“Portare il Dipartimento di Giurisprudenza al Candelaro”. La sfida della direttrice Donatella Curtotti contro la Quarta Mafia

by Antonella Soccio

Università è Territorio: l’Università degli Studi di Foggia col Rettorato del Magnifico Pierpaolo Limone ha aperto una stagione di confronto, dialogo e apertura con le istituzioni territoriali pugliesi e più specificatamente di Capitanata. Il neo Rettore, il più giovane d’Italia, sta puntando molto sulla formazione e sull’antimafia sociale, come vero perno della terza missione dell’Ateneo. Tra le protagoniste di questa consapevolezza, la professoressa Donatella Curtotti, Direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza, che ha ospitato la mirabile lezione del direttore della DIA il generale Giuseppe Governale.

Noi di bonculture abbiamo intervistato la giovane accademica.

Direttrice Curtotti, lei ha annunciato un’importante azione di apertura del dipartimento che dirige alla città e ai quartieri più popolari e “criminali”. Ci può spiegare in cosa consisterà portare le lezioni di Giurisprudenza al Candelaro a Foggia?

«Nell’ottica di una partecipazione attiva dell’Università nel processo di cambiamento della cultura e della percezione quotidiana dei cittadini (non solo degli studenti) della legalità, è nata l’idea di portare il Dipartimento di Giurisprudenza, i suoi docenti, i suoi studenti, nei quartieri più degradati della città. Mi permetta di non chiamarli quartieri criminali perché vi vive molta gente perbene, che forse ha ancor più forza di chi vive in condizioni migliori. Questa c.d. “delocalizzazione didattica”, che vedrà impegnati alcuni docenti nel far lezione fuori dal Dipartimento, dev’essere vissuta come una opportunità che offriamo anche a chi ha sempre guardato all’Università di Foggia come a un’entità estranea, distante, troppo elitaria. Purtroppo, i cavilli amministrativi sono tanti, come nella più comune e pessima prassi italiana. Spero di smuovere gli ostacoli e partire con le lezioni ad aprile».

Il dipartimento di Giurisprudenza è senza dubbio quello più vitale insieme ad Agraria, come ci si trova a dirigere il “core business” dell’Ateneo, che sforna più laureati e attrae più iscrizioni?

«Tutti mi chiedono se dipende dall’essere donna. Non a caso, in questo momento Scienze agrarie è diretto da un’altra donna, la bravissima collega Milena Sinigaglia. Non credo però in questo. Non ho mai creduto nelle differenze di genere. Credo, invece, fermamente nello spirito di servizio. E’ ciò che distingue un buon “pubblico amministratore” da uno che non lo è. Chi si assume l’impegno di guidare una istituzione pubblica, deve farlo con il massimo della serietà e dell’energia, impegnandosi per il bene comune. Ciò che non deve mancare mai è l’entusiasmo e la voglia di costruire per il futuro dei giovani. Non so se questo dipartimento sia il “core business” dell’Ateneo foggiano, soprattutto in un periodo in cui le lauree umanistiche registrano un generalizzato calo di immatricolazioni. Giurisprudenza però regge, e regge anche grazie alle innovazioni didattiche e scientifiche che abbiamo introdotto. Da Scienze investigative a Scienze giuridiche della Sicurezza, dai master ai corsi di perfezionamento che hanno portato all’attenzione degli studenti il grande tema del futuro: la nuova “giurisprudenza”, quella con cui avremo sempre più a che fare, che attiene alla nostra percezione del diritto dentro una percezione più universale della sicurezza personale, collettiva, fisica e digitale. Ho raccolto un dipartimento molto sano, diretto da Direttori di grande calibro come Maurizio Ricci e Aldo Ligustro. Sto cercando di portarlo verso una visione più futuristica rispetto alla impostazione più classica degli studi giuridici. Ripeto. Non so se sia il “core business” dell’Università di Foggia, so che è un dipartimento in cui ci sono un elevato numero di talenti. Ecco, questo lo so per certo».

È secondo lei un vantaggio in questo momento essere al centro di un’esposizione mediatica così forte sul tema della “Quarta Mafia”? Ci sono stati in questi anni insegnamenti dentro i corsi di laurea che si sono modificati dopo i vari fatti di mafia che hanno sconvolto la provincia di Foggia?

