“Guardare una serie sui medici è il grande omaggio che possiamo fare a questa categoria”. L’intervista a Gianmarco Saurino

by Gabriele Rana

Nei giorni di quarantena, la televisione recupera la sua supremazia tra i media, e propone a un pubblico che si immagina più ampio del solito nuovi prodotti. Un esempio è la fiction Doc- Nelle tue mani, la nuova serie che ha debuttato questo giovedì su Rai1.

Accanto al protagonista Luca Argentero, c’è Gianmarco Saurino: volto noto della televisione italiana, dal 2017 interpreta Nico Santopaolo in Che Dio ci aiuti e ha recitato nei panni di Massimo Altieri nella seconda stagione di Non dirlo al mio capo.

bonculture lo ha intervistato sulla nuova fiction Rai, in cui è Lorenzo Lazzarini.

Gianmarco, ti presenteresti ai lettori di bonculture come se fossi Lorenzo Lazzarini?

Sono Lorenzo, ho trentaquattro anni e sono medico chirurgo del reparto di medicina interna del Policlinico Ambrosiano di Milano. Sono, a detta di molti, uno dei migliori medici più prestanti all’interno di questo ospedale, soprattutto nella diagnostica d’immagini, tac e radiografie, mi occupo anche di chirurgia e piccoli interventi. Lavoro in questo ospedale da almeno dieci anni, ho fatto direttamente qui la specializzazione e ho cominciato a lavorare con il mio primario Andrea Fanti (Luca Argentero), che a causa di un colpo di pistola alla testa perde dodici anni esatti della propria memoria.  Questa è la mia storia senza spoiler!

Nel primo episodio Lorenzo è presentato come un ragazzo molto simpatico che, a differenza del protagonista Andrea, si rapporta in modo meno aspro con i pazienti. Si potrebbe dire che Lorenzo sia l’antitesi di Andrea?

La serie cerca di capire se e quanto l’empatia possa migliorare la cura del paziente. La storia di Andrea, tratta da quella vera di Pierdante Piccioni, racconta proprio questo: un uomo che da tutti era apostrofato come medico bastardo e che, una volta diventato paziente, comprende l’importanza di conoscere meglio i malati per migliorare la cura. A primo impatto può sembrare che Lorenzo sia molto distante da Andrea, ma anche lui ha avuto un cambiamento. E’ un personaggio molto empatico, che cerca di mettere a proprio agio i pazienti attraverso la sua simpatia, ma questo suo modo di fare il proprio mestiere, si rivelerà anche un modo per scacciare quelle parti di sé che poi si scopriranno durante la serie.

I più giovani non sono soliti guardare serie in tv, preferendo quelle in versione digitale. Come li invoglieresti a vedere questa serie Rai?

Io credo che, in questo momento storico, guardare una serie sui medici sia il grande omaggio che possiamo fare a questa categoria che spesso è più bistrattata che rispettata. La serie è scritta, girata e recitata molto bene. Quello che abbiamo cercato di fare è stato raccontare storie di persone, di ragazzi e queste sono universali, anche se meno affascinanti di altre, come quelle narrate in Gomorra o Breaking Bad, che io stesso guardo. I personaggi sono persone che cercano di risolvere i loro grandi quesiti e ciò non fa altro che renderli più umani e vicini a noi. Quattro sono ragazzi specializzandi, che hanno l’età nostra e fanno percorsi di studio molto simili a quelli dei nostri colleghi e coetanei. Lo stesso Lorenzo avrà diversi problemi andando avanti nella serie, forse non li risolverà mai e questo è il destino di tutti noi: affrontare quegli incubi che ognuno ha, cercando di risolverli, l’importante è prenderne coscienza. Il motivo per cui guardare questa serie sta proprio nelle sue vicende più credibili rispetto ad altre.

Torniamo a te, Gianmarco. Che effetto ti ha fatto vedere la tua pagina Wikipedia?

È stato strano, anche perché è scritta molto male! Chi l’ha scritta non deve avere una buona conoscenza dei tempi verbali. Ad ogni modo è stato strano, ma non meno di molte altre cose che accadono facendo questo mestiere. In più non lo ritengo un così grande privilegio!

Su Wikipedia, però, è riportata una parte della tua vita a Foggia. Hai un aneddoto in particolare che ti ricorda questa città?

Un evento in particolare non c’è. Più che altro ho un insieme di ricordi di quei diciotto anni che ho vissuto a Foggia, e che poi mi hanno formato e reso ciò che sono. I ricordi più fighi d’infanzia e di adolescenza sono tutti ambientati in diversi luoghi della città, e quando ci torno rivivo questi momenti.

Quindi sei molto legato alla città?

E’ il posto in cui sono nato. Come tutti i posti in cui hai vissuto un determinato momento della tua vita, provi un certo misto di amore e odio. Io ho odiato Foggia e non vedevo l’ora di andarmene, poi crescendo non vedi l’ora di tornarci. Quando torno, ci sto sempre abbastanza volentieri, ma se non ci fossero i miei genitori, non tornerei e questo dipende dal fatto che tutti i miei amici sono andati via. Questo è un dramma enorme e più che chiedersi perché tanti vanno via, bisognerebbe risolvere questo problema. Diciamo che Foggia per me è “vacanza”.

Quanto ha influenzato nella scelta di intraprendere questa carriera la figura di tuo zio don Ricciotti Saurino, che durante la sua vita ha evangelizzato scrivendo e mettendo in scena spettacoli teatrali?

La mia risposta a questa domanda è: chissà? Nella mia vita mai avrei pensato di fare questo, credevo tutt’altro. Perciò non saprei dire la percentuale, credo che inconsciamente mi abbia influenzato in tutto. Potrebbero sembrare discorsi campati in aria, però ero molto legato a mio zio e mi fa piacere pensare che da qualche parte lui sia felice di ciò che ho fatto e che ho realizzato un suo sogno, anche se con obiettivi diversi. Il suo, sicuramente, non era di fare carriera.

Concludiamo con un messaggio e un consiglio a tutti i giovani che vogliono intraprendere la carriera teatrale.

Non credo di avere la palla di vetro, ma posso dire ciò in cui credo. Credo negli step e nella formazione. Un attore deve sempre studiare e approfondire questo mestiere che è ricco più di lavoro pratico che di intellettualità. Io stesso, che mi definisco attore perché recito la maggior parte del tempo, probabilmente a fine anno sarò negli Stati Uniti ad arricchire i miei studi. Perciò a un ragazzo giovane direi: studia e trova un modo per formarti, ci sono molte piccole realtà validissime da cui iniziare e credo nelle varie scuole nazionali. Non credo però agli attori che non sudano. Questo è un mestiere inflazionato e perciò bisogna realmente essere convinti di voler fare questo lavoro, perché non c’è spazio per i dubbi, ma solo per la testardaggine. È tanto attore Di Caprio quanto l’attore che ha un teatro amatoriale a Serracapriola: la fama non determina la qualità.

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