Plautilla Bricci, l’architettrice della Villa del Vascello

by Michela Conoscitore

Roma è un coacervo di epoche, stili e architetture, passeggiare tra le sue vie equivale a sfogliare un libro di storia. Si passa da un’epoca all’altra con agilità e meraviglia, ma soprattutto la Capitale non smette mai di stupire e di sorprendere studiosi e restauratori che, ancora oggi, scoprono tasselli significativi dell’arte italiana. Quel che è successo durante il restauro di una pala d’altare nella chiesa di Santa Maria in Montesanto, non distante da via del Babuino: è rispuntato fuori il nome, dimenticato, della prima ‘architettrice’ della storia, Plautilla Bricci.

Delle opere di Plautilla non ci è giunto molto, purtroppo, e di quelle di cui si è conservata forma e fisionomia, la maggior parte dei visitatori ci passa davanti, distratti dalla profusione di quanto c’è da vedere a Roma. È il caso della Cappella di San Luigi IX, nella chiesa di San Luigi dei Francesi, vicina a Palazzo Madama. I turisti vi si recano per ammirare le stupefacenti tele del 1599, sulla vita di San Matteo, nella Cappella Contarelli, opera di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. Eppure, lì nell’ombra poco distante, c’è il capolavoro di Plautilla, splendido esempio di barocco romano, vivace ed elegante.

Ma andiamo con ordine.

Plautilla nacque a Roma 13 agosto del 1616 da Giovanni Bricci, di origine ligure, e Chiara Recupita. La bambina venne battezzata nella chiesa di San Lorenzo in Lucina, poco distante da casa Bricci, la famiglia, che contava altri due figli, Virginia e Basilio, infatti abitava in via del Babuino. Se oggi quella strada e le adiacenti sono ritrovo di artisti e dell’upper class internazionale, allora era considerata uno dei bassifondi della città, quartiere sì di artisti anche allora, ma pure di gente poco raccomandabile.

Non si sa molto della vita di Plautilla, la si può rintracciare solo seguendo le sue poche opere rimaste e documentandosi negli Archivi di Stato: nel Seicento, infatti, si diffonde una certa grafomania, per cui tutto, e per noi contemporanei c’è da aggiungere per fortuna, era documentato attraverso lunghe relazioni dettagliate. Il padre Giovanni era un pittore e scrittore, quindi la passione e la propensione per l’arte scorreva già in Plautilla. Ad iniziarla alla pittura fu probabilmente proprio il padre, il quale poi affidò la promettente ragazzina al celebre Giuseppe Cesari, ovvero il Cavalier d’Arpino, allora tra i pittori più famosi di Roma. L’Arpino, maestro di Guido Reni, Caravaggio e Artemisia Gentileschi, era vicino di casa dei Bricci, tanto da aver tenuto a battesimo la primogenita Virginia. Quindi, Plautilla proseguì sicuramente la sua formazione con l’artista, entrando così ben presto a far parte di una cerchia molto attiva e ben predisposta verso le donne, nonostante l’epoca.

La realizzazione della sua prima opera è avvolta nella leggenda, ma probabilmente fu un’abile regia del padre Giovanni che così facendo provò a introdurre la figlia nel mercato della pittura devozionale, ritorniamo alla pala d’altare della chiesa di Santa Maria in Montesanto, quella che ha contribuito alla riscoperta dell’Architettrice. La pala che raffigura una Madonna con bambino, fu dipinta da Plautilla ancora ‘giovinetta’: la pittrice, dopo aver terminato Gesù e il busto della Vergine, non riuscì a tratteggiare degnamente il volto di Maria. Stanca e affranta si addormentò. Al suo risveglio, trovò il volto della Madonna terminato, allora si suppose per un intervento divino. Questo episodio si diffuse in tutta Roma, e quando il dipinto cominciò a dispensare grazie, la fama di Plautilla crebbe. Nel 1660 portò a compimento anche la Nascita della Vergine, per il monastero benedettino di Santa Maria in Campo Marzio. E su questo ci ritorneremo tra un po’.

Entrò a far parte, seppur donna, della prestigiosa Accademia di San Luca, l’anno di ammissione non è pervenuto, e certamente Plautilla poté conoscere i grandi della sua epoca, come Artemisia Gentileschi. Se ne abbiamo parlato, finora, esclusivamente come pittrice, perché la Bricci è principalmente indicata come prima Architettrice della storia? Non è chiaro da chi abbia appreso i primi rudimenti di architettura, forse sempre dal padre, anche se Roma, nel Seicento, era un’officina a cielo aperto, dove stavano lavorando i migliori architetti dell’epoca, come il grande Gian Lorenzo Bernini, che forse la Bricci conobbe. Quindi non pare difficile pensare che la donna possa aver trovato facilmente un maestro, ma i più pensano abbia appreso i segreti dell’architettura da autodidatta.

