“Una questione privata” e la fiducia nella libertà: nel 1959 Beppe Fenoglio colmò il vuoto letterario sulla Resistenza con Milton e Fulvia

by Paola Manno

In tanti, per fortuna, hanno raccontato la Resistenza. Dopo la guerra e per molti anni a seguire diversi autori hanno infatti sentito l’esigenza di scrivere ciò che era accaduto, di tramandare le storie dei partigiani e delle partigiane attraverso punti di vista molto diversi. Numerosi sono gli scritti di tipo celebrativo, quelli pieni di passione, in altri la Resistenza resta invece sullo sfondo.

Penso agli occhi di Pin, il ragazzino de “I sentieri dei nidi di ragno”, ricordo Agnese, eroina del romanzo di Renata Viganò, i suoi grossi piedi stanchi che pedalano sulle colline. E poi gli scritti di Pavese, Vittorini, le parole struggenti di Leone Ginzburg a Natalia, in una delle più belle lettere d’amore che siano mai state scritte. Nonostante la ricchezza del racconto di quegli anni, fino al 1959 fu tuttavia opinione corrente quella che ci fosse un vuoto da colmare: “Siamo ancora in attesa un’opera letteraria che possa dire veramente di sé -Io rappresento la Resistenza” scrisse Italo Calvino in un saggio.

Quel vuoto fu colmato da “Una questione privata” che nacque dalla precisa intenzione dell’autore di scrivere un intreccio romantico non sullo sfondo della guerra civile, ma nel fitto di detta guerra e che per molti critici rappresenta “il vero romanzo partigiano”.

Nella lettera in cui annunciava a Livio Garzanti l’idea della storia, Beppe Fenoglio riassunse “è il disgraziato, complicato amore letterario del protagonista Milton (nome di battaglia) per Fulvia”. Così uno studente borghese, coltissimo, profondo conoscitore della lingua e della letteratura inglese, diventa uno dei rappresentanti più celebri del mondo partigiano. Milton è un ragazzo innamorato che, a causa dell’evolversi degli eventi bellici, si ritrova accanto ad un gruppo di resistenti. La ragazza che ama, Fulvia, è ormai lontana. Con lei ha vissuto mesi spensierati in una villa sulle colline, a discutere di poesia e ad ascoltare musica americana insieme a Giorgio che, a differenza di Milton, è bello, ricco, molto sicuro di sé.

La villa rappresenta l’Eden perduto, la pace e la dolcezza spazzate via da una guerra ingiusta, e proprio qui inizia la narrazione che attraverso numerosi flashback fa rivivere quegli anni felici. Ma adesso tutto questo è finito e Milton si ritrova davanti a una villa vuota, abitata solo dalla custode che rivedendolo fa accenno a una presunta relazione tra Fulvia e Giorgio. La rivelazione sconvolge talmente Milton che decide di affrontare subito l’amico, partigiano in un altro battaglione, per conoscere la verità. “Domani avrebbe saputo. Non poteva più vivere senza sapere e, soprattutto, non poteva morire senza sapere, in un’epoca in cui i ragazzi come lui erano chiamati più a morire che a vivere. Avrebbe rinunciato a tutto per quella verità, tra quella verità e l’intelligenza del creato avrebbe optato per la prima”.

Proprio quel giorno, però, il giovane Giorgio viene fatto prigioniero e l’unica speranza di Milton è di riscattare la sua vita attraverso uno scambio con un prigioniero fascista.

Seguiamo dunque Milton in una concitata ricerca che è insieme quella di un prigioniero per lo scambio e quella della verità. Il tempo della narrazione è molto breve, tutto si svolge nell’arco di una manciata di giorni. Il luogo è la collina, teatro naturale del suo amore giovanile e insieme della terribile guerra.

La focalizzazione resta sempre su Milton, sul suo amore furibondo che fece paragonare a Calvino l’opera a un altro capolavoro della nostra letteratura, l’Orlando Furioso, perché è “un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti”. Come Orlando anche Milton vaga nei boschi impazzito di rabbia e dolore. Fuori dai quei boschi, lontano dai suoi occhi la guerra impazza ma Milton non sa e vuole sapere, e così tutto diventa altro.

Tutto ruota attorno al protagonista e le parole che narrano il resto, gli altri personaggi, ne tracciano appena i contorni. Così di Fulvia, la cui bellezza addolora, sappiamo che ascoltava il disco “Over the rainbow” per 10 volte di fila, di Giorgio che anche in una stalla, nascosto insieme ai partigiani, dormiva con il pigiama di seta. Sull’illusione dell’amore ricambiato, sappiamo che Fulvia aveva chiesto a Milton di scriverle sempre lettere appassionate. Grazie a pochi dettagli conosciamo i semplici, quasi banali meccanismi di un triangolo amoroso come tanti, eppure gli occhi pagliettati di Fulvia che volteggia in una stanza e quelli assettati di due ragazzi restano quanto di più rappresentativo della vita che è più forte della morte.

Poi ci sono gli altri, c’è la Grande Storia che pure viene raccontata attraverso brevissime descrizioni, brevi episodi o dialoghi che sono come frecce di verità scoccate nella coscienza di chi legge. C’è la vecchia contadina che lo sfama con pane e lardo, quell’altra che lo nasconde nella stalla, col rischio di venire fucilate. Ci sono i badogliani, i partigiani Pierre, Walter, Hombre, Paco, c’è l’anziano che non perdonerà, mai, mai, chi ha commesso tale abominio, c’è il bambino che studia in una stalla. E poi ci sono due altri due ragazzini, Riccio e Bellini, staffette partigiane che pagheranno con la vita per le azioni di Milton. Ci sono anche i fascisti, la maestra alla quale verranno tagliati i capelli, per umiliarla, e sergenti e poveri cristi che non hanno capito nulla.

Tutti questi personaggi, questi schizzi di vite sparpagliate nella storia raccontano chi sono stati i partigiani e insieme coloro che li hanno sostenuti, quella parte del popolo italiano, insomma, che fino all’ultimo ha creduto nella libertà.

La grandezza del romanzo è insita nel perfetto intrecciarsi della vita di ognuno con quella di tutti gli altri e Fenoglio riesce a dipingere il ritratto della forza dello stare insieme propria dei partigiani. In fondo, l’essenza della Resistenza risiede proprio in questo: nella fede nel gruppo, nella fiducia nella libertà. Ogni personaggio, ogni voce illumina la grande Storia, esattamente come è stato. Nello splendido finale del romanzo, Milton crolla senza fiato dopo un’interminabile corsa di fronte a un muro. È il crollo di chi è perfettamente conscio della solitudine, del silenzio e della pace. È un immagine piena di verità, di furore, di vita e di speranza.

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