Petra, la detection al femminile tratta dai romanzi di Alicia Giménez Bartlett

by Nicola Signorile

Petra è la prima interessante novità di una stagione di Sky che (come vi abbiamo raccontato) promette molte sorprese. Una coppia di protagonisti molto affiatata, composta da Paola Cortellesi e Andrea Pennacchi, un’ambientazione affascinante poco frequentata dall’audiovisivo come Genova, storie contemporanee e ben raccontate in una miniserie con episodi della durata di circa 90 minuti, prodotta da Sky Original, con Cattleya e Bartlebyfilm, che ha debuttato su Sky e Now Tv il 14 settembre.

Va subito fatto un coming out: non ho letto i romanzi della scrittrice spagnola Alicia Giménez Bartlett da cui Petra è tratta, quindi non mi soffermerò sul confronto tra adattamento televisivo e originale letterario. Una materia spesso oziosa – ad approvare questo Petra genovese ci ha pensato peraltro la stessa autrice iberica collaborando attivamente all’operazione – ma che è di sicuro interesse per i lettori dei gialli ambientati a Barcellona, apparsi per la prima volta in “Riti di morte” nel 1996, pubblicato in Italia nel 2002 da Sellerio, editore di tutti i romanzi della saga (11 finora) che hanno ottenuto nel nostro paese uno straordinario successo, vendendo oltre un milione e mezzo di copie.

Dopo aver visto due dei quattro episodi – Riti di Morte e Giorno da cani – tratti dai primi quattro romanzi della Bartlett, si può dire che Petra rappresenta un nuovo tassello, tutto al femminile, di un grande quadro in costante evoluzione, quello del poliziesco di casa nostra. Un giallo/noir capace di unire humour e una buona dose di suspense in un equilibrio non scontato. Per toni del racconto, atmosfere e ambientazione, segue la scia tracciata da altre due serie italiane che negli ultimi anni hanno cercato di innovare il genere, Rocco Schiavone e, ancor di più, Non uccidere.

Con Petra, sono tre esempi di crime all’italiana che non hanno nulla da invidiare alle produzioni internazionali: grandi protagonisti, storie interessanti e contemporanee, una chiara ambientazione che connota fortemente la narrazione, che sia Torino, Genova o Aosta. Il modello di partenza sembra essere, più che la fiction italiana, il noir nordeuropeo o l’hard boiled americano, nel ritmo compassato, nel linguaggio spesso crudo e nelle scelte estetiche.

Non a caso per la regia della serie Sky si è pensato a Maria Sole Tognazzi, per la prima volta impegnata in una produzione per la tv e in un prodotto di genere. Il suo è sempre stato un cinema attento alle relazioni e alle psicologie dei personaggi, dall’esordio Passato prossimo del 2003 (anche lì diresse la Cortellesi) a Io e te e Viaggio sola, la cui protagonista era una scostante Margherita Buy, single convinta, che assomiglia molto all’ispettrice Petra Delicato. Quindi, una regia funzionale al progetto che permette alla Tognazzi di raccontare una figura femminile che sfida il senso comune, senza filtri, e il suo rapporto con il vice-ispettore Antonio Monte; la loro complicità è uno dei punti di forza di Petra.

La combinazione Cortellesi-Pennacchi è perfetta: due personaggi agli antipodi che, dopo un inizio difficile, costruiscono una relazione stramba e originale, tra continue punzecchiature reciproche, confidenze e una reale attenzione per i casi su cui indagano che li mette spesso in contrapposizione con il capo della Squadra Mobile Corona (Riccardo Lombardo) e con il collega stronzo Pessone (Antonio Zavatteri).

Paola Cortellesi è molto credibile nell’impersonare un personaggio spigoloso, anticonformista, dai modi spicci e l’ironia urticante. Forte e fragile al tempo stesso, ama stare da sola ma ha due divorzi alle spalle, due ex-mariti, che più diversi non potrebbero essere, ancora molto presenti nella sua vita, l’arrogante Nicola (Diego Ribon) e il giovane e simpatico Lorenzo (Simone Liberati) che forse prova ancora qualcosa per l’ispettrice.

