Liliana Rossi: piccola storia di nomi, cose, città

by Lea Durante

A Bovino c’è un giardino con dentro una statua. Ricordano entrambi Liliana Rossi, l’intellettuale, giurista, politica e violinista morta a soli 23 anni il 18 giugno 1956, la cui storia è stata raccontata da Michele Placido nel film Del perduto amore nel 1998.

Liliana Rossi è morta lasciando scritti importanti dedicati all’allora giovane Costituzione italiana, discorsi politici a favore delle donne, professioniste e braccianti, per le quali si batté in una regione difficile come la Capitanata, in un tempo di lotte aspre per il diritto alla terra, pagando cara la sua ribellione a un ordine maschilista, bigotto e patriarcale che voleva le donne sottomesse e sempre in secondo piano. Per la sua militanza comunista le fu infatti negato il funerale religioso.

Il piccolo busto che la ricorda fu donato alla comunità di Bovino nel 2004 dai suoi fratelli Angelo e Bruno Rossi, entrambi impegnati in politica in decenni cruciali della Repubblica, senatore l’uno, consigliere provinciale a Lucca l’altro, e collocata nella bella cornice di verde urbano dal sindaco dell’epoca, Leonardo Lombardi.

Un piccolo gruppo di persone andrà come ogni anno a deporre fiori per lei, nel bel parco urbano del panoramico ma quasi spopolato rione Portella, proprio sopra il torrente Biletra, a due passi dagli antichi resti delle mura romane, dove sorgeva la porta piccola di ingresso al centro urbano.

Il parco, però, normalmente è chiuso al pubblico e trascurato, e il busto regge alle intemperie ma non riesce da solo a produrre memoria. L’impressione dopo 15 anni è di un’occasione mancata. Almeno finora, perché c’è sempre tempo per rimediare. 

Sono pochissimi, in Italia e nel mondo, i monumenti dedicati a donne importanti e significative, si stima solo fra il 7 e il 12 per cento del totale. In Puglia ancora meno. E invece è importante produrre azioni positive, rivolte soprattutto alle generazioni più giovani, per il superamento della disparità di genere nella rappresentazione della memoria collettiva.

A Bovino non fa onore la trascuratezza verso questa concittadina illustre, alla quale è stata negata anche l’intitolazione dell’istituto comprensivo, nonostante una delibera con voto unanime del consiglio scolastico, mentre a Rutigliano le hanno dedicato una scuola, reputandola un esempio per ragazzi e ragazze.

Liliana Rossi è stata una figura singolare, una donna molto avanti rispetto al suo tempo, rispetto ai luoghi della sua vita. Ma ora che è matura la sensibilità collettiva sui temi che le stavano a cuore, ricordarla e raccontare la sua storia è necessario ben al di là dei confini appenninici di Bovino e Ascoli Satriano. E perfino di Rutigliano. 

La guerra delle intitolazioni e della memoria è in pieno corso dovunque. È una partita spietata che a volte prova a superare in positivo un passato che deve essere riletto in una chiave nuova, altre volte lascia feriti sul campo per indifferenza, insensibilità, incapacità.

Anche a Liliana Rossi è toccata questa sorte: il sindaco del suo paese natale non ha espresso il parere positivo richiesto dall’ufficio scolastico regionale, rinviando sine die anche l’apposizione di una pietra d’inciampo davanti alla casa dove abitava la sua famiglia. E il sindaco di Panni ha espresso nero su bianco un “parere ideologico negativo”, usando una formula preoccupante e irrituale senza altre spiegazioni. Solo il primo cittadino di Castelluccio dei Sauri ha espresso parere favorevole all’intitolazione, ma ormai la cosa sembra superata nei fatti, anche a seguito del pensionamento del dirigente scolastico Gaetano de Masi che si era speso molto per dare a questa scuola di montagna,  distintasi positivamente in molte occasioni anche nazionali, un nome non generico, un riferimento profondo.

In uno dei suoi saggi sulla Carta costituzionale, Liliana Rossi scrisse che la parificazione dei diritti delle donne e il loro riconoscimento sono le condizioni basilari per la nuova storia repubblicana.

Alla base della giustizia, del superamento della divisione fra Nord e Sud, e persino della validità della Costituzione stessa.     Spiace notare che per le sue idee, nel piccolo paese agricolo dove è nata, e che si fregia dei titoli di città e di borgo, venga ancora trattata nel 2020 come nel 1956. La differenza fra la retorica del turismo e il progresso culturale è tutta qui.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.