Unorthodox: il racconto di una giovane donna e della sua ‘ri-nascita’

by Luana Martino

Trovare il proprio posto nel mondo, essere, nonfelici sempre ma, almeno, soddisfatti delle proprie scelte per fare in modo di perseguirle consapevolmente affinché si possa essere in grado di sentirsi liberi.
Il concetto di libertà, dunque, è il fil rouge della serie che sta facendo parlare di sé in questo momento. E’ Unorthodox il titolo della mini serie targata Netflix, che sta mettendo d’accordo critica e pubblico.

Non è ben chiaro se il successo sia dovuto al fatto di essere reclusi in modo coatto per il Covid-19 e quindi più propensi ad appoggiare tematiche che affrontino scelte ardue ma finalizzate alla libertà individuale, o se il successo sia dovuto alle tematiche trattate in modo esplicito e diretto. Sta di fatto che la breve serie tedesca ha tutte le carte in regola per essere così amata.

Si tratta di quattro episodi tratti dall’autobiografia, uscita nel 2012, di Deborah FeldmanUnorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidie Roots, in cui si racconta la storia di Esther Shapiro, detta Etsy (interpretata magistralmente da ShiraHaas), ragazza di diciannove anni di fede ultra-ortodossa chassidica, che, dopo un anno di matrimonio combinato, decide di scappare a Berlino.

Aiutata da un’amica, Etsy, con i pochi soldi nascosti nei vestiti, riesce a fuggire (o a andar via senza dirlo a nessuno, come dice lei stessa!) dalla sua comunità, a New York, per rifugiarsi in Europa, esattamente a Berlino, dove risiede sua madre che, proprio come lei, anni prima si è lasciata tutto alle spalle, rinnegando le proprie origini.

Scritta da Anna Winger, Alexa Karolinski e Daniel Hendler e diretta da Maria Schrader, Unorthodox sembra un film diviso in quattro parti, in cui prende forma il viaggio, quasi sensoriale e di ri-nascita, della protagonista. Etsy, in fatti, con la sua pelle pallida e i capelli rasati (è un usanza tipica della sua comunità quella di rasare i capelli prima del matrimonio) si ritroverà, finalmente, a scoprire se stessa. Ad abbandonare quel mondo fatto di privazioni, di aspirazioni represse e forse mai nate, di poche giornate passate al sole e di rinunce costrittive continue.

Il racconto parte, proprio, dall’interno di una comunità chassidica ultraortodossa situata a Brooklyn. Comunità visceralmente attaccata alle proprie tradizioni perché priva di qualsiasi altro tessuto storico e il cui unico scopo è quello di distanziare il resto del mondo e provvedere alla ricostituzione del suo popolo che piange, ogni momento, 6 milioni di persone morte.

L’originalità della serie sta proprio nel riuscire a raccontare una realtà, poco conosciuta e talmente ben riportata da sfiorare il linguaggio del film d’epoca. Oltre la straordinarietà dell’uso dell’yiddish, il tutto è costruito perfettamente: i costumi, gli usi, le cerimonie, le preghiere portano lo spettatore nella vita della comunità e ancor di più nel pensiero di chi ne fa parte.

La catarsi di una giovane donna che riesce, dunque, ad affermare se stessa, la propria identità e i propri sogni. Passo dopo passo Etsy è come se rinascesse una seconda volta, e finalmente riuscirà a vedere il mondo con occhi diversi: niente più calze spesse ma jeans, rossetto e feste nei pub. Il suo corpo non dovrà più essere fonte di peccato, qualcosa che deve essere purificato, ma l’essenza di sé. Il riappropriarsi della propria essenza sia fisica che spirituale.

Unorthodox riesce, dunque, a portarci in una dimensione in cui, forse, non ci immedesimiamo facilmente ma che, certamente, ci presenta un ampio ventaglio di riflessioni. Un piccolo, commovente e potente gioiellino che si fa portatore di un grande messaggio.

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