Plautilla, che visse sempre in famiglia e non si sposò mai, annoverava tra le sue amiche e ammiratrici suor Maria Eufrasia Benedetti della Croce, religiosa carmelitana, anche lei pittrice, che la introdusse presso il fratello Elpidio Benedetti, patrizio romano e curatore degli interessi, soprattutto artistici, in Italia, del temibile cardinale Giulio Mazzarino: Elpidio visse per un periodo in Francia, organizzò anche il viaggio di Bernini presso la corte dei regnanti, dove sul trono si succedettero due regine ‘illuminate’, Maria de’ Medici e Anna d’Austria, che promossero non solo la scoperta di nuove promesse della pittura e delle arti, ma incoraggiarono le donne a perseguire le proprie passioni e a trasformarle in lavoro. Plautilla, quindi, fu benedetta dalla conoscenza, e poi grande amicizia che nacque non solo con Eufrasia ma soprattutto con Elpidio: nel libro di recente pubblicazione, L’Architettrice, la scrittrice Melania G. Mazzucco suggerisce più di un’amicizia tra i due, anche in base ai lasciti testamentari di Elpidio. All’artista si spalancarono le porte delle committenze, soprattutto dalla Francia, e infatti il dipinto per Santa Maria in Campo Marzio fu commissionato da Anna Maria Mazzarino, sorella del cardinale. Inoltre, a lei fu affidato da Anna d’Austria il delicato compito di portare avanti, in ambito artistico, la politica filopapale d’Oltralpe.

Elpidio, quindi, dopo aver sperimentato il grande fermento culturale francese, dove anche alle donne era concesso di lavorare e diventare qualcuno, affiancando a pari merito nella sapienza delle arti i colleghi uomini, diede grande impulso alla carriera di Plautilla commissionandogli vari lavori, il più famoso e di cui rimane purtroppo poca traccia, come per altre opere della Bricci, è la villa cosiddetta Il Vascello, nei pressi di Porta San Pancrazio, tra il Gianicolo e Trastevere:

“[La costruzione domina] tutta la campagna fino al mare […] havendo anco per oggetto di prospettiva il palazzo Vaticano», [e fu] edificata a similitudine d’un vascello sopra uno scoglio, forma di un gran vascello da guerra, di cui rappresenta perfettamente tutte le parti esterne che non vi mancano che gli alberi e le vele. La casa deve essere costruita seguendo il progetto, con tre piani, fatto dalla Signora Plautilla Bricci Arch[it]ettrice, sia sulla fronte, sui lati e nella parte posteriore così come è nei disegni fatti da Plautilla, che sono stati dati a me [Benedetti] per accompagnare questo documento.”

Questo frammento proviene da alcuni documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Roma, che illustrano il progetto e la committenza del Benedetti per la costruzione della villa a Plautilla e al fratello Basilio. La costruzione si avviò nel 1663 e fu portata a termine nel 1667, Il Vascello fu una delle ville più innovative e peculiari della Roma dell’epoca, con i suoi richiami al mondo marinaro e le sue sembianze di bastimento che affonda la carena in onde scolpite nella roccia. La villa visse alterne vicende, dopo la morte del Benedetti passò prima al duca di Nevers e poi al conte di Giraud. Nel 1849, Il Vascello fu l’ultimo avamposto della Repubblica Romana prima dell’attacco francese: la villa fu seriamente compromessa, ecco perché oggi quel che si può ammirare del capolavoro di Plautilla è davvero misero.

Le testimonianze dell’epoca ci parlano di una Plautilla quarantottenne a suo agio nel cantiere de Il Vascello, padrona della materia e del materiale, non trovandosi affatto in imbarazzo in un ruolo prettamente maschile. Questo a dimostrare le ampie vedute del Benedetti che credette in lei e nella loro amicizia, e del grande ingegno che rese la donna tra gli artisti più richiesti dell’Urbe. Gli anni Settanta del Seicento furono, per lei, molto prolifici e nel 1680 venne inaugurata la cappella in San Luigi dei Francesi, in cui Plautilla si occupò anche della pala d’altare.

Il rapporto che la legava ad Elpidio Benedetti le portò in usufrutto una casa a Trastevere dove visse gran parte della sua esistenza. Benefattore, amico, fratello, amante, poco importa. Quel che interessa fu il legame che i due riuscirono a creare in un’epoca abbastanza oscurantista e punitiva verso chi non viveva nei dettami della Chiesa. E i frutti di quel legame sono le opere, da poco riscoperte, di Plautilla.

Poi, con la morte del Benedetti, e con quella del fratello Basilio nel 1692, Plautilla ormai molto anziana, si rifugiò nel monastero di Santa Margherita in Trastevere, dove morì nel 1705. Con lei, altre artiste animarono la Roma di quegli anni, molte di loro sono state dimenticate come la stessa Plautilla, ma ecco che poi giunge sempre il momento di riscoprire esempi di donne che, solo con la forza della loro passione, riuscirono ad affermarsi in un mondo dove il lavoro era declinato solo al maschile. Plautilla aggirò l’ostacolo e si inventò un femminile per il suo mestiere, Architetrice, così si battezza nel contratto di costruzione per la villa de Il Vascello. Oscar Wilde disse: “Date alle donne occasioni adeguate ed esse potranno fare tutto”, Plautilla attuò questa intuizione dello scrittore irlandese, anticipandola di trecento anni.

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