Monte (Fermín Garzón nell’originale letterario) è un poliziotto vecchio stampo, veneto, tradizionalista, prossimo alla pensione, un vedovo che con l’arrivo di Petra sembra ritrovare l’entusiasmo per il lavoro e persino il coraggio di aprirsi a nuove relazioni. A interpretarlo è Andrea Pennacchi, una grande sorpresa. Il suo Monte è un groviglio di fragilità, umanità, buon senso e pregiudizio. Dopo la lunga gavetta tra teatro, cinema (ha lavorato con Soldini, Mazzacurati, Segre, Mieli) e tv, Pennacchi ha raggiunto la popolarità con gli spassosi monologhi del Pojana, personaggio ospite fisso della trasmissione Propaganda live su La7; presto lo vedremo nei panni del padre di Roberto Baggio nel film sulla vita del calciatore Il Divin Codino diretto da Letizia Lamartire, per Netflix.

Azione in dosi minime, molti dialoghi, battute fulminanti, botta e risposta divertenti. E poi, Genova. Prende il posto di Barcellona, dove sono ambientati i romanzi, due città portuali, stratificate, con una mescolanza di quartieri antichi, borghesi e popolari. La fotografia dal sapore vintage di Arnaldo Cantinari evidenzia una bellezza mai patinata, location molto differenti tra loro e cinematograficamente inedite. Ogni episodio scopre e esplora una caratteristica diversa di Genova e una sua area ben precisa mentre il porto maestoso e malinconico fa da trait d’union, luogo sospeso in cui prende vita e si evolve il rapporto tra Petra e Antonio.

Il commissario della Squadra Mobile è un’investigatrice per caso – dall’archivio si ritrova catapultata in prima linea a risolvere casi di omicidio e di violenza – genovese per scelta, non per nascita. Si muove in una città caratterizzata dalle varie epoche storiche, nel centro storico medievale, i famosi “caruggi” eternati da Fabrizio De Andrè, gli umbertini quartieri ottocenteschi, poi le zone industriali, di cantieristica navale e di fabbriche, quelli più ricchi e residenziali, una città che si inerpica sui monti a nord, diventando rinascimentale e si espande verso il mare, a sud, memore del passato di Repubblica Marinara.

Petra si fa apprezzare soprattutto per il rapporto tra i due personaggi principali e per il fascino dell’ambientazione. Nelle indagini i due dimostrano subito un istinto non comune e una intesa importante. I crimini su cui si ritrovano a indagare li mettono al cospetto del cuore nero della città, dei suoi aspetti più crudi e violenti. Petra e il fido scudiero si scrutano, si annusano per poi diventare complementari.  L’uno empatico e bonario, almeno con gli italiani, l’altra dura e determinata, al punto da forzare spesso regole e procedure.

La serie è scritta da Giulia Calenda  e Furio Andreotti, abituali sceneggiatori dei film con la Cortellesi diretti dal marito Riccardo Milani, da Scusate se esisto a Come un gatto in tangenziale, e da Ilaria Macchia, scrittrice salentina, compagna di Giuliano Sangiorgi (il terzo episodio scritto anche da Enrico Audenino). Forse gioverebbe alla visione una regia più d’impatto e qualche momento d’azione in più, che in una produzione di questo tipo non può mancare. Ma magari i prossimi  (e ultimi) due episodi ci smentiranno.

A conferma della cura dell’estetica di Petra, la serie ha anche una sigla animata che gioca con forme e pensieri che attraversano la vita e la mente della protagonista,  diventata anche un’opera di street art al Porto Antico di Genova. Entrambe sono state realizzate da Simone Massi, illustratore e animatore vincitore di un David di Donatello  e di due Nastri d’argento.

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