quando vai a prendere un caffè la mattina. Sopravvivere alle difficoltà è un grande stimolo alla creatività. È molto simile a Rio, sono città gemelle. Io però vengo da Brasilia, che è una città giovane, molto fredda, senz’anima, dove mi sono sempre sentita un pesce fuor d’acqua. Ho sempre avuto la passione per la storia e la cultura e Brasilia ne è priva, non ha neanche un piatto tipico”.

PH CREDITS: Piergiorgio Pirrone – LaPresse 29-03-2018 Roma Ritratti esclusivi di Shalana Santana nelle foto: Shalana Santana

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