«Gli insegnamenti non risentono degli effetti della cronaca, né locale né nazionale. Ma ovviamente gli Atenei non hanno gli occhi chiusi, vivono e respirano nei territori in cui risiedono. Anche noi risentiamo e riflettiamo su ciò che avviene, ma abbiamo l’esigenza di partecipare al dibattito collettivo scientificamente e non attraverso modifiche estemporanee dei corsi di laurea. L’offerta formativa di un Dipartimento viene valutata semestralmente dalle “parti sociali”, ossia dai rappresentanti territoriali e nazionali coinvolti nelle tematiche dei corsi di laurea. Nel prossimo Comitato di indirizzo, valuteremo anche questa recente e cruenta evoluzione della criminalità organizzata nei nostri territori».

L’antimafia sociale e il rapporto con “Libera” e con le altre associazioni: crede che al di là dell’insegnamento a scelta libera si possa strutturare qualcosa in più nel dipartimento?

«Nel mio dipartimento è molto attivo un movimento pro-legalità, soprattutto tra studenti. Ormai da anni, insita nella coscienza dei nostri ragazzi, si nota una crescente sensibilità ai temi del territorio. Quello che dobbiamo fare, come docenti, è strutturare questa energia, renderla propositiva. Senza però limitarla alla lotta alla criminalità, noi dobbiamo costruire cittadini migliori, che parcheggiano regolarmente, che rispettano le regole, che quando fanno le feste di laurea non lasciano dietro di loro un mare di rifiuti, perché tutte queste cose che sembrano piccole e futili tracce di civiltà in realtà contribuiscono ad accrescere la percezione di normalità in ciascuno di noi. E di cui, personalmente, sento di più la mancanza, come Foggiana e come donna».

È davvero iniziato un nuovo corso all’UniFg con la kermesse “Università è Territorio”? E quali sono oggi le attese di chi si iscrive per un sogno di una professione legale e giudiziaria?

«Il rettore Pierpaolo Limone ha voluto, secondo me con grande coraggio, aprire il proprio programma al territorio. Un’Università deve fare così, deve abitare e condividere i confini che la ospitano. Ma non parlerei di nuovo corso. Anche la precedente governance ha aperto al territorio organizzando cose di cui, forse, ci si dimentica troppo in fretta: come il “Festival della ricerca e dell’innovazione” e il “Salone del lavoro”, due manifestazioni che insieme hanno avvicinato all’Ateneo circa 20mila persone che non vi avevano mai avuto a che fare.

Le attese di chi si iscrive a Giurisprudenza? Sono molteplici, davvero molteplici. Non per semplificare, ma semplicemente per restituirle una verità che certamente non le sarà sfuggita, ci sono molti giornalisti di professione che, avendo studiato ed essendosi laureati in giurisprudenza, oggi possiedono tutti gli strumenti, a cominciare da quelli sintattici e lessicali, per praticare al meglio questa professione».

Che ne pensa del piano edilizio, crede che anche la vecchia Giurisprudenza necessiti di nuovi spazi?

«Un’Università in continua espansione ha sempre bisogno di nuovi spazi, anche Giurisprudenza ne avrebbe. E le mie esigenze, intese come quelle del Dipartimento, le ho espresse direttamente al Rettore e al Direttore generale. Ma dobbiamo essere anche cauti, analizzare le necessità dell’Ateneo con lucidità e spendere risorse pubbliche nella maniera più oculata possibile».

Anche quest’anno ci sarà l’International week di Erasmus, quali sono le relazioni del suo dipartimento con le Università straniere?

«Giurisprudenza è sempre molto attenta alle relazioni internazionali, lo ha sempre fatto e sempre lo farà. Anche dopo di me. La settimana dell’internazionalizzazione ovviamente ci sarà, durante cui cercheremo di spiegare al meglio le nostre ambizioni e le nostre strategie. Ma mi lasci dire che un Erasmus senza Regno Unito solo ieri sembrava una follia, invece… Per cui qualsiasi scelta faranno i ragazzi, sarà sempre una scelta che almeno per il momento esclude uno dei Paesi fondanti della civiltà occidentale per come la storia ce l’ha consegnata. Riflettiamoci, si tratta di un momento storico, forse non lo abbiamo elaborato abbastanza».

Anticorruzione, trasparenza e legalità nella pubblica amministrazione, quanto questi temi sono sentiti oggi dagli studenti? Cosa chiedono?

«Hanno fame di curiosità, di saggezza ma anche di modernità. Vogliono sapere come si è arrivati alla moderna giurisprudenza, allo studio e all’analisi delle moderne discipline ad essa connesse. Ma anche voglia di formazione classica, di conoscere meglio la costruzione di un percorso didattico che ha pochi simili per entusiasmo e coinvolgimento. I temi che lei ha citato sono tutti temi attuali, ma gli studenti di oggi chiedono anche si parli loro con più empatia, senza frapporre barriere tra didattica ed esperienza umana, senza troppi fronzoli tra la scienza e quello che si impara fuori dai libri».

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